Grandi Carnivori

Lupus in stabula

by Giulia Bombieri on

Al via il nuovo studio sulle dinamiche di predazione da lupo sul bestiame domestico in Trentino.

Qual è l’impatto del lupo sulle attività zootecniche in Trentino? Quali sono le categorie di bestiame maggiormente colpite? Quali i fattori che influenzano il verificarsi delle predazioni? Esistono delle strategie di prevenzione efficaci?

Sono queste alcune delle domande a cui cercherà di rispondere il nuovo progetto di ricerca coordinato dal MUSE “Lupus in stabula: analisi delle dinamiche di predazione da lupo sul bestiame domestico in Trentino” e finanziato dalla Fondazione Cassa Rurale di Trento. Indagando con approccio scientifico le situazioni e i contesti in cui si verificano predazioni sul bestiame da parte del lupo nel territorio provinciale trentino, la ricerca approfondirà i diversi aspetti che caratterizzano il fenomeno: l’andamento negli anni, il rapporto con le misure di prevenzione, i fattori ambientali e gestionali che possono aumentare il rischio di predazione.

Grazie al supporto della Fondazione, il MUSE, in accordo con il Settore Grandi Carnivori del Servizio Faunistico della PAT, è ancora una volta impegnato nel dare il proprio contributo scientifico alla gestione del lupo in Trentino, per una più agevole convivenza che sia d’aiuto soprattutto a quelle attività umane rurali funzionali alla conservazione della biodiversità e dei paesaggi nelle nostre montagne.

Gregge di pecore sorvegliato da un cane da guardiania. Trentino, luglio 2022.

Un buffet per il lupo?

by Giulia Bombieri on

Il ruolo delle mangiatoie per ungulati selvatici nelle dinamiche preda-predatore in Val di Fassa (Trentino).

Ha preso il via in questi giorni il progetto di studio sulle dinamiche preda-predatore presso i siti di foraggiamento artificiale per ungulati selvatici in Trentino, precisamente in Val di Fassa. Si tratta di una delle azioni concordate nell’accordo di collaborazione tra MUSE e Associazione Cacciatori Trentini (ACT), nell’ambito del Programma di Stewardship di LWA EU. Il Programma di Stewardship promuove e gestisce la co-progettazione e la realizzazione di azioni concrete sviluppate insieme a quei portatori di interesse (Stewards) che decidono di prendere parte attiva nella conservazione e gestione del lupo sulle Alpi.

Un gruppo di circa 30 mufloni fotografati a pochi metri da una grossa mangiatoia in Val di Fassa a gennaio 2021. Foto: G. Bombieri

Cranio di muflone femmina recentemente predato dal lupo e rinvenuto presso la stessa mangiatoia a febbraio 2021. Foto: G. Bombieri.

L’idea è nata da un interesse specifico dell’ACT, in seguito alle numerose predazioni su ungulati, in modo particolare mufloni, ma anche cervi e caprioli, registrate negli ultimi anni proprio nelle immediate vicinanze di siti di foraggiamento artificiale. Tali mangiatoie, distribuite lungo tutta la valle, vengono caricate di fieno dai cacciatori durante i mesi invernali, con l’obiettivo di aumentare la sopravvivenza degli ungulati selvatici nel periodo più rigido dell’anno (ricordiamo che in provincia di Trento tale pratica è permessa e regolamentaa dalla deliberazione della Giunta provinciale n. 2852 del 30 dicembre 2013 relativa alle strutture per il foraggiamento della fauna selvatica). Con il ritorno del lupo, tuttavia, l’aggregazione di ungulati attorno alle mangiatoie potrebbe creare dei veri e propri buffet per il predatore, soprattutto in inverni molto nevosi e rigidi. Questo sembra essere particolarmente evidente per il muflone, specie non autoctona e introdotta in provincia a fine venatorio a partire dagli anni ‘70. Originaria di aree prive di grandi predatori, la specie non presenta comportamenti anti-predatori. Inoltre, in inverno tende a raggrupparsi in grandi numeri presso i siti di foraggiamento, rappresentando una facile preda per il lupo, soprattutto quando la neve è particolarmente alta.

L’obiettivo dello studio è quello di fornire un quadro dettagliato della dinamica di predazione del lupo in un’area particolarmente interessata dalla presenza di mangiatoie, nonché sede della popolazione più numerosa di mufloni sul territorio provinciale.

I siti interessati verranno monitorati in maniera sistematica e intensiva tra gennaio e marzo 2022 dal personale del MUSE e dell’ACT, con il supporto del personale del Corpo Forestale della Provincia Autonoma di Trento e dei custodi forestali, grazie all’impiego di fototrappole e di sopralluoghi diretti al fine di registrare eventuali indici di presenza e predazioni da lupo.

Una delle mangiatoie che verranno monitorate tramite fototrappola e sopralluoghi tra gennaio e marzo 2022. Foto: G. Bombieri.

