Natura2000 e aree protette

La calda estate dell’ululone

by Sonia Endrizzi on

a cura di Sonia endrizzi e matteo trenti

La stagione particolarmente calda e secca ha messo a dura prova gli ululoni. Molti habitat utilizzati abitualmente dalla specie per la riproduzione sono andati in secca già a tarda primavera, così come i numerosi fossi agricoli minori della Piana Rotaliana e l’estesa area umida di Prada (nella Rete di Riserve Bondone). In queste circostanze, ambienti artificiali come le vasche per la raccolta d’acqua, tipiche del paesaggio agricolo della Val di Cembra (dove la locale Rete di Riserve supporta da anni le attività di ricerca) e habitat semi-naturali come le pozze d’alpeggio d’alta quota hanno svolto un ruolo importante, garantendo agli anfibi la presenza sul territorio di raccolte d’acqua per la riproduzione e lo sviluppo di uova e girini. Questi ambienti sono infatti in parte gestiti da contadini e pastori che favoriscono l’apporto idrico attraverso strutture utili a convogliare al loro interno l’acqua piovana, sorgentizia o da acquedotto.

 

Pozze d’alpeggio e vecchie raccolte d’acqua rappresentano habitat strategici per la conservazione dell’ululone dal ventre giallo.

 

Il monitoraggio annuale dedicato alla specie ed ai suoi habitat ha evidenziato la riduzione della disponibilità idrica anche in questi siti: le pozze d’alpeggio (indagate soprattutto nell’area del Parco Naturale Locale Monte Baldo) hanno mostrato un’estensione inferiore rispetto agli anni precedenti, con un perimetro ridotto anche della metà, così come il livello dell’acqua in molte vasche. Inoltre, il numero di ululoni adulti rilevato nei siti riproduttivi è risultato inferiore rispetto agli anni precedenti probabilmente a causa delle difficoltà incontrate dagli anfibi nel compiere la migrazione dai siti di svernamento in condizioni siccitose. Nonostante tutto, la presenza di uova, girini e giovani neo metamorfosati osservati nel corso del monitoraggio testimonia l’avvenuta riproduzione della specie anche in questa stagione particolarmente difficile. In uno scenario di profonde modificazioni ambientali legate ai cambiamenti climatici, i dati mostrano come la conservazione e la corretta gestione degli ambienti umidi artificiali e seminaturali legati alle attività agropastorali giochino una rilevanza sempre maggiore per la conservazione dell’ululone dal ventre giallo, ma anche di altre specie di anfibi e di invertebrati acquatici.

L’annata particolarmente siccitosa ha causato una forte contrazione, se non addirittura scomparsa, di molti habitat umidi essenziali per la sopravvivenza degli anfibi.

Sulle Alpi, con l’arrivo dell’inverno e l’accumulo di neve in alta quota (fino ad ora assai scarso), gli uccelli che si riproducono e svernano al di sopra della linea degli alberi tendono a formare gruppi numerosi e ad abbassarsi alla ricerca di cibo raggiungendo i centri abitati, come nel caso dei gracchi alpini, o pareti rocciose prossime al fondovalle, come invece accade per sordoni. Diverso è il comportamento adottato dal fringuello alpino, che difficilmente scende sotto il limite della vegetazione, preferendo, in condizioni di innevamento particolarmente abbondanti, avvicinarsi ai rifugi aperti durante la stagione invernale o i valichi alpini (Fig. 1). Sembrerebbe poi anche che alcune porzioni della popolazione alpina si spostino verso occidente, raggiungendo massicci montuosi come il Massiccio Centrale francese o i Pirenei.

 

Figura 1 – Le reti per la cattura dei fringuelli tese nei pressi del Rifugio Capanna Cervino.

