Le interazioni tra specie in un clima che cambia

by Mattia Brambilla on

Le interazioni tra specie svolgono un ruolo cruciale nel determinare la presenza delle specie e le caratteristiche delle comunità biologiche. Comprendere queste interazioni è quindi fondamentale per prevedere correttamente la risposta delle specie ai cambiamenti climatici. La ricerca, condotta insieme a numerosi ricercatori provenienti da altre regioni dell’arco alpino e basata su migliaia di dati raccolti in Italia, Svizzera, Austria e Slovenia, ha studiato i fattori che determinano la distribuzione di quattro specie di uccelli legati agli ambienti forestali e con una diversa sensibilità al cambiamento climatico.

Picchio nero, civetta capogrosso, allocco e allocco degli Urali mostrano tra loro diverse relazioni interspecifiche, che vanno dalla facilitazione (i nidi di picchio nero sono riutilizzati da allocco e, soprattutto, civetta capogrosso), alla competizione (tra le due specie di allocco), alla predazione (da parte dell’allocco ai danni della civetta capogrosso, da parte dell’allocco degli Urali a danno degli altri due Strigidi). In questo lavoro abbiamo modellizzato la distribuzione potenziale delle quattro specie e testato “sul campo” se la distribuzione di quelle più diffuse (escludendo quindi l’allocco degli Urali) fosse o meno influenzata dalle interazioni interspecifiche. Abbiamo quindi modellizzato la distribuzione potenziale futura delle quattro specie, valutando se i cambiamenti climatici previsti influenzare la potenziale sovrapposizione tra le specie e quindi le interazioni tra di esse.

La copertura e la tipologia forestale sono risultate importanti nel determinare l’idoneità ambientale per tutte le quattro specie; i parametri climatici hanno invece mostrato importanza variabile a seconda delle specie (massima per la civetta capogrosso). Modelli che valutano l’effetto delle caratteristiche ambientali (inclusa la presenza di altre specie) sull’abbondanza delle specie target, tenendo conto allo stesso tempo delle variazioni nella contattabilità, hanno confermato l’importanza delle interazioni interspecifiche, soprattutto per la civetta capogrosso (con effetto positivo del picchio nero e negativo dell’allocco).

I cambiamenti climatici avranno impatti su questo gruppo di specie forestali sia a livello di singole specie che nell’insieme, dal momento che le potenziali aree di sovrapposizione, cruciali per le interazioni tra specie, andranno incontro a importanti variazioni nei prossimi decenni. La civetta capogrosso in particolare, la specie più sensibile al cambiamento climatico, andrà incontro ad una riduzione di areale (-65% nello scenario peggiore) causata soprattutto dall’aumento delle temperature; in aggiunta, la sovrapposizione di areale con l’allocco, suo principale predatore, aumenterà decisamente nell’areale residuo della specie: i cambiamenti climatici avranno quindi un impatto sulla civetta capogrosso sia diretto che indiretto, attraverso il verosimile aumento della predazione da parte dell’allocco.

 

I cambiamenti climatici causeranno una profonda alterazione spaziale delle dinamiche di interazione, con conseguenze differenti per le varie specie appartenenti alla guild, e un generale aumento, in termini spaziali, dei processi di competizione e/o predazione (come schematicamente riassunto nella figura tratta dall’articolo e sopra riportata). Questo lavoro mostra l’importanza delle interazioni interspecifiche e come esse saranno stravolte dal cambiamento climatico, rafforzando ulteriormente la necessità di includere tali interazioni nei modelli previsionali per incrementarne l’accuratezza.

Articolo di riferimento:
Brambilla, M., Scridel, D., Bazzi, G., Ilahiane, L., Iemma, A., Pedrini, P., Bassi, E., Bionda, R., Marchesi, L., Genero, F., Teufelbauer, N., Probst, R., Vrezec, A., Kmecl, P., Mihelič, T., Bogliani, G., Schmid, H., Assandri, G., Pontarini, R., Braunisch, V., Arlettaz, R., Chamberlain, D., 2020. Species interactions and climate change: How the disruption of species co‐occurrence will impact on an avian forest guild. Glob. Chang. Biol. gcb.14953. https://doi.org/10.1111/gcb.14953

I botti di capodanno fanno male agli animali

La notte di capodanno ci sarà un “bombardamento” che farà scappare nel buio gli animali in grado di volar via e li manderà molto probabilmente incontro a rischi gravi; quelli che non riusciranno a scappare potranno subire traumi gravi e, talvolta, morire. Ricerche scientifiche condotte recentemente ne hanno fornito prove evidenti.

I fuochi d’artificio e i botti vengono spesso considerati un elemento indispensabile per i festeggiamenti di fine anno. Se da un lato sono amati dal pubblico, dall’altro, quando incontrollati, sono soggetti a numerose problematiche, che vanno dal rischio di incidenti e di incendi, all’emissione di particolato fine e sostanze pericolose per la salute, all’inquinamento acustico, al disturbo degli animali d’affezione e selvatici. Tuttavia, gli effetti degli artifici pirotecnici sulla fauna vengono quasi sempre ignorati e sono generalmente poco noti al pubblico.

