Citizen Science

«Biodiversità partecipata» è il nome del progetto avviato nel 2015 e promosso dal Servizio Sviluppo sostenibile e Aree protette della PAT e MUSE. L’obiettivo era quello di trasformare la scienza in un tema quotidiano, attraverso un piano di comunicazione e di educazione alla biodiversità all’interno delle Aree Protette del Trentino, agevolando la formazione di una nuove alleanze tra territori, ricercatori e cittadini. In questo progetto rientra anche il Workshop organizzato il 19 febbraio scorso presso la Sala Conferenze del MUSE con titolo: «Citizen Science e Aree protette». Tanti gli interventi e gli spunti che si sono susseguiti nel corso della giornata e che hanno permesso di approfondire le tante potenzialità e applicazioni dell’ormai sempre più diffusa «scienza dei cittadini» (Citizen Science per l’appunto).

Fonte immagini: EU Report – Environmental Citizen Science

Nel 2014, il termine citizen science veniva per la prima volta inserito all’interno del prestigioso Oxford Dictionary. Eppure, come ricordato nelle prime battute dell’incontro, la scienza partecipata affonda le sue radici in tempi ben più lontani: Michele Lanzinger, direttore del MUSE, ha sottolineato come tanti musei di scienze naturali abbiano preso vita proprio a partire dalla collezione di un qualche facoltoso appassionato o avventuriero, mentre Claudio Ferrari, dirigente del Servizio Sviluppo sostenibile e Aree Protette, ha portato ad esempio l’Audubon Christmas Bird Count, che con i suoi 117 anni di vita detiene il primato del più vecchio progetto di citizen science al mondo.

Fonte immagini: Choosing and Using Citizen Science

Andrea Sforzi, direttore del Museo di Storia naturale della Maremma e membro del direttivo della European Citizen Science Association (ECSA), ha invece affrontato i principi generali che stanno alla base del coinvolgimento delle persone nella scienza, soffermandosi soprattutto sulle ricadute positive di questo tipo di attività.Aprire le porte della ricerca ai cittadini significa offrire l’opportunità di esplorare e conoscere un luogo, di affinare le proprie competenze, di promuovere relazioni e reti tra gruppi di persone, di riportare l’uomo a contatto con la natura e, attraverso tutto questo, di gettare le basi per un cambiamento sociale e culturale. Non va poi dimenticato che alla base di ogni progetto di Citizen Science vi è una domanda di ricerca, il ruolo dei ricercatori è quindi fondamentale, richiedendo da parte loro disponibilità a mettersi in gioco.

 

Fonte immagine: progetto InNat

La mattina si è chiusa con la presentazione di alcuni recenti progetti di citizen science di successo: «The school of ants», nato da una collaborazione tra Università di Parma e MUSE, e dedicato alla raccolta di dati sulle specie di formiche con le scuole; i progetti nazionali «MIPP» e «InNat», per il monitoraggio partecipato di specie di insetti di interesse conservazionistico; l’esperienza dei «Cammini LTER», in cui i cittadini e scienziati condividono un percorso attraverso i siti di ricerca della rete LTER, in una sorta di «laboratorio partecipativo itinerante», il progetto «MERIT», una sperimentazione con i contadini dell’Alto Adige, per monitorare la biodiversità dei prati associata ai premi assegnati per la loro gestione dei prati.

Nel pomeriggio, la parola è tornata ad Andrea Sforzi, per un approfondimento sui BioBlitz, uno tra gli strumenti operativi più comuni nell’ambito della scienza partecipata. Un BioBlitz è un modo informale e divertente per ottenere un quadro generale delle varietà di forme di vita che popolano una certa area, affiancando scienziati e cittadini nella raccolta dei dati. L’evento, che solitamente ha una durata di 24h, richiede un’organizzazione articolata, che non lasci nulla al caso. Dibattito e confronto su alcuni elementi di progettazione legati a questo tipo di attività hanno segnato il concludersi dei lavori.

Qui di seguito, il link ad alcune risorse consigliate nel corso del Workshop:

Fonte immagine: Bristol Natural History Museum