Sonia Endrizzi

Risale al 2013 la prima segnalazione di Gambero della Louisiana (Procambarus clarkii) presso il Lago di Lagolo. Si tratta di una specie aliena invasiva originaria del Sud degli Stati Uniti. Marrone-rossastro da adulto, sulle tinte grigie da giovane, ha dimensioni comprese tra i 10 e i 20 cm; nel 1973 viene introdotta in Spagna per l’allevamento e oggi è diffusa in 13 Paesi europei. Le modalità con cui questo animale ha raggiunto il piccolo laghetto in Valle dei Laghi sono ancora oggi sconosciute: potrebbe essere avvenuta involontariamente, magari attraverso l’introduzione di giovani gamberi insieme al pesce durante le semine, oppure volontariamente.

A seguito della segnalazione, la Rete di Riserve del Basso Sarca si è adoperata per la realizzazione di un’azione di controllo/eradicazione, che ha visto affidare all’Unita di Idrobiologia della Fondazione Edmund Mach l’elaborazione di uno studio di fattibilità. La fase preliminare, cominciata l’8 ottobre scorso, si è concretizzata attraverso un’attività di cattura-marcatura-ricattura, finalizzata alla raccolta di informazioni sul numero di gamberi presenti nel lago e sulle zone di maggior concentrazione di individui, utili ad elaborare la strategia più efficacie per l’eradicazione, o per lo meno il contenimento, della popolazione. Operazione questa da svolgersi nel prossimo triennio.
Sono state così posizionate nel lago 48 trappole per gamberi, distribuite su 3 transetti posti a profondità diverse e innescate con mangime a base di pesce. Il giorno seguente, gli animali catturati sono stati caratterizzati per sesso, sottoposti al rilievo di peso e lunghezza e marcati mediante pennarello indelebile e quindi sono stati rilasciati. L’operazione è stata ripetuta per quattro giorni consecutivi. I gamberi catturati nel corso dell’ultima giornata di attività sono stati rimossi e smaltiti secondo le disposizioni previste dalla legge.

La necessità di rimuovere questi animali è strettamente connessa al carattere invasivo della specie, che per la sua aggressività è anche nota con il nome di “gambero killer”. Quando giunge in un nuovo ecosistema, può alterarne significativamente l’equilibrio, causando la drastica riduzione della vegetazione, degli invertebrati acquatici e degli anfibi. Pur vivendo in media poco più di 1 anno, è incredibilmente resistente, riuscendo ad adattarsi anche agli ambienti fortemente degradati, con acque poco ossigenate, salmastre e inquinate. Tollera ampie escursioni termiche e può sopravvivere anche per lunghi periodi fuori dall’acqua. I suoi effetti si estendono quindi anche al di fuori dell’ambiente acquatico: l’intensa attività di scavo che precede la costruzione delle tane causa gravi instabilità nelle sponde e significativi sono anche i danni alle coltivazioni che può frequentare durante il foraggiamento. Un’altra grave minaccia è rappresentata infine dalla “peste del gambero”, un fungo letale per i gamberi europei di cui P. clarkii è vettore.

Per saperne di più: Le proposte d’intervento per il controllo/eradicazione della specie, come previsto dalla normativa europea e nazionale sulle specie aliene invasive, sono state descritte nel Piano di gestione per il gambero di fiume in Trentino, realizzato nell’ambito dell’azione C10 del Progetto europeo LIFE+TEN e pubblicato nel 2017 (Piano di Gestione del Gambero di fiume in Trentino).

 

E’ iniziato il monitoraggio dell’ululone dal ventre giallo (Bombina variegata) in Trentino. Si tratta di una specie di interesse conservazionistico, elencata nell’Allegato II della Convenzione di Berna e negli Allegati II e IV della Direttiva “Habitat”. L’attività, avviata nel 2017 nel Parco Locale del Monte Baldo e in Val di Cembra, quest’anno interesserà anche la Val di Non, la Valle del Sarca, l’area Bondone-Soprassasso e la Riserva Naturale della Scanuppia. 132 i siti d’indagine in tutto, distribuiti tra 100 e i 1700 metri di quota, principalmente rappresentati da vasche e raccolte d’acqua in ambiente agricolo e da pozze d’alpeggio.

 

Alcuni dei siti indagati nel corso del monitoraggio

 

3 i metodi di monitoraggio applicati (N.B. Tutte le attività di manipolazione vengono eseguite su specifica autorizzazione del Ministero dell’Ambiente):
1. Conteggi ripetuti;
2. Rimozione;
3. Cattura-marcatura-ricattura;

Nei conteggi ripetuti i ricercatori eseguono per 4 volte il conteggio degli individui avvistati. La ripetizione avviene sempre nello stesso sito, ma in 4 giornate diverse, tra loro ravvicinate. La rimozione comporta invece la cattura temporanea degli animali avvistati e il successivo rilascio nello stesso luogo del ritrovamento nel giro di 30-60 minuti. In questo caso, le sessioni di cattura ripetute sono 3 e vengono eseguite consecutivamente nel corso della stessa giornata, con un intervallo di circa 10 minuti tra una e l’altra. Il metodo della cattura-marcatura-ricattura è basato sul riconoscimento individuale degli animali catturati nel corso di 4 diversi campionamenti eseguite in giornate ravvicinate. Il riconoscimento è reso possibile grazie al rilievo fotografico del pattern ventrale degli ululoni, che rappresenta una sorta di impronta digitale dell’individuo.

 

Il pattern ventrale delle macchie, come un’impronta-digitale, permette il riconoscimento dei singoli animali.

 

Con ciascun animale catturato si procede quindi alla registrazione di una serie di dati: sesso, peso e lunghezza; vengono inoltre prelevati campioni biologici utili a identificare, mediante analisi del DNA, eventuali infestazioni da chitridiomicosi, una parassitosi fungina (Batrachochytryium dendrobatidis è il nome dell’organismo responsabile), che colpisce la “pelle” degli anfibi e che oggi è considerata tra la cause di declino degli anfibi. La conoscenza sulla presenza/assenza del parassita in Provincia e sull’entità di eventuali infestazioni è quindi un requisito fondamentale per la corretta gestione e conservazione della specie. Il prelievo è del tutto innocuo per l’animale ed è effettuato passando un tampone sulla cute.

Parallelamente al conteggio/cattura degli animali, vengono rilevate anche le caratteristiche ambientali dei siti indagati, allo scopo di individuare eventuali elementi in grado di influenzare la distribuzione e l’abbondanza delle popolazioni, evidenziando punti di forza e criticità. Il monitoraggio permetterà di aggiornare i dati sulla distribuzione della specie in Trentino, di effettuare stime del numero di animali presenti e di valutare, nel lungo periodo, trend demografici e fattori che ne regolano l’andamento. Il confronto tra diversi metodi di campionamento permetterà inoltre di sviluppare un protocollo per il monitoraggio della specie nel territorio provinciale al fine di una valutazione robusta sullo stato delle popolazioni, minimizzando gli sforzi di campionamento. Saranno inoltre messi in evidenzia gli elementi naturali e artificiali rilevati sul territorio che permetterebbero, attraverso piccoli interventi di ripristino e/o una corretta gestione, di aumentare la disponibilità di habitat riproduttivi presenti, favorendo la diffusione e la conservazione dell’ululone in Provincia di Trento.