La pernice bianca (Lagopus muta) è una specie incredibilmente adattata ai climi freddi e, per lungo tempo, questa sua specializzazione le ha consentito di sopravvivere alle difficili condizioni degli ambienti artici e alpini. Oggi però il bilancio delle sue popolazioni appare tutt’altro che positivo: il suo areale di presenza sta subendo una graduale contrazione, costringendo la pernice a spostarsi verso latitudini maggiori o quote più elevate, accentuando la frammentazione e l’isolamento delle popolazioni. Per la Lista Rossa Nazionale si tratta di una specie «vulnerabile» (VU); BirdLife International la classifica invece come SPEC 3, vale a dire «specie la cui popolazione globale non è concentrata in Europa, ma che in Europa presenta uno stato di conservazione sfavorevole». Tra i principali fattori ritenuti responsabili di questo declino, un ruolo di primo piano spetta al cambiamento climatico, i cui effetti colpiscono gli ambienti montani con particolare intensità.

 

Ph. Mauro Mendini

 

Queste le premesse che hanno portato Lipu/BirdLife Italia e MUSE a promuovere un convegno dedicato alla specie. L’evento è riuscito a richiamare circa 140 persone fra ricercatori, amministratori, tecnici del settore e appassionati, offrendo loro un’occasione di incontro e di aggiornamento sullo stato delle conoscenze relativamente a questa specie e agli effetti del cambiamento climatico sulle sue popolazioni.
Il programma, ricco di interventi, è stato preceduto dai saluti di Paolo Pedrini del MUSE e di Maurizio Zanin della Provincia Autonoma di Trento, che ha sottolineato l’importanza di tenere vivo l’interesse della società nei confronti delle specie, al fine di garantirne la conservazione e la sopravvivenza. Significative anche le parole di Claudio Celada, di Lipu/BirdLife Italia, che ha affermato: «la pernice è simbolo dell’alta quota, della natura incontaminata, ma anche della minaccia rappresentata dal cambiamento climatico. Non vorremmo che questo uccello diventasse anche il simbolo di una grande sconfitta». Simili preoccupazioni e speranze sono state quindi condivise da Sergio Merz, delegato della Sezione Lipu di Trento.

Tra i relatori della mattinata, Niklaus Zbinden (Università di Berna), con una presentazione dedicata all’ecologia della specie e al suo stato di conservazione in Svizzera. A seguire, Dan Chamberlain (Università di Torino), che ha richiamato l’attenzione sugli effetti del clima sull’avifauna alpina, e Simona Imperio, dell’ISPRA, che, presentando insieme a Radames Bionda uno studio sulla pernice bianca nelle Alpi occidentali, ha illustrato i tanti fattori che contribuiscono al suo declino nelle Alpi: il ritardo nella data di innevamento, che causa problemi di mimetismo; l’innalzamento della temperatura al di sopra del range ideale per la specie; lo stress arrecato dalle attività di outdoor (sci alpinismo, impianti di discesa, mountain-bike…); l’impatto venatorio che, nonostante lo status sfavorevole della specie, continua a persistere in gran parte dei distretti alpini.

 

Ph. Archivio MUSE

 

Nel pomeriggio, le relazioni sono proseguite con una panoramica dello stato delle popolazioni di pernice bianca in diverse aree protette dell’arco alpino: Parco regionale Alpe Veglia e Devero, Parco Naturale Val Troncea, Dolomiti Bellunesi, Gran Paradiso. In chiusura, la tavola rotonda con i rappresentanti delle regioni alpine, dei parchi, insieme al delegato CIPRA Italia e all’Associazione dei Cacciatori Trentini, ha focalizzato il dibattito sulla multiformità della realtà alpina, sulle azioni messe oggi in atto in risposta ai tanti fattori di minaccia, individuando nella chiusura della caccia una possibile azione a supporto di una specie ormai fortemente minacciata.
Il quadro delle sfide da affrontare per superare una situazione preoccupante è complesso, ma al tempo stesso stimolante, obbligando tutti a porre una maggiore attenzione per uno sviluppo sostenibile, rispettoso delle Alpi nel loro insieme, capace di saper leggere i cambiamenti in atto e mitigare le attività antropiche che ne amplificano gli effetti. «Perché si possa dire che la giornata sulla pernice abbia avuto esito positivo – hanno sottolineato i curatori dell’evento – sarà fondamentale darle un seguito concreto». E su questa strada si muoveranno i prossimi passi.

