Banche dati

International Waterbird Census

I Censimenti degli Uccelli acquatici svernanti (IWC, International Waterbird Census) nelle zone umide europee rappresentano uno degli esempi di collaborazione coordinata più significativi per il monitoraggio ornitologico. Sono una testimonianza di impegno e partecipazione e, come dimostrano le molte pubblicazioni curate a livello regionale e nazionale, costituiscono una preziosa fonte di informazioni a fini conservazionistici e gestionali.

Gli IWC, come per brevità vengono spesso chiamati questi censimenti, si svolgono a scala europea dal 1967. Nel nostro Paese sono stati avviati nel 1975 dal Ministero dell’Agricoltura e Foreste, con l’iniziale collaborazione dell’allora International Waterfowl Research Bureau (IWRB), oggi Wetland International, un’organizzazione senza fini di lucro che si è fatta carico di tale iniziativa. Dal 1985 questi censimenti sono coordinati per l’Italia dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – ISPRA (l’ex-INFS, Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica) e sono condotti in tutte le regioni grazie alla collaborazione e sostegno di amministrazioni, musei ed altri enti di ricerca, associazioni e gruppi ornitologici locali e al coinvolgimento un considerevole numero dei birdwatcher e volontari ad essi associati.

I primi risultati a scala nazionale risalgono agli anni Settanta e sono contenuti in Chelini (1977, 1981) e in Boldreghini et al. (1978); successivi aggiornamenti, relativi al periodo 1982-85, sono riportati in Focardi & Spina (1986), e per gli anni Novanta in Serra et al. (1997) e Baccetti et al. (2002). Molte nel contempo sono state le pubblicazioni grazie alle quali oggi è possibile avere un dettaglio ulteriore delle presenze degli Uccelli acquatici svernanti anche a scala regionale e/o provinciale.

Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus), Marangone minore (Microcarbo pygmeus), Garzetta (Egretta garzetta) – Ph. Karol Tabarelli de Fatis/Arch.MUSE

 

IWC in Trentino

I censimenti sono condotti seguendo i criteri indicati dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), l’ente preposto all’organizzazione dei conteggi in Italia. Dal 1996, i censimenti provinciali sono coordinati dal Servizio Foreste e fauna (SFf) della Provincia Autonoma di Trento (PAT), che con il lavoro del proprio personale e la collaborazione della Sezione di Zoologia dei Vertebrati del Museo Tridentino di Scienze Naturali (oggi MUSE – Museo delle Scienze) garantisce il rilevamento, l’archiviazione e successiva trasmissione dei dati all’ISPRA. Come da protocollo generale, i conteggi IWC si effettuano nel periodo centrale dell’inverno, a metà gennaio, quando i movimenti entro l’area di svernamento sono verosimilmente limitati anche se, alle nostre latitudini, spostamenti verso i siti riproduttivi sono possibili già a gennaio (Dell’Antonia et al. 1996) e movimenti anticipati non sono improbabili, specie se in concomitanza con eventi climatici particolari (Elkin 1988).

In Trentino, solo dal 2000 i conteggi IWC coprono tutte le aree e i siti proposti in Baccetti & Serra (1994) e Baccetti et al. (2002). I rilevamenti vengono effettuati da squadre coordinate dalle Stazioni forestali e composte dallo stesso personale forestale, ornitologi del Museo e molti appassionati birdwatcher che aderiscono volontariamente all’iniziativa. Nel corso degli anni, per migliorare le affidabilità dei rilevamenti e l’abilità nel riconoscere le specie, sono stati organizzati corsi di formazione e di aggiornamento dedicati al personale di sorveglianza e ai partecipanti ai censimenti. Dal 2002, secondo indicazioni ISPRA, le squadre operanti nelle diverse zone sono affiancate anche da specifici referenti, abilitati attraverso un test sostenuto presso lo stesso Istituto. I dati, inviati all’Ufficio Faunistico della PAT dai referenti di stazione, prima di essere inviati alla sede centrale, sono controllati da personale qualificato dell’Ufficio e del Museo. Ulteriori successivi controlli con i referenti ISPRA garantiscono infine l’eliminazione di eventuali presenze dubbie nel database. Le specie oggetto dei censimenti appartengono alla categoria arbitraria degli “uccelli acquatici”. Nei censimenti vengono monitorate anche specie di Falconiformi associate ecologicamente alle zone umide e quindi considerate come uccelli acquatici dalla Convenzione di Ramsar: tra questi rientrano alcuni rapaci diurni quali il falco di palude (Circus aeruginosus) e l’albanella reale (Circus cyaneus).

