Cambiamenti climatici

Il 2019 regala le prime soddisfazioni per gli studenti e ricercatori ospitati dalla Sezione:

Luca Roner ha completato la Laurea Magistrale in Ecologia e Conservazione della Natura presso l’Università di Parma, discutendo la tesi dal titolo Ecologia trofica della salamandra alpina, Salamandra atra atra (Laurenti, 1768). La ricerca ha affrontato per la prima volta l’ecologia trofica della salamandra alpina, specie inserita nell’allegato IV della Direttiva Habitat.
La raccolta dati, avvenuta presso il Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino, è stata effettuata con la tecnica dello stomach flushing e con l’utilizzo di trappole a caduta (pitfalls), che hanno fornito dati sulla disponibilità trofica totale e notturna. I dati analizzati hanno permesso di ottenere informazioni sulla strategia trofica e la selettività delle prede nella salamandra alpina, evidenziando inoltre l’importanza della considerazione dell’etologia della specie nella pianificazione della raccolta dati.

 

Salamandra alpina (Salamandra atra atra). Ph. MIchele Chiacchio

 

Davide Scridel ha invece conseguito il Dottorato di Ricerca presso l’Università di Pavia, discutendo la tesi Alpine birds and climate change (Gli uccelli e il cambiamento climatico). La ricerca, quantomai attuale, ha esaminato le evidenze degli impatti dei cambiamenti climatici sulle popolazioni di avifauna di montagna su scala olartica, in termini di fisiologia, fenologia, interazioni trofiche, demografia e spostamenti di distribuzione osservati e previsti, considerando anche gli effetti di ulteriori fattori che interagiscono con i cambiamenti climatici, inasprendone o attenuandone gli effetti. Altro aspetto di indagine è quello che ha consentito una prima formulazione di una classificazione oggettiva dell’avifauna di montagna in “specialisti” e “generalisti”.
Significativo anche il focus sulla realtà italiana, utilizzata come caso-studio, e per la quale è stata dimostrata l’esistenza di una relazione tra il clima e i cambiamenti nella distribuzione degli uccelli negli ultimi 30 anni Tra le specie meglio approfondite, il fringuello alpino Montifringilla nivalis specie particolarmente sensibile ai cambiamenti climatici e utilizzata come modello al fine di migliorare le attuali conoscenze su biologia, ecologia e aspetti demografici delle specie d’alta quota e chiarire i meccanismi che determinano il declino dell’avifauna di montagna. I numerosi dati raccolti e le informazioni approfondite hanno infine permesso di sviluppare e proporre approcci conservazionistici innovativi per far fronte agli impatti del cambiamento climatico, su larga e piccola scala.

A entrambi vanno le nostre congratulazioni e i migliori auguri per una proficua continuazione delle loro attività.

Fringuello alpino (Montifringilla nivalis). Foto gentilmente concessa da Marco Melotti – Rifugio Bocca di Selva.

 

La pernice bianca (Lagopus muta) è una specie incredibilmente adattata ai climi freddi e, per lungo tempo, questa sua specializzazione le ha consentito di sopravvivere alle difficili condizioni degli ambienti artici e alpini. Oggi però il bilancio delle sue popolazioni appare tutt’altro che positivo: il suo areale di presenza sta subendo una graduale contrazione, costringendo la pernice a spostarsi verso latitudini maggiori o quote più elevate, accentuando la frammentazione e l’isolamento delle popolazioni. Per la Lista Rossa Nazionale si tratta di una specie «vulnerabile» (VU); BirdLife International la classifica invece come SPEC 3, vale a dire «specie la cui popolazione globale non è concentrata in Europa, ma che in Europa presenta uno stato di conservazione sfavorevole». Tra i principali fattori ritenuti responsabili di questo declino, un ruolo di primo piano spetta al cambiamento climatico, i cui effetti colpiscono gli ambienti montani con particolare intensità.

