Per una gestione sostenibile degli ambienti forestali

a cura di Laura Tomasi

Negli ultimi decenni si è diffusa in Europa una nuova consapevolezza riguardo l’importanza della biodiversità a livello forestale e del rapporto di quest’ultima con le necessità economiche dell’uomo. La definizione di “selvicoltura naturalistica”, che è andata gradualmente diffondendosi, racchiude infatti l’idea di una gestione forestale finalizzata al raggiungimento di un equilibrio sostenibile tra questi due aspetti. In questa nuova visione, la selvicoltura non riguarda più solamente i calcoli relativi alla quantità di legname o di altre risorse della filiera del legno, ma anche la conoscenza dei punti chiave per la biodiversità di questi ambienti a livello generale e locale.

 

È in questo panorama che si è inserito lo studio affrontato in un percorso di tesi magistrale in Scienze della Natura a Pavia e promosso dalla sezione di Zoologia dei Vertebrati del MUSE, con lo scopo di raccogliere informazioni utili a perfezionare l’approccio sopra descritto e ad indirizzare le azioni concrete di selvicoltura naturalistica in un ecosistema forestale di tipo alpino. Dai risultati, è emerso come le cavità di picchio nero costituiscano uno dei più importanti microhabitat forestali del Paleartico, fornendo cibo, riparo e habitat riproduttivo a numerose specie, dai funghi agli insetti, dagli uccelli nidificanti in cavità ai mammiferi di media taglia.

Altrettanto significativi, i risultati riguardanti l’identificazione delle caratteristiche specifiche che rendono una pianta potenzialmente idonea per la nidificazione del picchio nero, che hanno rivelato come in Trentino questa specie prediliga faggi e abeti bianchi (due delle specie più abbondanti nelle foreste alpine). In tutte le aree campionate, il picchio ha dimostrato di selezionare gli alberi più alti, più grossi e con i primi rami posti più in alto. Ugualmente ricercate sono state le piante più isolate, la cui presenza nei boschi di conifere è favorita dall’attuale sistema di gestione, che prevede il taglio di piccoli gruppi di alberi e la creazione radure.

 

Tale caratterizzazione si dimostra particolarmente utile all’interno dei boschi di produzione (circa al 62% della superficie boscata del Trentino): le linee guida per il prelievo di legname possono infatti essere impostate allo scopo di mantenere e/o aumentare i livelli di biodiversità forestale presenti. Escludere dall’abbattimento non solo gli alberi che già ospitano cavità di picchio nero, ma anche gli alberi, che per aspetto e conformazione, risultano potenzialmente idonei ad ospitarne, significa lasciare all’ecosistema maggiori possibilità di rinnovamento e arricchimento.

Smontati gli impianti, i ricercatori del MUSE sono ritornati alle loro consuete postazioni, cominciando a riordinare i tanti dati, raccolti nella lunga attività di monitoraggio della migrazione. Il 2019 si è rivelata un’annata di passo intenso, che ha permesso agli inanellatori di “marcare” quasi 20.000 uccelli: 12.028 a Bocca Caset e 7.450 presso il Passo del Broccon.

L’attività in sintesi – Numeri importanti, raggiunti in entrambe le stazioni, ma con diversa modalità. Per Bocca di Caset, il contributo delle specie cosiddette “irruttive” è stato determinante: la cincia mora ha registrato un record storico (2874), risultando la specie più catturata, seguita dai lucherini, con 2392 esemplari inanellati. Anche il crociere, tipica specie nomadica ed invasiva, ha raggiunto un nuovo massimo per la stazione, con 890 individui, catturati prevalentemente tra agosto e settembre. Alla Stazione del Passo del Broccon, attiva dalla fine di settembre ad ottobre, più della metà degli uccelli monitorati sono stati pettirossi (4.089, 978 dei quali catturati in una sola notte). A questi sono andati aggiungendosi fringuelli, cince more e regoli, con un passo significativo, seppur nella media.

Contenute, nonostante i numeri, le ricatture straniere: a Bocca di Caset un lucherino con anello dello schema austriaco e due individui (un luì bianco e un crociere) inanellati nella vicina stazione di Passo Spino. Di origine mitteleuropea le ricatture registrate al Passo del Broccon: un gufo comune e un pettirosso con anelli della Repubblica Ceca e un fringuello polacco.

Il gufo comune (Asio otus) con anello ceco, catturato al Passo Broccon.

Il notevole numero di specie censito (76 a Bocca di Caset e 60 al Passo del Broccon) conferma il valore ecologico e naturalistico dei due valichi, sia durante la migrazione post-riproduttiva degli uccelli sia per le specie residenti. Non sono poche inoltre le specie inserite nell’Allegato I della Direttiva “Uccelli”: albanella reale, fagiano di monte, francolino di monte, gufo di palude, civetta nana, civetta capogrosso, succiacapre, picchio nero, picchio cenerino, tottavilla, pettazzurro, averla piccola, ortolano.

Non solo inanellamento – A loro si aggiungono altri gruppi di specie (odonati, sfingidi e chirotteri), monitorati anche questi per la loro importanza dal punto di vista conservazionistico. Un dato su tutti è quello che riguarda la cattura di una nottola gigante presso Bocca di Caset e che rappresenta il secondo dato in assoluto per il Trentino.

