Natura2000 e aree protette

Un invasore silenzioso che minaccia il nostro ambiente

by Sonia Endrizzi on

La diffusione del gambero invasivo: un problema ambientale e sanitario

Negli ultimi decenni, il gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii) ha conquistato numerosi habitat naturali in tutta Italia, diventando una delle specie invasive più problematiche. Questa specie, originaria degli Stati Uniti, ha un impatto devastante sugli ecosistemi locali, competendo con le specie autoctone e alterando gli equilibri biologici. Il gambero della Louisiana è infatti altamente adattabile e prolifero, capace di colonizzare laghi, fiumi e zone umide. La sua presenza ha portato a una diminuzione delle popolazioni di gamberi autoctoni e ha provocato danni agli habitat, compromettendo la flora e la fauna locale. Inoltre, questo crostaceo è noto per essere portatore di malattie, che possono influenzare sia gli ecosistemi acquatici che la salute umana.

Normative e iniziative di contenimento
Il gambero della Louisiana è incluso nell’elenco delle 100 specie esotiche invasive di rilevanza unionale, specie che sia ai sensi del Regolamento UE 1143/14 che del Decreto Legislativo n. 230/17, non possono essere:

• introdotte nel territorio nazionale o dell’Unione Europea;
• detenute anche in confinamento (tranne nei casi in cui avvenga nel contesto di misure di gestione o eradicazione);
• allevate o coltivate, anche in confinamento;
• trasportate (tranne nei casi in cui avvenga nel contesto di misure di gestione o eradicazione);
• vendute o immesse sul mercato;
• utilizzate, cedute a titolo gratuito o scambiate;
• poste in condizioni di riprodursi o crescere spontaneamente anche in confinamento;
• rilasciate nell’ambiente.
• In nessun caso sono previste deroghe alla vendita o immissione sul mercato e al rilascio nell’ambiente.

Autorità locali e regionali hanno avviato progetti di gestione, incoraggiando la partecipazione di volontari nelle campagne di eradicazione. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che il divieto di agire autonomamente è rigoroso: i privati non possono intraprendere azioni di rimozione al di fuori di progetti ufficiali. Questa restrizione è necessaria per garantire che le operazioni siano condotte in modo sicuro e controllato, evitando ulteriori danni agli ecosistemi.

La salute pubblica e il rischio sanitario
Nonostante i divieti sopra indicati, sussiste sempre il rischio che esemplari vengano utilizzati a scopo alimentare. Tuttavia, la pesca e il consumo di gamberi non sottoposti a controlli sanitari non solo danneggiano l’ambiente, ma rappresentano anche un grave rischio per la salute umana. Questi crostacei possono accumulare metalli pesanti e possono essere veicolo di patogeni, virus, batteri e parassiti. Le conseguenze sulla salute umana possono variare dalle intossicazioni alimentari alle reazioni allergiche, infezioni gravi, danni neurologici e problemi renali.

Un invito alla partecipazione
Invitiamo quindi i cittadini a unirsi a noi nelle campagne di eradicazione del gambero americano che da qualche anno minaccia anche laghi e corsi d’acqua del Trentino. Partecipare all’iniziativa permette non solo di contribuire alla salvaguardia degli ecosistemi locali, ma offre anche l’opportunità di accrescere le proprie conoscenze sulla biodiversità e sulle sfide ambientali che affrontiamo. Ricordate sempre: ogni azione deve essere coordinata e autorizzata dalle autorità competenti!
Insieme possiamo fare la differenza e proteggere il nostro patrimonio naturale.

Maggiori informazioni su come partecipare sono disponibili cliccando qui.

 

 

La calda estate dell’ululone

by Sonia Endrizzi on

a cura di Sonia endrizzi e matteo trenti

La stagione particolarmente calda e secca ha messo a dura prova gli ululoni. Molti habitat utilizzati abitualmente dalla specie per la riproduzione sono andati in secca già a tarda primavera, così come i numerosi fossi agricoli minori della Piana Rotaliana e l’estesa area umida di Prada (nella Rete di Riserve Bondone). In queste circostanze, ambienti artificiali come le vasche per la raccolta d’acqua, tipiche del paesaggio agricolo della Val di Cembra (dove la locale Rete di Riserve supporta da anni le attività di ricerca) e habitat semi-naturali come le pozze d’alpeggio d’alta quota hanno svolto un ruolo importante, garantendo agli anfibi la presenza sul territorio di raccolte d’acqua per la riproduzione e lo sviluppo di uova e girini. Questi ambienti sono infatti in parte gestiti da contadini e pastori che favoriscono l’apporto idrico attraverso strutture utili a convogliare al loro interno l’acqua piovana, sorgentizia o da acquedotto.

