Cambiamenti climatici

La neve si è fatta a lungo attendere in questo inverno incredibilmente secco, dopo che la stagione 2020-2021 ci aveva eccezionalmente colpito con abbondanti nevicate. Dopo oltre 40 giorni senza perturbazioni degne di nota, le montagne mostravano ormai abbondantemente la vegetazione ingiallita e un terreno sempre più arido. Una situazione allarmante che tocca nel profondo tanto gli ecosistemi naturali quanto le economie di montagna, entrambi legati in maniera molto diversa al bianco manto. Quanto al nostro progetto di inanellamento invernale del fringuello alpino a Passo Rolle, nel Parco Naturale di Paneveggio-Pale di San Martino, l’assenza di perturbazioni e la scarsa copertura nevosa presagivano una stagione con un bel, si fa per dire, “zero”: nonostante varie osservazioni interessanti compresa la segnalazione, da parte del personale del Parco, di un gruppo di 80-100 individui sui versanti soleggiati di Punta Rolle, le condizioni atmosferiche e ambientali avevano infatti reso fin d’ora vani i tentativi di cattura.

 

Figura 1 – Le condizioni meteo create dall’ultima perturbazione hanno favorito l’attività di inanellamento. Ph. Chiara Bettega e Enrico Dorigatti.

 

Finalmente nei giorni scorsi le montagne sono tornate ad imbiancarsi, grazie ad una perturbazione che, pur se di rapido passaggio, ha creato le condizioni ideali per l’attività di inanellamento: la neve non solo ha costretto i fringuelli alpini a cercare fonti di cibo nei pressi del rifugio Capanna Cervino, ma la scarsa visibilità determinata dalla nevicata in atto ha reso le reti praticamente invisibili, facilitando così le catture (fig. 1 e video). E’ stato così possibile inanellare i primi 20 esemplari, per i quali sono state effettuate le misure biometriche standard e prelevati campioni di piume per le successive analisi genetiche volte a determinare con certezza il sesso. Gli individui sono stati poi marcati con un anello metallico sulla zampa destra, con un codice alfanumerico unico che permette di identificare l’individuo e lo Stato in cui è stato catturato, mentre sulla zampa sinistra è stato poi apposto un anello in PVC, di colore bianco con tre lettere rosse (foto 2, immagine centrale di destra). Questo tipo di anello, facilmente distinguibile ad occhio nudo e di più facile lettura con un binocolo o da immagini fotografiche rispetto a quello metallico, viene utilizzato nell’ambito di particolari progetti di ricerca e monitoraggio.
Nel caso del fringuello alpino, il progetto del MUSE (in collaborazione con il Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino) si inserisce nel monitoraggio europeo della specie, per il quale ogni popolazione può essere facilmente identificata da una determinata combinazione di colori. Ad esempio, la popolazione monitorata sul Gran Sasso è marcata con anelli in PVC bianchi con caratteri neri, mentre in Svizzera vengono utilizzati anelli rossi con caratteri bianchi e così via (fig. 2). Maggiori informazioni sul progetto anelli colorati sono consultabili a questo link: https://snowfinch.eu/colored-ring-projects-in-europe/. Gli individui così marcati saranno facilmente identificabili durante tutto l’anno non solo dagli addetti ai lavori, ma anche da coloro che frequentano la montagna nel tempo libero, che potranno trasmettere le loro osservazioni ai responsabili del progetto e contribuire così sia al monitoraggio della popolazione che a migliorare le conoscenze sull’ecologia e biologia della specie.

 

Figura 2 – Alcuni esempi degli anelli colorati utilizzati nelle diverse popolazioni europee (fonte: www.snowfinch.eu)

 


Cosa puoi fare se hai visto un fringuello alpino?

Per prima cosa, sapere di aver visto effettivamente un fringuello alpino.

Il fringuello alpino è un piccolo uccello che frequenta le montagne, dalle praterie alpine fino alle pareti rocciose, durante tutto l’anno. Da chi vive e lavora nei rifugi alpini è conosciuto anche come uccellino della neve, per la tendenza a farsi vedere nei loro dintorni soprattutto prima e durante le nevicate. E’ caratterizzato da un piumaggio – senza distinzioni di sesso o età – marrone sul dorso, grigio sul capo e bianco sul petto, con striature bianche e marrone molto scuro su ala e coda (foto 3). Queste striature diventano vere e proprie macchie di colore dal forte contrasto quando vola, rendendolo facilmente identificabile. Il becco è generalmente giallo-arancione in inverno e nei piccoli appena usciti dal nido, mentre durante la stagione riproduttiva gli adulti si distinguono per il becco nero o quasi nero (foto 3). In inverno è frequente osservarlo in gruppi a volte anche consistenti, mentre durante la stagione riproduttiva si muove da solo, in coppia o, verso tarda estate, in piccoli gruppi famigliari.