L’attività delle due stazioni è stata possibile grazie al contributo fisico e mentale dei tanti collaboratori, volontari ed appassionati che hanno partecipato nel corso di questi intensi mesi di lavoro e monitoraggio.

A tutti loro va il grazie dello staff MUSE:

La cincia mora (Periparus ater), una delle protagoniste della migrazione 2019.

Alessandro Ardoino, Alessandro Forti, Alessandro Micheli, Alessandro T., Alvise Luchetta, Andrea Bianchi, Andrea Galimberti, Andrea Pontalti, Angelo Alberi, Antonella Bini, Arianna Vettorello, Beate Finger, Benedetta Bianchi, Bepi Tormen, Bianca Zoletto, Camilla Spagnol, Carlotta Bonaldi, Cecilia Baldoni, Chiara Paniccia, Claudia Viganò, Dalì Stocco, Daniela Serafin, Diana Sciandra, Domenico Vassallo, Elena Zamprogno, Elisa Mancuso, Elisabetta Chierici, Emiliano Tomasi, Emma Osele, Enrica Pollonara, Enrico Ceresa, Eugenio Osele, Evelyn Basso, Federica Bertola, Francesca Brigenti, Francesca Roseo, Francesco Carpita, Gaia Bazzi, Gaia Boso, Giacomo Assandri, Giacomo Imbalzano, Giacomo Osele, Giovanni Colombo, Giovanni Nichele, Giovanni Zanardi, Giuliano Caliari, Giuliano Sartori, Giuseppe Melchiori, Giuseppe Molinari, Ibra Monti, Ilaria Brotto, Laura Eccel, Laura Ropelato, Laura Tomasi, Leonardo Siddi, Linda Colligiani, Lorenzo Guagliardo, Luca P., Luca Roner, Lucio Uber, Marco Morbioli, Marlis Forcher, Martina Cadin, Martina Zanetti, Matteo Di Nardo, Matteo Sartori, Mattia Bacci, Maurizio Ceccarelli, Mauro Del Sere, Mauro Luchetta, Mia Vassallo, Michelangelo Morganti, Michele Menegon, Michele Pes, Michele Segata, Mimma Alberi, Nicolò Santoni, Nicolò Vassallo, Ornella Luchetta, Oscar Cimarolli, Oskar Niederfriniger, Paula Lorenzo, Petra Schattanek, Riccardo Gambogi, Sergio Giuseppe Fasano, Silvana De Col, Stephanie Vaillant, Tanja Dirler, Ylenia Zadra.

Per seguire l’attività delle Stazioni aderenti al Progetto ALPI, visita il sito ufficiale: http://progetto-alpi.muse.it/

Finché c’è neve…c’è speranza!

by Mattia Brambilla on

I viaggi di foraggiamento nel fringuello alpino

Le nostre conoscenze sull’ecologia dell’avifauna alpina si arricchiscono di un nuovo, prezioso tassello. Un recente lavoro svolto dai ricercatori della sezione, in collaborazione con colleghi di altre istituzioni italiane, ha indagato per la prima volta i fattori ecologici che determinano le caratteristiche dei viaggi di foraggiamento nel fringuello alpino (Montifringilla nivalis) sulle Alpi centrali.

Si tratta di uno dei pochissimi studi che hanno valutato in maniera quantitativa l’argomento per quanto riguarda le specie d’alta quota. I viaggi alla ricerca del cibo per i pulcini sono un aspetto chiave dell’ecologia delle specie ornitiche (e non solo) e comprendere i meccanismi che li regolano può aiutare a capire meglio l’ecologia riproduttiva di una specie, anche per quanto riguarda le potenziali implicazioni per la sua conservazione. Lo studio, recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Ornis Fennica, ha riguardato i fattori stagionali, meteorologici, ambientali e sociali e il loro effetto sulla distanza e sulla durata di 309 viaggi di foraggiamento compiuti da adulti (appartenenti a 35 coppie) durante l’allevamento dei nidiacei, nel biennio 2015-2016.
I viaggi hanno avuto una durata media di 6.12 minuti e una lunghezza media di 175 m (distanza dal nido). Durata e lunghezza appaiono naturalmente correlate tra loro, ma la durata dei viaggi risulta influenzata anche dal vento, che comporta più tempo per il reperimento del cibo, e dalla neve. I viaggi di foraggiamento durano infatti di più quando gli adulti frequentano punti con copertura parziale di neve (es. margini di chiazze nevose).

Similmente, la lunghezza dei viaggi risulta anch’essa maggiore in corrispondenza di visita a siti con parziale copertura nevosa. Il fatto che gli adulti spendano più tempo e coprano maggiori distanze per raggiungere aree con copertura intermedia di neve suggerisce che i margini delle chiazze nevose siano utilizzati per raccogliere prede anche per sé stessi, oppure per raccoglierne un maggior numero da portare al nido. Questo appare pienamente coerente con i risultati degli studi precedenti, che dimostrano come i margini delle chiazze di neve siano un ambiente cruciale per il foraggiamento della specie. Con la riduzione della copertura nevosa durante la stagione riproduttiva della specie, attesa a causa del riscaldamento climatico, è possibile prevedere effetti molto severi sulle dinamiche di foraggiamento della specie. Conservare ambienti idonei alla cattura delle prede (es. praterie alpine con erba bassa) nei dintorni dei nidi sarà cruciale per contenere gli impatti negativi.