Foto di copertina: Pernice bianca – Ph. Mauro Mendini

Il programma della giornata

Il video della conferenza Parte 1 – Parte 2 – Parte 3

 

 

Ph. Archivio MUSE

Large carnivore attacks on humans: a worldwide study to investigate spatial-temporal patterns, triggering factors, scenarios, and species attributes” è il titolo del progetto di dottorato che, da settembre 2016, sto svolgendo in parternariato con il MUSE presso la UMIB (Research Unit of Biodiversity) dell’Universidad de Oviedo (Spagna). Supervisori del progetto sono Vincenzo Penteriani, María del Mar Delgado (Universidad de Oviedo, Spagna) e Paolo Pedrini (MUSE). Scopo ultimo dell’intera ricerca è quello di analizzare differenti aspetti relativi agli attacchi di grandi carnivori all’uomo a livello mondiale per capirne le dinamiche e ricavare informazioni utili a migliorare la comprensione e la gestione di questo tipo di conflitti.

Il progetto prevede la creazione di una banca dati a scala mondiale, contenente informazioni di varia natura riguardanti gli attacchi di grandi carnivori avvenuti a partire dagli anni ’80 (es. data e localizzazione dell’attacco, caratteristiche della vittima e del carnivoro coinvolti). I dati permetteranno di ricostruire potenziali pattern spazio-temporali degli attacchi, individuare gli elementi ricorrenti, così come i fattori che possono aver determinato il crearsi di una situazione di rischio.
La ricerca proseguirà quindi con un confronto degli scenari e delle caratteristiche degli attacchi in contesti caratterizzati da differenze nella struttura della società umana, nella cultura locale, nelle tipologie di attività agro-pastorali e ricreative praticate, così come nell’abbondanza e distribuzione delle diverse specie di grandi carnivori e nella densità di popolazione. Le informazioni ottenute da questo studio apriranno la strada a ad ulteriori lavori di meta-analisi di grande interesse e utilità per l’individuazione di soluzioni volte a prevenire questo tipo di incidenti e, di conseguenza, a mitigare i conflitti tra uomo e grandi carnivori.

Per saperne di più sui risultati pubblicati nell’ambito del progetto visitate il mio profilo Researchgate. Nel sito http://www.cantabrianbrownbear.org/ troverete invece altri progetti sull’orso bruno della Cordigliera Cantabrica, a cui sto partecipando come parte del CANTABRIAN BROWN BEAR RESEARCH GROUP.

Foto: Vincenzo Penteriani

Al termine della serata, in una Sala Conferenze gremita di gente, il pubblico si scambiava pareri e commenti sull’incontro appena terminato. C’è chi l’ha definito «un toccasana per il cuore e per l’anima», chi affermava «immagini emozionanti, poesia pura!» e chi ancora incredulo diceva «il sonoro dell’ultima parte è stato qualcosa di incredibile!».

Insomma, l’appuntamento con il fotografo naturalista Bruno d’Amicis è stato un vero successo! Se ve lo siete perso, non vi preoccupate: vi basterà cliccare sul link sottostante per gustarvi la registrazione integrale della serata, direttamente dalla Pagina Facebook del MUSE. Sarà Bruno stesso a raccontarvi dei suoi viaggi, delle fatiche e delle soddisfazioni; a parlare di natura, di specie preziose, di paesaggi e di conservazione. Buona visione!

https://www.facebook.com/musetrento/videos/10157175363613574/