È opinione comune, infatti che gli animali selvatici vivano il più possibile lontano dall’uomo; in realtà sono molte le specie che, nei secoli, si sono adattate a vivere all’interno o nei pressi dei centri urbani, dove trovano cibo e riparo dai predatori. Gli uccelli, in particolare, vedono nelle città importanti habitat di nidificazione e svernamento. Giardini privati e pubblici accolgono numeri considerevoli di passeri, fringuelli, merli, tortore dal collare, pettirossi, cince e molte altre specie, che vi trascorrono le giornate o li utilizzano come “dormitori”. Qualunque rumore forte e improvviso, soprattutto durante le ore notturne, può avere un forte impatto su questi animali.

 
 

Gli studi realizzati finora indicano chiaramente quale sia l’effetto degli artifici pirotecnici sulla fauna; ad esempio, una ricerca condotta con l’ausilio dei radar ha dimostrato che gli uccelli si involano in massa a seguito dell’esplosione di fuochi d’artificio, dirigendosi, nel cuore della notte, a molti km dai luoghi di riposo. Gli animali, disorientati dal rumore, dalle luci e dal fumo, nel tentativo di fuggire consumano importanti energie e vanno incontro a forte stress, collisioni con edifici, cavi e automobili e condizioni meteorologiche inclementi: tutti questi fattori possono causare la morte degli individui o, nei casi meno gravi, avere effetti duraturi sulla salute degli uccelli o provocare la frammentazione degli stormi.

Il CISO, che da molti anni si occupa di ricerca ornitologica e conservazione della natura, chiede pertanto a tutti i Sindaci di prendere provvedimenti concreti per contrastare questo grave fenomeno e, al contempo, proteggere la salute e la sicurezza dei cittadini, emanando ordinanze di limitazione o divieto di accensione degli articoli pirotecnici in occasione del Capodanno. Nella speranza che questo appello a tutela dei più deboli venga accolto, cogliamo l’occasione per porgere i nostri migliori auguri di buone feste e di un sereno Anno Nuovo, all’insegna della Natura.

Il CISO Onlus (Centro Italiano Studi Ornitologici) è l’associazione nazionale che riunisce professionisti e amatori che si dedicano alla ricerca ornitologica su basi scientifiche. Per maggiori informazioni sull’Associazione:

 

Quando e perché i grandi mammiferi entrano in città? E che rischi corriamo? Cosa succede, invece, quando siamo noi ad entrare nei loro habitat per scopi ricreativi o di ricerca?

Sono state queste alcune delle domande a cui abbiamo cercato di rispondere, seguendo un approccio scientifico, durante le giornate tecniche del GLAMM (Group for Large Mammals Conservation and Management) dell’Associazione Teriologica Italiana (ATIt), che si sono tenute il 28 e 29 novembre a Ferrara grazie alla collaborazione con il Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara, il Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie dell’Università di Ferrara ed il patrocinio di ISPRA e della Regione Emilia-Romagna.

Durante l’evento, aperto a tutti, si è parlato del rapporto tra uomo e grandi mammiferi che, con crescente frequenza, si trovano a dover condividere spazi sempre più stretti. Basandoci sui risultati di ricerche scientifiche condotte in ambito sia internazionale che italiano, abbiamo affrontato vari aspetti della convivenza con queste specie, analizzandone nel dettaglio le motivazioni, i rischi e le soluzioni.

Nella prima giornata si è parlato delle cause della presenza dei grandi mammiferi in contesto urbano, dei rischi ad essa connessi e della problematica del “disturbo alla fauna”, approfondendo in particolare gli effetti che le attività ricreative e di ricerca in ambienti naturali possono avere sul comportamento e la conservazione dei grandi mammiferi. Durante la seconda giornata, esperti di cervidi, cinghiali e grandi carnivori ci hanno parlato dei conflitti legati alle attività agro-silvo-pastorali e delle strategie attualmente utilizzate per ridurne l’impatto sulle attività umane e promuovere la convivenza.

Oltre ad averci fornito un quadro completo sulla tematica e l’opportunità di discutere sul tema, condividendo esperienze e opinioni, queste giornate hanno sicuramente stimolato importanti dibattiti e sollevato questioni delicate, anche su temi che spesso e volentieri vengono strumentalizzati per alimentare allarmismi e conflitti sociali. Le evidenze scientifiche e i numeri presentati, soprattutto per quanto riguarda i grandi carnivori, sottolineano ancora una volta che, nonostante in Italia (e nelle nuove aree di espansione, in particolare) la strada verso una migliore convivenza e gestione di queste specie sia ancora lunga, le soluzioni esistono e si possono concretizzare con l’impegno e la collaborazione di tutte le parti coinvolte, a cominciare dalle amministrazioni.

I video e le presentazioni in PDF di tutti gli interventi saranno a breve resi disponibili su YouTube e sul sito dell’Associazione Teriologica Italiana.