Racconta la tua osservazione

Scrivi a chiara.bettega@muse.it. Cerca di fornire più informazioni possibili nella tua osservazione: data e luogo (essenziali), numero di individui osservati, comportamento (in alimentazione o in volo), nonché presenza o meno di anello. In caso di individuo inanellato, prova a identificare il colore dell’anello ed eventualmente il codice riportato. Fotografie degli individui osservati – anche scattate con cellulare – sono più che apprezzate!

Figura 3 – Fringuello alpino durante l’inverno (sx) e durante la stagione riproduttiva (dx). Ph. Chiara Bettega

 


Il video – Il momento del rilascio di un esemplare dopo l’inanellamento

 

Come più volte raccontato nel nostro blog, dal 2016 il MUSE si occupa, in collaborazione con diverse entità nazionali ed internazionali, dello studio dell’ecologia e demografia del fringuello alpino, un passeriforme strettamente legato all’alta quota e pertanto considerato un indicatore efficace degli effetti dei cambiamenti climatici su questi ambienti. Tra le diverse attività intraprese in questi anni vi è stata l’installazione di cassette nido presso il Parco Nazionale dello Stelvio ed il Parco Naturale Paneveggio-Pale di S. Martino.

E mentre il monitoraggio delle cassette presenti si ripete ormai ogni estate, il MUSE, con il supporto del Comitato Scientifico del CAI, ha ora intenzione di estendere l’attività ad altri massicci dell’area dolomitica e prealpina orientale, con il duplice obiettivo di aumentare la disponibilità di dati sulla specie e, nel prossimo futuro, di sensibilizzare il pubblico frequentatore della montagna sull’impatto dei cambiamenti climatici, che proprio in alta quota mostrano il loro lato più manifesto.

Nei giorni scorsi la prima cassetta nido di questa nuova fase della ricerca sul fringuello alpino ha raggiunto il massiccio del Carega nelle Piccole Dolomiti, gruppo montuoso a cavallo tra le province di Trento, Vicenza e Verona (Fig. 1). Collocata presso le installazioni del Rifugio Mario Fraccaroli (Sezione CAI Cesare Battisti di Verona) a quota 2.238 metri (Fig. 2 e 3), la cassetta nido è un primo passo verso il monitoraggio del fringuello alpino in questo massiccio che rappresenta la propaggine più meridionale del settore alpino – e prealpino – centro-orientale in cui la specie risulta nidificare (Fig. 4).

Altri due aspetti contribuiscono a rendere interessanti le Piccole Dolomiti dal punto di vista dello studio degli effetti dei cambiamenti climatici sulla specie e sull’ambiente di montagna in generale: l’altitudine massima di “soli” 2.259 metri e la posizione relativamente isolata rispetto ai gruppi montuosi circostanti e più settentrionali. Infatti, per le specie strettamente legate alle caratteristiche delle quote più elevate come il fringuello alpino, gli effetti del riscaldamento globale si fanno sentire in maniera più acuta proprio in gruppi montuosi meno elevati e più isolati geograficamente (Fig. 5).

Fig. 5. I gruppi montuosi delle Alpi e Prealpi centro-orientali interessati dalla presenza del fringuello alpino (Montifringilla nivalis).

Il fringuello alpino (Montifringilla nivalis), specie target della ricerca. Ph. Studio Pteryx

A cura di Mattia Brambilla e Severino Vitulano

Con l’arrivo dell’estate, riprendono anche le indagini in alta quota. I ricercatori del MUSE, in collaborazione con il Parco Nazionale dello Stelvio – settore lombardo e gli inanellatori di Studio Pteryx (S. Vitulano) hanno infatti ripreso le attività del progetto dedicato ai cambiamenti climatici e alla biologia ed ecologia del fringuello alpino.

Scopo della ricerca, supportata anche dal Comitato Scientifico del CAI, è quello di indagare l’ecologia e la demografia del fringuello alpino al fine di comprendere gli impatti dei cambiamenti climatici su questa specie (considerata un’affidabile indicatrice dei loro effetti) e sugli altri organismi con cui condivide gli ambienti d’alta quota.
Le conoscenze acquisite consentiranno di sviluppare azioni di conservazione orientate a compensare o mitigare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sul fringuello alpino e, idealmente, sulla biodiversità alpina più in generale.

 

Lo scorso 17 giugno è stato effettuato il primo controllo delle cassette nido localizzate presso i Passi Gavia (tra le province di Sondrio e Brescia), Umbrail (a confine con la Svizzera) e Stelvio (tra Valtellina e Val Venosta). Le occupazioni certe da parte dei fringuelli alpini sono state tre: una al Gavia (nido con 5 uova) e due a Passo Umbrail (due nidiate da 5 pulli ciascuna). I 10 pulli presenti in totale sono stati quindi inanellati. Secondo i protocolli autorizzati e nel massimo rispetto degli animali sono stati inoltre prelevati da due individui per ciascuna nidiata dei campioni di sangue, nell’ambito di uno studio genetico delle popolazioni europee di fringuello alpino a cura dell’Università di Oviedo.

Fasi dell’attività di campo: il controllo delle cassette nido (sx) e l’inanellamento dei pulli (dx). Ph. Studio Pteryx