Biodiversità

Con piacere ospitiamo il post scritto dal neo laureato Mauro Fanelli, che ha recentemente discusso la sua tesi sulla distribuzione e contattabilità della Vipera walser. Complimenti Mauro!

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Una peculiarità delle specie di recente descrizione è che possono essere viste come libri alle primissime fasi di redazione, con molte pagine ancora da scrivere e interi capitoli di cui non si può nemmeno prevedere il titolo. Vipera walser, descritta per la prima volta nel 2016, è una di queste specie. Diversi fattori ne minacciano la sopravvivenza nel medio e lungo periodo, tra cui areale limitato e frammentato, habitat alpini che rischiano di sparire a causa dell’abbandono delle attività pastorali, cambiamenti climatici. Per questa specie, endemica delle Alpi Piemontesi, è dunque necessario accelerare il processo di stesura del “libro”, trovare gli adeguati titoli e scriverne al più presto il maggior numero di pagine.


Tra gli aspetti principali da definire vi sono senza dubbio quelli riguardanti l’ecologia di popolazione e in particolare le due variabili fondamentali: abbondanza e distribuzione. Con l’obiettivo di elaborare un’efficace metodologia di indagine che possa portare alla stima di tali variabili di stato è stata realizzata una tesi di Laurea Magistrale dal titolo “Studio della distribuzione e della contattabilità di una specie elusiva, la Vipera walser”, discussa da Mauro Fanelli al Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi di Torino, mercoledì 11 aprile 2018, che ha visto come relatore il Prof. Massimo Delfino e correlatori Dott. Simone Tenan e Dott. Michele Menegon.

Ottenere i valori di contattabilità della specie è il primo passo per poter calibrare, con una buona precisione, i futuri campionamenti necessari a raccogliere un dataset di informazioni (presenze / non-presenze) sufficientemente ampio da essere analizzabile con i modelli di occupancy. Tali modelli infatti, che tengono conto dell’imperfetta contattabilità della specie, possono fornire preziose informazioni circa l’abbondanza della specie, la distribuzione e i fattori influenzanti tali variabili.
Per questa ricerca i dati sono stati raccolti attraverso l’intero areale della specie, effettuando visite ripetute quattro volte per ognuno dei 49 siti, disposti in 6 diverse vallate alpine.
I risultati preliminari hanno permesso di calcolare la contattabilità media e cumulativa della specie. In entrambi i casi i valori sono risultati lontani da quelli minimi necessari per ottenere informazioni affidabili circa distribuzione e abbondanza. Si è osservato come la contattabilità media risulti positivamente correlata al tempo di indagine impiegato per la visita del sito e, modellizzando tali parametri, si è calcolato che aumentando di circa l’80% il tempo trascorso nella ricerca attiva della specie, tale valore potrebbe raggiungere la soglia minima emersa da precedenti studi.
Modellizzando invece la contattabilità cumulativa, che tiene conto del numero di sessioni ripetute in ogni sito, si è osservato che applicando uno sforzo di campionamento pari a quello del presente studio sarebbero necessarie un numero di ripetizioni per ogni sito pari a 16.

Le informazioni oggi a disposizione, permetteranno di approcciare uno studio di tipo “power analysis” mediante il quale si potrà ottenere l’ottimale rapporto tra numero di siti e numero di sessioni necessarie al raggiungimento dei valori soglia, e dunque di un appropriato dataset che permetta di indagare distribuzione e abbondanza della specie, anche sulla base delle risorse economiche e umane a disposizione. L’elevata standardizzazione del metodo di ricerca ha inoltre permesso di portare alla luce curiosi aspetti riguardanti ricchezze specifiche relative all’erpetofauna delle valli indagate e relative sintopie. Anche in questo caso le informazioni saranno utili per disegnare un programma di conservazione che possa agire anche sul maggior numero di specie presenti negli ambienti occupati da Vipera walser.
Mettere nero su bianco l’oggettiva difficoltà di effettuare studi di popolazione significativi per questa specie è il miglior modo per prendere coscienza delle risorse necessarie alla sua conservazione. Il libro di Vipera walser è ancora lontano dall’essere completo, ma un bel passo avanti è stato fatto.

 

Al termine della serata, in una Sala Conferenze gremita di gente, il pubblico si scambiava pareri e commenti sull’incontro appena terminato. C’è chi l’ha definito «un toccasana per il cuore e per l’anima», chi affermava «immagini emozionanti, poesia pura!» e chi ancora incredulo diceva «il sonoro dell’ultima parte è stato qualcosa di incredibile!».

