Alessandro Forti ha da poco concluso il suo percorso di studi presso l’Università degli Studi di Bologna, con una tesi dedicata al francolino di monte. Qui di seguito, un abstract che raccoglie i punti salienti del suo lavoro:
Il francolino di monte (Bonasa bonasia) soffre di perdita e frammentazione dell’habitat in molte aree d’Europa. La conservazione della specie è imprescindibile da quella del suo habitat. Obiettivo del lavoro di tesi era quello di comprendere la relazione specie-habitat invernale in una foresta montana del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino (Trentino). Anche se in questi ultimi anni stanno aumentando gli studi sulla specie, si tratta comunque di una ricerca innovativa in quanto poco si conosce sulla selezione dell’habitat invernale. Sono state investigate a scala fine le caratteristiche abiotiche (pendenza, esposizione, quota) e biotiche (struttura e composizione della vegetazione, presenza ed intensità degli ungulati), lungo 87 transetti standardizzati in un’area di studio di 700 ha. Abbiamo comparato l’habitat selezionato (presenza di pellet fecali) di 22 individui (dato da analisi genetica) da quello non selezionato (pseudo-assenza) dalla specie applicando modelli misti generalizzati (GLMMs).
Dai risultati emerge che il francolino di monte seleziona boschi con stadi giovanili con diametro dei fusti (DBH) compreso tra 10 cm e 30 cm. Questa selezione dell’habitat invernale è confermata dal fatto che la probabilità di presenza della specie cresce all’aumentare del numero di fusti di abete rosso (P. abies) con DBH = 10-20 cm e di nocciolo Corylus avellana con DBH < 10 cm e cala all’aumentare di abete con DBH = 30-40 cm. La probabilità di occorrenza della specie aumenta all’aumentare della copertura di abete rosso nello strato arbustivo (1-8 m di altezza) confermando la predilezione per gli ambienti a copertura densa. Il francolino di monte risulta sensibile al disturbo antropico, tenendosi lontano dalle strade asfaltate e forestali, ma seleziona positivamente la rete sentieristica. La densità degli ungulati (cervo) ha un effetto negativo sulla presenza della specie, che si rinviene maggiormente nelle aree con bassa intensità di erbivori.