Il censimento delle garzaie, le colonie di nidificazione degli Ardeidi, rappresenta una delle più tradizionali indagini ornitologiche condotte nei nostri territori. Lo studio dei siti dove una o più specie di aironi costruisce i propri nidi permette infatti di conoscere gli andamenti delle loro popolazioni, offrendo inoltre indizi sullo stato di salute delle zone umide in cui le garzaie si concentrano.

Pochi giorni fa è stato pubblicato online il resoconto dell’ultimo censimento, svolto durante il 2017 nei territori del Veneto e delle Provincie di Trento e Bolzano. L’indagine ha riguardato 7 specie di Ardeidi (airone cenerino, garzetta, nitticora, airone rosso, airone guardabuoi, sgarza ciuffetto e, dove presente, airone bianco maggiore) e 2 di Falacrocoracidi (cormorano, marangone minore), distribuite su un totale di 145 garzaie.
Già ad un rapido sguardo, i dati raccolti offrono una panoramica significativa sullo stato di queste specie di uccelli nell’area di studio. Il numero di coppie presenti si aggira tra le 6300 e le 6800 coppie, con dimensioni medie di 45 coppie per garzaia, raggiungendo però anche punte di più di 100 coppie (in 17 siti). 8 le garzaie rilevate in Provincia di Bolzano, 10 in quella di Trento e 127 in Veneto. È stata accertata la nidificazione di nove specie: airone cenerino (2216-2420 coppie), airone guardabuoi (630- 661), garzetta (707-780), nitticora (324-358), airone rosso (266-280), airone bianco maggiore (2), sgarza ciuffetto (29-33), cormorano (930-952) e marangone minore (1195-1322), mentre la riproduzione dell’ibis sacro è da considerarsi solo possibile.
Per la Regione Veneto, dove la serie storica di dati risale al 1987, è stato possibile anche compiere alcune riflessioni sul trend delle popolazioni: dopo una fase di crescita più o meno accentuata tra il 1987 ed il 2000, il numero di ardeidi coloniali si era successivamente stabilizzato, mantenendosi attorno alle 4000 coppie.

Dal 2000 al 2017 gli andamenti delle singole specie sono contrastanti: in aumento forte o molto forte airone cenerino e airone guardabuoi, in marcato decremento garzetta e aione rosso. Per nitticora e sgarza ciuffetto le valutazioni sono meno sicure. Negli stessi anni, le popolazioni di cormorano e marangone minore si sono invece caratterizzate per un aumento decisamente più marcato.
I risultati ottenuti sono il frutto della collaborazione tra diverse realtà trentine e venete, attive a livello locale: Ass. Sagittaria, Ass. Verona Birdwatching, Ass. Venezia Birdwatching, Ass. Faunisti Veneti, Gruppo Nisoria, LIPU PD, MUSE, Dolomiti Birdwatching, Po Delta Birdwatching. Un bell’esempio di azione sinergica, che rivela le grandi potenzialità e applicazioni della “scienza partecipata” (Citizen Science) e che proseguirà anche nel 2019.

Per saperne di più, scaricate il PDF del resoconto completo al seguente link:
PDF alta risoluzione (22 MB) https://www.birdingveneto.eu/garzaie/garzaie_biveneto_2017.pdf
PDF bassa risoluzione (2 MB) https://www.birdingveneto.eu/garzaie/garzaie_biveneto_2017_low.pdf

oppure visitate il sito https://www.birdingveneto.eu/garzaie/garzaie.html

Risale al 2013 la prima segnalazione di Gambero della Louisiana (Procambarus clarkii) presso il Lago di Lagolo. Si tratta di una specie aliena invasiva originaria del Sud degli Stati Uniti. Marrone-rossastro da adulto, sulle tinte grigie da giovane, ha dimensioni comprese tra i 10 e i 20 cm; nel 1973 viene introdotta in Spagna per l’allevamento e oggi è diffusa in 13 Paesi europei. Le modalità con cui questo animale ha raggiunto il piccolo laghetto in Valle dei Laghi sono ancora oggi sconosciute: potrebbe essere avvenuta involontariamente, magari attraverso l’introduzione di giovani gamberi insieme al pesce durante le semine, oppure volontariamente.

A seguito della segnalazione, la Rete di Riserve del Basso Sarca si è adoperata per la realizzazione di un’azione di controllo/eradicazione, che ha visto affidare all’Unita di Idrobiologia della Fondazione Edmund Mach l’elaborazione di uno studio di fattibilità. La fase preliminare, cominciata l’8 ottobre scorso, si è concretizzata attraverso un’attività di cattura-marcatura-ricattura, finalizzata alla raccolta di informazioni sul numero di gamberi presenti nel lago e sulle zone di maggior concentrazione di individui, utili ad elaborare la strategia più efficacie per l’eradicazione, o per lo meno il contenimento, della popolazione. Operazione questa da svolgersi nel prossimo triennio.
Sono state così posizionate nel lago 48 trappole per gamberi, distribuite su 3 transetti posti a profondità diverse e innescate con mangime a base di pesce. Il giorno seguente, gli animali catturati sono stati caratterizzati per sesso, sottoposti al rilievo di peso e lunghezza e marcati mediante pennarello indelebile e quindi sono stati rilasciati. L’operazione è stata ripetuta per quattro giorni consecutivi. I gamberi catturati nel corso dell’ultima giornata di attività sono stati rimossi e smaltiti secondo le disposizioni previste dalla legge.

