Proseguono le ricerche della Sezione di Zoologia dei Vertebrati dedicate agli effetti dei cambiamenti climatici sull’avifauna. La Facoltà di Scienze Forestali della British Columbia (Canada) e il MUSE-Museo delle Scienze di Trento hanno infatti da poco unito le loro forze per indagare l’impatto del riscaldamento globale su tre specie di pernici presenti nella Columbia Britannica.
Affacciata sull’Oceano Pacifico, questa vasta regione si contraddistingue per la presenza di grandi aree naturali e un territorio in prevalenza montuoso, posto per oltre il 75% della sua superficie al di sopra dei 1.000 m. La Columbia Britannica è inoltre la provincia canadese con il più alto tasso di biodiversità, ospitando circa l’80% delle specie di mammiferi e il 70% di uccelli presenti di questo stato.
Tra questi, spiccano le 3 specie di pernici oggetto dell’approfondimento: la pernice coda bianca, la pernice bianca e la pernice bianca nordica. Le popolazioni di questi uccelli presentano una distribuzione altitudinale e latitudinale segregata, associata ad habitat differenti e diverse strategie riproduttive.
La pernice coda bianca (Lagopus leucurus), endemica dell’America nord-occidentale, è quella che occupa le altitudini superiori, frequentando le zone al di sopra della linea degli alberi durante tutto l’anno. Ha una strategia riproduttiva molto dinamica caratterizzata da un elevato tasso di fecondità e, forse anche per questo motivo, da un turn-over degli adulti più rapido rispetto a quello delle altre specie.
Molto diversa e meno flessibile è la situazione della pernice bianca (Lagopus muta), che difficilmente ritenta una nuova covata qualora la prima fallisca e che, nonostante le dimensioni maggiori, sembra risentire della competizione con la pernice coda bianca e molto probabilmente anche con quella nordica (Lagopus lagopus). Quest’ultima è la specie più grande e forse abbondante del Nord America, caratterizzata da una spiccata territorialità sia nel maschio che nella femmina, sempre impegnati nella difesa attiva del nido e della prole.
Malgrado l’elevata naturalità che ancora oggi contraddistingue i territori della Columbia Britannica, sono molte le minacce che gravano sulla conservazione di queste specie: la scarsa conoscenza dei trend di popolazione, lo sviluppo e allargamento degli impianti sciistici, l’intensificazione delle attività agro-silvo-pastorali e l’estrazione di minerali.
Del tutto sconosciuto è l’impatto che il cambiamento climatico può avere su di esse. Nell’ultimo secolo, le temperature della regione sono aumentate di 1.1°C in estate e di 2.1°C in inverno, con una perdita netta di 24 giornate di gelo. Anche se non è difficile immaginare le conseguenze di tali variazioni su uccelli così adattate ai climi freddi, i dati raccolti finora mostrano come le 3 specie potrebbero rispondere in maniera diversa all’aumento delle temperature.
I primi modelli di idoneità realizzati nell’ambito della ricerca mostrano come il rischio sia maggiore per la pernice coda bianca e quella bianca, tipicamente distribuite alle quote e latitudini superiori, con possibili perdite di habitat e scompensi fisiologici. Diversi potrebbero invece essere gli effetti sulla pernice bianca nordica, che nel breve termine potrebbe beneficiare dell’incremento dell’habitat arbustivo conseguente l’aumento delle temperature medie.