Insomma, l’appuntamento con il fotografo naturalista Bruno d’Amicis è stato un vero successo! Se ve lo siete perso, non vi preoccupate: vi basterà cliccare sul link sottostante per gustarvi la registrazione integrale della serata, direttamente dalla Pagina Facebook del MUSE. Sarà Bruno stesso a raccontarvi dei suoi viaggi, delle fatiche e delle soddisfazioni; a parlare di natura, di specie preziose, di paesaggi e di conservazione. Buona visione!

https://www.facebook.com/musetrento/videos/10157175363613574/

 

«Biodiversità partecipata» è il nome del progetto avviato nel 2015 e promosso dal Servizio Sviluppo sostenibile e Aree protette della PAT e MUSE. L’obiettivo era quello di trasformare la scienza in un tema quotidiano, attraverso un piano di comunicazione e di educazione alla biodiversità all’interno delle Aree Protette del Trentino, agevolando la formazione di una nuove alleanze tra territori, ricercatori e cittadini. In questo progetto rientra anche il Workshop organizzato il 19 febbraio scorso presso la Sala Conferenze del MUSE con titolo: «Citizen Science e Aree protette». Tanti gli interventi e gli spunti che si sono susseguiti nel corso della giornata e che hanno permesso di approfondire le tante potenzialità e applicazioni dell’ormai sempre più diffusa «scienza dei cittadini» (Citizen Science per l’appunto).

Fonte immagini: EU Report – Environmental Citizen Science

Nel 2014, il termine citizen science veniva per la prima volta inserito all’interno del prestigioso Oxford Dictionary. Eppure, come ricordato nelle prime battute dell’incontro, la scienza partecipata affonda le sue radici in tempi ben più lontani: Michele Lanzinger, direttore del MUSE, ha sottolineato come tanti musei di scienze naturali abbiano preso vita proprio a partire dalla collezione di un qualche facoltoso appassionato o avventuriero, mentre Claudio Ferrari, dirigente del Servizio Sviluppo sostenibile e Aree Protette, ha portato ad esempio l’Audubon Christmas Bird Count, che con i suoi 117 anni di vita detiene il primato del più vecchio progetto di citizen science al mondo.

Fonte immagini: Choosing and Using Citizen Science

Andrea Sforzi, direttore del Museo di Storia naturale della Maremma e membro del direttivo della European Citizen Science Association (ECSA), ha invece affrontato i principi generali che stanno alla base del coinvolgimento delle persone nella scienza, soffermandosi soprattutto sulle ricadute positive di questo tipo di attività.Aprire le porte della ricerca ai cittadini significa offrire l’opportunità di esplorare e conoscere un luogo, di affinare le proprie competenze, di promuovere relazioni e reti tra gruppi di persone, di riportare l’uomo a contatto con la natura e, attraverso tutto questo, di gettare le basi per un cambiamento sociale e culturale. Non va poi dimenticato che alla base di ogni progetto di Citizen Science vi è una domanda di ricerca, il ruolo dei ricercatori è quindi fondamentale, richiedendo da parte loro disponibilità a mettersi in gioco.

 

Fonte immagine: progetto InNat

La mattina si è chiusa con la presentazione di alcuni recenti progetti di citizen science di successo: «The school of ants», nato da una collaborazione tra Università di Parma e MUSE, e dedicato alla raccolta di dati sulle specie di formiche con le scuole; i progetti nazionali «MIPP» e «InNat», per il monitoraggio partecipato di specie di insetti di interesse conservazionistico; l’esperienza dei «Cammini LTER», in cui i cittadini e scienziati condividono un percorso attraverso i siti di ricerca della rete LTER, in una sorta di «laboratorio partecipativo itinerante», il progetto «MERIT», una sperimentazione con i contadini dell’Alto Adige, per monitorare la biodiversità dei prati associata ai premi assegnati per la loro gestione dei prati.

Nel pomeriggio, la parola è tornata ad Andrea Sforzi, per un approfondimento sui BioBlitz, uno tra gli strumenti operativi più comuni nell’ambito della scienza partecipata. Un BioBlitz è un modo informale e divertente per ottenere un quadro generale delle varietà di forme di vita che popolano una certa area, affiancando scienziati e cittadini nella raccolta dei dati. L’evento, che solitamente ha una durata di 24h, richiede un’organizzazione articolata, che non lasci nulla al caso. Dibattito e confronto su alcuni elementi di progettazione legati a questo tipo di attività hanno segnato il concludersi dei lavori.

Qui di seguito, il link ad alcune risorse consigliate nel corso del Workshop:

Fonte immagine: Bristol Natural History Museum