La necessità di rimuovere questi animali è strettamente connessa al carattere invasivo della specie, che per la sua aggressività è anche nota con il nome di “gambero killer”. Quando giunge in un nuovo ecosistema, può alterarne significativamente l’equilibrio, causando la drastica riduzione della vegetazione, degli invertebrati acquatici e degli anfibi. Pur vivendo in media poco più di 1 anno, è incredibilmente resistente, riuscendo ad adattarsi anche agli ambienti fortemente degradati, con acque poco ossigenate, salmastre e inquinate. Tollera ampie escursioni termiche e può sopravvivere anche per lunghi periodi fuori dall’acqua. I suoi effetti si estendono quindi anche al di fuori dell’ambiente acquatico: l’intensa attività di scavo che precede la costruzione delle tane causa gravi instabilità nelle sponde e significativi sono anche i danni alle coltivazioni che può frequentare durante il foraggiamento. Un’altra grave minaccia è rappresentata infine dalla “peste del gambero”, un fungo letale per i gamberi europei di cui P. clarkii è vettore.

Per saperne di più: Le proposte d’intervento per il controllo/eradicazione della specie, come previsto dalla normativa europea e nazionale sulle specie aliene invasive, sono state descritte nel Piano di gestione per il gambero di fiume in Trentino, realizzato nell’ambito dell’azione C10 del Progetto europeo LIFE+TEN e pubblicato nel 2017 (Piano di Gestione del Gambero di fiume in Trentino).

 

Con l’inizio di ottobre, la stazione di Bocca Caset raggiunge i due mesi di attività. Un lasso di tempo sufficiente per fare le prime considerazioni sull’andamento della migrazione…

La gran parte dei migratori a lungo raggio, quelli che svernano nell’Africa sub-sahariana, è ormai passata: balie nere, codirossi comuni, luì grossi, balestrucci e prispoloni inanellati nei giorni scorsi altro non sono che la “coda” della migrazione transalpina di questo gruppo di specie, altrimenti concentrata tra la fine di agosto e l’inizio di settembre.
Per quanto riguarda i numeri totali, rispetto allo stesso periodo del 2017, il 2018 è stato decisamente meno abbondante, con uno scarto di quasi 1000 uccelli (1700 contro più di 2600). A mancare sono state soprattutto le balie nere, con circa la metà degli individui inanellati (meno di 500 a dispetto delle oltre 1000 dell’anno scorso), mentre il passaggio di luì grosso e codirosso comune si è mantenuto simile (90 e 50 rispettivamente). All’appello mancano poi diverse cince more, crocieri e lucherini, i cui spostamenti invasivi avevano caratterizzato la stagione migratoria alpina 2017.

Anche la presenza degli uccelli locali è stata molto scarsa: cince alpestri e dal ciuffo, regoli, rampichini alpestri, passere scopaiole, tordi bottacci, ciuffolotti, pettirossi, picchi e civette sembrano aver risentito di una stagione riproduttiva difficile. I giovani nati nei dintorni della stazione da noi inanellati sono stati davvero pochi, suggerendo uno scarso successo riproduttivo nella primavera-estate 2018. Decisamente in contro tendenza è stato invece l’andamento della migrazione del pettirosso: nella sua prima fase, cominciata a inizio settembre, abbiamo catturato circa il doppio di uccelli rispetto allo stesso periodo del 2017 (circa 500 vs 250).

Oscillazioni così marcate tra un’annata e l’altra non devono sorprendere, poiché l’abbondanza delle diverse specie migratrici è il risultato dell’interazione di numerosi fattori: il successo riproduttivo nelle aree geografiche di origine, le condizioni meteorologiche e climatiche nella regione alpina durante l’attraversamento e quelle locali, nel luogo di inanellamento. Con l’inizio di ottobre aspettiamo il picco dei migratori a corto raggio: fringuelli, lucherini, tordi bottacci e pettirossi, attraverseranno il valico di Bocca Caset per dirigersi nell’Europa meridionale e nel Nord-Africa, dove trascorreranno l’inverno.

Ricordiamo infine che dal 21 settembre il monitoraggio della migrazione sui valichi trentini si è ulteriormente intensificato, con l’apertura della seconda stazione di inanellamento gestita dal MUSE – Museo delle Scienze, presso il Passo Brocon nel Tesino (Trentino Orientale). A entrambe le stazioni resta poco meno di un mese di attività: Bocca di Casét proseguirà fino al 26 ottobre, il Passo del Brocon fino al 21 ottobre.
Entrambe le stazioni sono liberamente visitabili, con l’opportunità di osservare da vicino le operazioni di inanellamento e di interagire con i ricercatori. Per rimanere sempre aggiornati sulle ultime novità dalle Stazioni, vi invitiamo a seguire le pagine Facebook dedicate:

Stazione di inanellamento e monitoraggio Caset
Passo del Brocon – Stazione di inanellamento a scopo Scientifico (Pagina FB) e Amici del Brocon (Sito web)