 

Restituire una fotografia oggettiva della presenza di orsi problematici in provincia di Trento e nelle Alpi centro orientali; fornire una stima del numero di individui problematici che potrebbero comparire nei prossimi anni; valutare l’efficacia delle modalità di intervento indicate dal Piano d’Azione interregionale per la Conservazione dell’Orso Bruno sulle Alpi Centro-Orientali (PACOBACE). Sono queste le tre direttrici attorno a cui si è sviluppato il lavoro dei ricercatori ISPRA e MUSE per la stesura del rapporto tecnico recentemente diramato dalla Provincia Autonoma di Trento.

Nell’inquadrare la situazione attuale, il rapporto analizza nel dettaglio la casistica delle situazioni critiche registrate tra il 2009 e il 2019.  La presenza di orsi problematici è un tratto comune a tutte le popolazioni di orso. La proporzione di individui che si rendono responsabili di conflitti con l’uomo rappresenta però una minima parte rispetto al totale. In Trentino, gli orsi particolarmente problematici sono stati in tutto 19, suddivisibili in differenti categorie: 6 orsi dannosi e 15 orsi pericolosi, a loro volta suddivisi in orsi confidenti (11) e orsi che hanno attaccato persone (4).

All’origine di questi comportamenti troviamo una molteplicità di fattori: le caratteristiche dell’ambiente, la compresenza di attività antropiche, le specificità della popolazione e dei singoli individui e, non ultimo, i comportamenti umani inadeguati. In questa complessità, l’importanza delle azioni di prevenzione appare evidente. Tra queste rientrano l’installazione di cassonetti dei rifiuti “anti-orso” e di recinzioni a difesa delle attività apistiche, agricole e zootecniche, l’informazione diffusa sui comportamenti più corretti da tenere.

Grado di problematicità dei possibili comportamenti di un orso e relative
azioni previste dal PACOBACE. Le lettere i-j-k stanno rispettivamente per: cattura con rilascio allo scopo di spostamento e/o radiomarcaggio; cattura per captivazione permanente; abbattimento.

Nel sondare lo sforzo proattivo svolto fino ad oggi dal Servizio competente della Provincia, il rapporto getta uno sguardo anche al futuro, provando ad inquadrare l’insorgenza di nuove situazioni conflittuali alla luce dell’evoluzione demografica della popolazione trentina di orso tracciata dai modelli. Ad oggi, appare chiaro che gli interventi di gestione messi in atto e altre cause antropiche di mortalità hanno contribuito a mantenere il numero di animali problematici relativamente stabile. Con una stima di circa 130 animali nel 2025 (piccoli dell’anno esclusi), i risultati suggeriscono che nei prossimi 5 anni, il numero di orsi che potrebbe manifestare comportamenti problematici si aggiri intorno ai 5 individui (in media 1/anno), arrivando a 15, nello scenario più pessimista.

Le proiezioni riguardanti la demografia della popolazione e l’insorgenza di orsi problematici nei prossimi 5 anni.

Nel trattare queste previsioni (e i relativi limiti interpretativi), il rapporto dedica anche un’analisi approfondita alle criticità legate alla misura gestionale più energica indicata dal PACOBACE: la rimozione. Tale azione, che fino ad oggi si è tradotta per lo più in una captivazione permanente, in un futuro prossimo e a lungo termine, è ritenuta insostenibile per diverse ragioni: i costi di mantenimento per orsi e strutture nel lungo periodo; le criticità in termini di benessere animale; l’impossibilità di rilasciare nuovamente in natura animali ormai abituati all’uomo. È chiaro, dunque, che in presenza di un orso per il quale ogni azione di prevenzione e dissuasione si sia dimostrata inefficace l’abbattimento potrebbe rendersi un’opzione necessaria e inevitabile. Si tratterà in ogni caso di una decisione fondata sulla ricostruzione oggettiva dei fatti e sulla storia individuale dell’orso problematico.

Le evidenze dirette ed estratte dalla bibliografia internazionale dimostrano che una gestione proattiva che miri a prevenire l’insorgere di comportamenti problematici, in particolare confidenti verso l’uomo, rappresenta una strategia molto più efficace rispetto alla gestione reattiva (e.g. dissuasione o rimozione degli individui) e può evitare il manifestarsi di criticità di gestione limitando i conflitti sociali.

Il Rapporto sottolinea quindi la priorità di rafforzare gli sforzi tesi a prevenire l’insorgenza di comportamenti potenzialmente pericolosi ed il verificarsi di condizioni di rischio, in particolare riducendo le probabilità di condizionamento alimentare e di avvicinamento a centri abitati e altre strutture umane tramite l’implementazione di azioni specifiche. Viene ribadita inoltre l’importanza delle azioni di comunicazione e di un monitoraggio attento della popolazione e delle situazioni di rischio al fine di garantire interventi efficaci nelle situazioni critiche ed una corretta informazione della popolazione.

Viene inoltre segnalata la necessità di una migliore e più trasparente rendicontazione da parte della Provincia Autonoma di Trento di tutti gli episodi potenzialmente critici, al fine non solo di garantire valutazioni tecniche accurate da parte di enti esterni, ma anche di evitare la circolazione di notizie false o inaccurate riguardo tali episodi, che contribuirebbero all’esacerbarsi di conflitti sociali.