Cambiamento climatico

Sulle Alpi, con l’arrivo dell’inverno e l’accumulo di neve in alta quota (fino ad ora assai scarso), gli uccelli che si riproducono e svernano al di sopra della linea degli alberi tendono a formare gruppi numerosi e ad abbassarsi alla ricerca di cibo raggiungendo i centri abitati, come nel caso dei gracchi alpini, o pareti rocciose prossime al fondovalle, come invece accade per sordoni. Diverso è il comportamento adottato dal fringuello alpino, che difficilmente scende sotto il limite della vegetazione, preferendo, in condizioni di innevamento particolarmente abbondanti, avvicinarsi ai rifugi aperti durante la stagione invernale o i valichi alpini (Fig. 1). Sembrerebbe poi anche che alcune porzioni della popolazione alpina si spostino verso occidente, raggiungendo massicci montuosi come il Massiccio Centrale francese o i Pirenei.

 

Figura 1 – Le reti per la cattura dei fringuelli tese nei pressi del Rifugio Capanna Cervino.

 

Per meglio comprendere l’ecologia invernale di questa specie, sia per quanto riguarda eventuali spostamenti tra aree montuose, sia rispetto alla relazione tra aree riproduttive e aree di svernamento, nonché al comportamento e alla struttura sociale dei gruppi, un’attività importante è rappresentata dall’inanellamento scientifico. Da alcuni anni ormai il fringuello alpino viene inanellato in diverse aree riproduttive d’Europa e in alcune anche durante l’inverno, facilitando attraverso l’apposizione di anelli colorati – oltre ai tradizionali anelli metallici – il riconoscimento dell’area nella quale un individuo è stato catturato.
Grazie alla collaborazione tra MUSE e Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino, a dicembre è iniziata, per la prima volta nelle Alpi italiane, l’attività di inanellamento invernale della specie, che si protrarrà durante tutto l’inverno, specialmente in concomitanza con le nevicate che si spera tornino anche con l’anno nuovo (Fig. 2). Per il momento l’attività si svolgerà nei pressi di Capanna Cervino al Passo Rolle dove, grazie anche alla preziosa disponibilità e all’entusiasmo dei gestori, si potranno montare le apposite reti ed effettuare le operazioni di inanellamento e registrazione di dati biometrici. Le prime uscite hanno consentito di individuare nell’area un gruppo di almeno 40 individui. Ora non rimane che attendere il maltempo!

 

Figura 2 – Il gruppo di lavoro impegnato con l’attività di inanellamento.

Come più volte raccontato nel nostro blog, dal 2016 il MUSE si occupa, in collaborazione con diverse entità nazionali ed internazionali, dello studio dell’ecologia e demografia del fringuello alpino, un passeriforme strettamente legato all’alta quota e pertanto considerato un indicatore efficace degli effetti dei cambiamenti climatici su questi ambienti. Tra le diverse attività intraprese in questi anni vi è stata l’installazione di cassette nido presso il Parco Nazionale dello Stelvio ed il Parco Naturale Paneveggio-Pale di S. Martino.

E mentre il monitoraggio delle cassette presenti si ripete ormai ogni estate, il MUSE, con il supporto del Comitato Scientifico del CAI, ha ora intenzione di estendere l’attività ad altri massicci dell’area dolomitica e prealpina orientale, con il duplice obiettivo di aumentare la disponibilità di dati sulla specie e, nel prossimo futuro, di sensibilizzare il pubblico frequentatore della montagna sull’impatto dei cambiamenti climatici, che proprio in alta quota mostrano il loro lato più manifesto.

Nei giorni scorsi la prima cassetta nido di questa nuova fase della ricerca sul fringuello alpino ha raggiunto il massiccio del Carega nelle Piccole Dolomiti, gruppo montuoso a cavallo tra le province di Trento, Vicenza e Verona (Fig. 1). Collocata presso le installazioni del Rifugio Mario Fraccaroli (Sezione CAI Cesare Battisti di Verona) a quota 2.238 metri (Fig. 2 e 3), la cassetta nido è un primo passo verso il monitoraggio del fringuello alpino in questo massiccio che rappresenta la propaggine più meridionale del settore alpino – e prealpino – centro-orientale in cui la specie risulta nidificare (Fig. 4).

Altri due aspetti contribuiscono a rendere interessanti le Piccole Dolomiti dal punto di vista dello studio degli effetti dei cambiamenti climatici sulla specie e sull’ambiente di montagna in generale: l’altitudine massima di “soli” 2.259 metri e la posizione relativamente isolata rispetto ai gruppi montuosi circostanti e più settentrionali. Infatti, per le specie strettamente legate alle caratteristiche delle quote più elevate come il fringuello alpino, gli effetti del riscaldamento globale si fanno sentire in maniera più acuta proprio in gruppi montuosi meno elevati e più isolati geograficamente (Fig. 5).

Fig. 5. I gruppi montuosi delle Alpi e Prealpi centro-orientali interessati dalla presenza del fringuello alpino (Montifringilla nivalis).

Il fringuello alpino (Montifringilla nivalis), specie target della ricerca. Ph. Studio Pteryx

A cura di Mattia Brambilla e Severino Vitulano

Con l’arrivo dell’estate, riprendono anche le indagini in alta quota. I ricercatori del MUSE, in collaborazione con il Parco Nazionale dello Stelvio – settore lombardo e gli inanellatori di Studio Pteryx (S. Vitulano) hanno infatti ripreso le attività del progetto dedicato ai cambiamenti climatici e alla biologia ed ecologia del fringuello alpino.

Scopo della ricerca, supportata anche dal Comitato Scientifico del CAI, è quello di indagare l’ecologia e la demografia del fringuello alpino al fine di comprendere gli impatti dei cambiamenti climatici su questa specie (considerata un’affidabile indicatrice dei loro effetti) e sugli altri organismi con cui condivide gli ambienti d’alta quota.
Le conoscenze acquisite consentiranno di sviluppare azioni di conservazione orientate a compensare o mitigare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sul fringuello alpino e, idealmente, sulla biodiversità alpina più in generale.

 

Lo scorso 17 giugno è stato effettuato il primo controllo delle cassette nido localizzate presso i Passi Gavia (tra le province di Sondrio e Brescia), Umbrail (a confine con la Svizzera) e Stelvio (tra Valtellina e Val Venosta). Le occupazioni certe da parte dei fringuelli alpini sono state tre: una al Gavia (nido con 5 uova) e due a Passo Umbrail (due nidiate da 5 pulli ciascuna). I 10 pulli presenti in totale sono stati quindi inanellati. Secondo i protocolli autorizzati e nel massimo rispetto degli animali sono stati inoltre prelevati da due individui per ciascuna nidiata dei campioni di sangue, nell’ambito di uno studio genetico delle popolazioni europee di fringuello alpino a cura dell’Università di Oviedo.

Fasi dell’attività di campo: il controllo delle cassette nido (sx) e l’inanellamento dei pulli (dx). Ph. Studio Pteryx