 

Per meglio comprendere l’ecologia invernale di questa specie, sia per quanto riguarda eventuali spostamenti tra aree montuose, sia rispetto alla relazione tra aree riproduttive e aree di svernamento, nonché al comportamento e alla struttura sociale dei gruppi, un’attività importante è rappresentata dall’inanellamento scientifico. Da alcuni anni ormai il fringuello alpino viene inanellato in diverse aree riproduttive d’Europa e in alcune anche durante l’inverno, facilitando attraverso l’apposizione di anelli colorati – oltre ai tradizionali anelli metallici – il riconoscimento dell’area nella quale un individuo è stato catturato.
Grazie alla collaborazione tra MUSE e Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino, a dicembre è iniziata, per la prima volta nelle Alpi italiane, l’attività di inanellamento invernale della specie, che si protrarrà durante tutto l’inverno, specialmente in concomitanza con le nevicate che si spera tornino anche con l’anno nuovo (Fig. 2). Per il momento l’attività si svolgerà nei pressi di Capanna Cervino al Passo Rolle dove, grazie anche alla preziosa disponibilità e all’entusiasmo dei gestori, si potranno montare le apposite reti ed effettuare le operazioni di inanellamento e registrazione di dati biometrici. Le prime uscite hanno consentito di individuare nell’area un gruppo di almeno 40 individui. Ora non rimane che attendere il maltempo!

 

Figura 2 – Il gruppo di lavoro impegnato con l’attività di inanellamento.

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Un percorso estremamente dinamico e coinvolgente, dove si apprende e si sperimenta col supporto di docenti e professionisti della comunicazione accuratamente selezionati dal Comitato Scientifico-Didattico del Master. Il Master è offerto dall’Università degli Studi dell’Insubria (Varese, Como), in collaborazione con la Fondazione Edmund Mach, il MUSE – Museo delle Scienze di Trento e l’Istituto Oikos (Milano): in questa seconda edizione si è aggiunto ai partner anche il quotidiano online VareseNews.

Il Master prenderà il via a fine marzo 2022, con i moduli di base erogati con lezioni online. Le attività pratiche si svolgeranno a partire da maggio 2022, con una settimana al mese di esercitazioni svolte con il coinvolgimento di professionisti della comunicazione della natura, dell’agricoltura e del paesaggio, in contesti di assoluta eccellenza, fra Trentino e Lombardia. Il percorso didattico è a numero chiuso (massimo 30 partecipanti), la quota di partecipazione è di 2.750 Euro. Le preiscrizioni sono aperte e chiuderanno il 28 febbraio prossimo.
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IL PROGRAMMA DEL MASTER «FAUNA HD» IN SINTESI

1500 ore complessive di attività pari a 60 CFU, distribuite su un anno: 152 ore di lezioni frontali; 320 ore di formazione con esercitazioni pratiche; 16 ore di formazione sulla sicurezza. Le restanti ore sono previste come impegno personale dello studente, tra studio individuale e stesura dell’elaborato finale.

Il percorso è strutturato su 2 Moduli Base e 4 Moduli di Attività Pratiche Caratterizzanti.
Moduli base – Sono dedicati rispettivamente agli aspetti di ecologia e biologia della conservazione (Modulo A) e alla teoria e alle tecniche di storytelling e comunicazione (Modulo B). Tutte le lezioni vengono messe a disposizione sulla piattaforma e-learning dell’Università degli Studi dell’Insubria e sono fruibili on demand.
È possibile fare richiesta di esonero da uno dei due moduli, in base al titolo di studio di cui si è in possesso.

Attività Pratiche Caratterizzanti – 4 moduli suddivisi a loro volta in 4 sottomoduli specifici, per un totale di 16 attività che hanno luogo con cadenza di una settimana al mese.
Modulo C. Comunicare la Biodiversità
Modulo D. I linguaggi e il racconto della Natura
Modulo E. Strumenti per la comunicazione e l’educazione ambientale
Modulo F. Strategie di comunicazione e processi partecipativi
Le attività pratiche si configurano come esercitazioni abbinate ad approfondimenti teorici, a diretto contatto con esperienze particolarmente significative. Gli studenti sono coinvolti nell’applicazione pratica di quanto trattato in ogni esercitazione, anche attraverso la produzione di un elaborato in vari supporti.
Il percorso per conseguire il Diploma del Master si completa con un tirocinio della durata di 180 ore e la presentazione di una tesi finale. Il tirocinio può essere svolto presso l’Università degli Studi dell’Insubria, presso gli Enti partner (FEM, MUSE, Istituto Oikos, VareseNews) o in collaborazione con altri soggetti individuati dal candidato, anche sulla base di specifiche opportunità professionali, e valutati idonei dal Comitato Scientifico-Didattico del Master.