 

Pozze d’alpeggio e vecchie raccolte d’acqua rappresentano habitat strategici per la conservazione dell’ululone dal ventre giallo.

 

Il monitoraggio annuale dedicato alla specie ed ai suoi habitat ha evidenziato la riduzione della disponibilità idrica anche in questi siti: le pozze d’alpeggio (indagate soprattutto nell’area del Parco Naturale Locale Monte Baldo) hanno mostrato un’estensione inferiore rispetto agli anni precedenti, con un perimetro ridotto anche della metà, così come il livello dell’acqua in molte vasche. Inoltre, il numero di ululoni adulti rilevato nei siti riproduttivi è risultato inferiore rispetto agli anni precedenti probabilmente a causa delle difficoltà incontrate dagli anfibi nel compiere la migrazione dai siti di svernamento in condizioni siccitose. Nonostante tutto, la presenza di uova, girini e giovani neo metamorfosati osservati nel corso del monitoraggio testimonia l’avvenuta riproduzione della specie anche in questa stagione particolarmente difficile. In uno scenario di profonde modificazioni ambientali legate ai cambiamenti climatici, i dati mostrano come la conservazione e la corretta gestione degli ambienti umidi artificiali e seminaturali legati alle attività agropastorali giochino una rilevanza sempre maggiore per la conservazione dell’ululone dal ventre giallo, ma anche di altre specie di anfibi e di invertebrati acquatici.

L’annata particolarmente siccitosa ha causato una forte contrazione, se non addirittura scomparsa, di molti habitat umidi essenziali per la sopravvivenza degli anfibi.

Sulle Alpi, con l’arrivo dell’inverno e l’accumulo di neve in alta quota (fino ad ora assai scarso), gli uccelli che si riproducono e svernano al di sopra della linea degli alberi tendono a formare gruppi numerosi e ad abbassarsi alla ricerca di cibo raggiungendo i centri abitati, come nel caso dei gracchi alpini, o pareti rocciose prossime al fondovalle, come invece accade per sordoni. Diverso è il comportamento adottato dal fringuello alpino, che difficilmente scende sotto il limite della vegetazione, preferendo, in condizioni di innevamento particolarmente abbondanti, avvicinarsi ai rifugi aperti durante la stagione invernale o i valichi alpini (Fig. 1). Sembrerebbe poi anche che alcune porzioni della popolazione alpina si spostino verso occidente, raggiungendo massicci montuosi come il Massiccio Centrale francese o i Pirenei.

 

Figura 1 – Le reti per la cattura dei fringuelli tese nei pressi del Rifugio Capanna Cervino.

 

Per meglio comprendere l’ecologia invernale di questa specie, sia per quanto riguarda eventuali spostamenti tra aree montuose, sia rispetto alla relazione tra aree riproduttive e aree di svernamento, nonché al comportamento e alla struttura sociale dei gruppi, un’attività importante è rappresentata dall’inanellamento scientifico. Da alcuni anni ormai il fringuello alpino viene inanellato in diverse aree riproduttive d’Europa e in alcune anche durante l’inverno, facilitando attraverso l’apposizione di anelli colorati – oltre ai tradizionali anelli metallici – il riconoscimento dell’area nella quale un individuo è stato catturato.
Grazie alla collaborazione tra MUSE e Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino, a dicembre è iniziata, per la prima volta nelle Alpi italiane, l’attività di inanellamento invernale della specie, che si protrarrà durante tutto l’inverno, specialmente in concomitanza con le nevicate che si spera tornino anche con l’anno nuovo (Fig. 2). Per il momento l’attività si svolgerà nei pressi di Capanna Cervino al Passo Rolle dove, grazie anche alla preziosa disponibilità e all’entusiasmo dei gestori, si potranno montare le apposite reti ed effettuare le operazioni di inanellamento e registrazione di dati biometrici. Le prime uscite hanno consentito di individuare nell’area un gruppo di almeno 40 individui. Ora non rimane che attendere il maltempo!

 

Figura 2 – Il gruppo di lavoro impegnato con l’attività di inanellamento.