Moretta codona (Clangula hyemalis), Airone guardabuoi (Bubulcus ibis), Gabbiano reale (Larus michahellis), Gabbiano reale nordico (Larus argentatus) – Ph. Karol Tabarelli de Fatis/Arch.MUSE

 

Clicca qui per scaricare GLI UCCELLI ACQUATICI SVERNANTI IN TRENTINO – Sintesi dei censimenti IWC (2000-2009) .

 

Bibliografia citata:

Chelini A., 1977 – L’importanza dei censimenti della ornitofauna palustre e le tecniche di rilevamento. XXIV Rassegna Internazionale Elettronica Nucleare ed Areospaziale, Roma.

Chelini A., 1981 – Ulteriori considerazioni sui censimenti degli anseriformi e delle folaghe svernanti in Italia: In: Farina A. (ed.), Atti I Conv. ital. Orn., Alula, 1981: 47-49.

Boldreghini P., Chelini A. & Spagnesi M., 1978 – Prime considerazioni sui risultati dei censimenti invernali degli Anseriformi e della Folaga in Italia (1975-77). Atti II Convegno Siciliano di Ecologia. Noto: 159-167.

Focardi S. & Spina F., 1986 – Rapporto sui censimenti invernali degli Anatidi e della Folaga in Italia (1982-1985). I.N.B.S., Documenti Tecnici, 2, 80 pp.

Serra L., Magnani A., Dall’Antonia P. & Baccetti N., 1997 – Risultati dei censimenti degli uccelli acquatici svernanti in Italia, 1991-1995. Biol. Cons. Fauna, 101, 312 pp.

Baccetti N., Dell’Antonia P., Magagnoli P., Melega L., Serra L., Soldatini C., Zenatello M., 2002 – Risultati dei censimenti degli uccelli acquatici in Italia: distribuzione, stima e trend delle popolazioni nel 1991-2000. Biol. Cons. Fauna, 111, 240 pp.

Dall’Antonia P., Mantovani R. & Spina F., 1996 – Fenologia della migrazione di alcune specie di uccelli acquatici attraverso l’Italia. Ric. Biol. Selvaggina, 98, 72 pp.

Elkins N., 1988 – Weather and Bird Behaviour. Waterhouses, Poyser, 239 pp.

Nella cornice dei monti innevati, si è svolta ad Udine il 28 e il 29 novembre il secondo modulo del corso sulla gestione dele banche dati sulla biodiversità proposto dalla Sezione, volto a formare nuove professionalità in grado di affrontare con competenza l’enorme flusso di dati ambientali che quotidianamente affluiscono nei database degli enti più svariati.
Tale modulo, denominato “GIS base” e tenuto dal dr. Paolo Tomè (libero professionista che da anni presta la sua competenza al mondo dei dati territoriali) si è focalizzato sulla gestione dell’informazione geografica: tramite l’utilizzo del software open source Quantum GIS (QGIS), i partecipanti hanno quindi avuto occasione di familiarizzare con i concetti e le operazioni di base tipiche dei sistemi GIS (Geographic Information Systems).

Il modulo ne segue un precedente, tenuto dal prof. Stefano Martellos, docente in Biodiversity Informatics all’Università di Udine, focalizzato sull’introduzione al trattamento dei dati primari di biodiversità, sulla storia dei grandi database federati oggi in uso e sulla digitalizzazione delle collezioni museali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ogni modulo del corso si inserisce all’interno della più grande iniziativa, coordinata per la parte tecnica dalla Sezione di Zoologia dei Vertebrati, mirante alla creazione di un grande database federato sovraregionale che coinvolga quanti più attori possibili nel comune sforzo di condivisione di dati: il progetto BioSTREAM (“BIO System for Transmission and Retrieval of Environmental Attributes and Models”).

I prossimi moduli, “GIS Avanzato”, “Database base” e “Database geografici” si terranno in videoconferenza a Venezia e ad Udine nei prossimi mesi, mentre il modulo conclusivo, “R” avrà luogo al MUSE ad inizio aprile 2018.
 

L’estate è tempo di vacanze e di gite fuori porta. Strade e sentieri che percorrono le nostre montagne si affollano di turisti e amanti della vita all’aria aperta. Ma vi siete mai chiesti come la fauna selvatica reagisca alla presenza o al passaggio dell’uomo? Le attività antropiche, il turismo e il traffico di veicoli su strade forestali avranno un impatto sulla distribuzione e il comportamento della fauna che storicamente popola i nostri boschi? E se sì, l’effetto sarà uguale su tutte le specie? E con che intensità?

L’areale dello studio, con evidenziate in nero le località di fototrappolaggio (la dimensione dei pallini indica la frequenza di campionamento dell’orso bruno)

A queste domande hanno cercato di rispondere i ricercatori del MUSE e del Servizio foreste e Fauna della Provincia di Trento, con un lavoro che è stato recentemente pubblicato nella rivista internazionale Mammalian Biology. Lo studio ha interessato un’area di circa 220 km2, situata intorno al settore meridionale del gruppo montuoso delle dolomiti di Brenta. Questa è stata scelta in modo da cadere nella core area dell’orso bruno (territorio stabilmente occupato dalle femmine), oltre ad essere rappresentativa dell’eterogeneità del nostro territorio e più in generale dell’ambiente alpino odierno, che si presenta come un intreccio di natura e attività umane strettamente interconnesse. Per studiare le specie di interesse, tra cui il grande plantigrado, ungulati e mustelidi, è stata utilizzata la tecnica del foto-trappolaggio. Le foto-trappole sono macchine fotografiche che vengono posizionate e lasciate per un periodo di tempo in determinati siti e scattano in automatico al passaggio di soggetti, grazie ad un sensore di calore e movimento. Questi utilissimi “occhi nella foresta” possono accumulare una mole notevole di informazioni, di giorno e di notte, arrecando il minimo disturbo alla fauna selvatica. In due mesi di campionamento estivo, nel corso dell’estate 2015, sono state ottenute quasi 10.000 immagini di fauna selvatica e più di 15.000 relative all’uomo, dagli escursionisti ai veicoli.

Con questi dati i ricercatori hanno tentato di indagare l’effetto del disturbo antropico sulle specie in due dimensioni: spaziale e temporale. A livello spaziale significa studiare come le specie si distribuiscano sul territorio in relazione a specifici fattori, come la distanza dai centri abitati o il numero di passaggi umani. Un passo successivo sta nel valutare quali fattori influenzino invece la probabilità, la facilità, con cui una specie può essere osservata nelle aree in cui è presente. Questa probabilità può dipendere da fattori comportamentali o biologici, tipici di ogni specie, o dal momento e dal metodo con cui si va a “cercarla” sul territorio. La dimensione temporale interessa invece l’analisi dei ritmi di attività giornaliera, che permette per esempio di classificare una specie come diurna o notturna o di valutare eventuali variazioni nell’attività della fauna in risposta a differenti livelli di disturbo antropico.

I tempi di attività dell’orso bruno sono complementari a quelli dell’attività umana: la linea tratteggiata blu indica la frequenza di fototrappolaggio di esseri umani in una certa ora, quella nera continua di orsi

I risultati suggeriscono che l’orso bruno sia una delle specie più condizionate dalla presenza dell’uomo, che cerca di evitare sia a livello spaziale che temporale. Lo studio evidenzia come la probabilità di incontro si riduca notevolmente all’aumentare del passaggio umano e in prossimità dei centri abitati, confermando una tendenza generale alla “timidezza” nei confronti dell’uomo. Anche i suoi ritmi di attività giornaliera tendono a sovrapporsi il meno possibile con i nostri: pur trattandosi di una specie originariamente diurna, in Trentino come in altre aree europee gli orsi si sono adattati alla presenza umana e si comportano come specie crepuscolare (si muovono principalmente nelle ore prossime ad alba e tramonto) se non addirittura notturna.

Altre 7 specie sono state analizzate singolarmente, confermando conoscenze e portando elementi nuovi su cui sicuramente varrà la pena di indagare in futuro. Il programma di monitoraggio da cui nasce questo studio, che è unico in Italia e sull’intero arco alpino, fa parte infatti di una convenzione tra il MUSE e la Provincia Autonoma di Trento per un monitoraggio della fauna selvatica a lungo termine.

Per approfondire

Oberosler, V., Groff, C., Iemma, A., Pedrini, P. and Rovero, F., 2017. The influence of human disturbance on occupancy and activity patterns of mammals in the Italian Alps from systematic camera trapping. Mammalian Biology-Zeitschrift für Säugetierkunde87, pp.50-61. http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1616504717301829

Box relativi al programma di monitoraggio sistematico si trovano rispettivamente a pag. 6 del Rapporto Orso 2015 e pag.7 del Rapporto Orso 2016. https://orso.provincia.tn.it/Rapporto-Orso-e-grandi-carnivori