 

Ph. Mauro Mendini

 

Queste le premesse che hanno portato Lipu/BirdLife Italia e MUSE a promuovere un convegno dedicato alla specie. L’evento è riuscito a richiamare circa 140 persone fra ricercatori, amministratori, tecnici del settore e appassionati, offrendo loro un’occasione di incontro e di aggiornamento sullo stato delle conoscenze relativamente a questa specie e agli effetti del cambiamento climatico sulle sue popolazioni.
Il programma, ricco di interventi, è stato preceduto dai saluti di Paolo Pedrini del MUSE e di Maurizio Zanin della Provincia Autonoma di Trento, che ha sottolineato l’importanza di tenere vivo l’interesse della società nei confronti delle specie, al fine di garantirne la conservazione e la sopravvivenza. Significative anche le parole di Claudio Celada, di Lipu/BirdLife Italia, che ha affermato: «la pernice è simbolo dell’alta quota, della natura incontaminata, ma anche della minaccia rappresentata dal cambiamento climatico. Non vorremmo che questo uccello diventasse anche il simbolo di una grande sconfitta». Simili preoccupazioni e speranze sono state quindi condivise da Sergio Merz, delegato della Sezione Lipu di Trento.

Tra i relatori della mattinata, Niklaus Zbinden (Università di Berna), con una presentazione dedicata all’ecologia della specie e al suo stato di conservazione in Svizzera. A seguire, Dan Chamberlain (Università di Torino), che ha richiamato l’attenzione sugli effetti del clima sull’avifauna alpina, e Simona Imperio, dell’ISPRA, che, presentando insieme a Radames Bionda uno studio sulla pernice bianca nelle Alpi occidentali, ha illustrato i tanti fattori che contribuiscono al suo declino nelle Alpi: il ritardo nella data di innevamento, che causa problemi di mimetismo; l’innalzamento della temperatura al di sopra del range ideale per la specie; lo stress arrecato dalle attività di outdoor (sci alpinismo, impianti di discesa, mountain-bike…); l’impatto venatorio che, nonostante lo status sfavorevole della specie, continua a persistere in gran parte dei distretti alpini.

 

Ph. Archivio MUSE

 

Nel pomeriggio, le relazioni sono proseguite con una panoramica dello stato delle popolazioni di pernice bianca in diverse aree protette dell’arco alpino: Parco regionale Alpe Veglia e Devero, Parco Naturale Val Troncea, Dolomiti Bellunesi, Gran Paradiso. In chiusura, la tavola rotonda con i rappresentanti delle regioni alpine, dei parchi, insieme al delegato CIPRA Italia e all’Associazione dei Cacciatori Trentini, ha focalizzato il dibattito sulla multiformità della realtà alpina, sulle azioni messe oggi in atto in risposta ai tanti fattori di minaccia, individuando nella chiusura della caccia una possibile azione a supporto di una specie ormai fortemente minacciata.
Il quadro delle sfide da affrontare per superare una situazione preoccupante è complesso, ma al tempo stesso stimolante, obbligando tutti a porre una maggiore attenzione per uno sviluppo sostenibile, rispettoso delle Alpi nel loro insieme, capace di saper leggere i cambiamenti in atto e mitigare le attività antropiche che ne amplificano gli effetti. «Perché si possa dire che la giornata sulla pernice abbia avuto esito positivo – hanno sottolineato i curatori dell’evento – sarà fondamentale darle un seguito concreto». E su questa strada si muoveranno i prossimi passi.

Foto di copertina: Pernice bianca – Ph. Mauro Mendini

Il programma della giornata

Il video della conferenza Parte 1 – Parte 2 – Parte 3

 

 

Ph. Archivio MUSE

Dal 7 al 9 febbraio 2018 si è tenuto a Berna un workshop internazionale dal titolo «Prompting an international research network on biodiversity and environmental change in high alpine ecosystems», organizzato dall’Università di Berna grazie a un finanziamento da parte della Swiss National Science Foundation (FNSNF). Circa 30 i ricercatori che hanno partecipato al workshop, tutti accomunati dall’interesse per gli uccelli in ambienti alpini e artici e gli effetti del cambiamento climatico su queste specie e sulle comunità biologiche cui appartengono.

Il primo giorno ha visto l’intervento di 10 keynote speakers, provenienti da diversi paesi europei e non (nel caso di Kathy Martin, dal Canada). I due giorni successivi sono stati invece dedicati ad attività di approfondimento e progettazione sul tema, lavorando principalmente in gruppi tematici. Anche tre ricercatori della Sezione hanno partecipato al workshop: Mattia Brambilla, Giacomo Assandri e Davide Scridel.

Mattia, tra i keynote speakers del primo giorno, ha presentato un contributo intitolato: «Dead birds flying? Predicted impacts of climate change on mountain bird species are not uniform across different spatial scales», incentrato sui risultati raggiunti nell’ambito delle ricerche svolte dalla sezione sul tema biodiversità e cambiamenti ambientali. Dopo aver proposto un “inquadramento” degli uccelli montani, Mattia ha mostrato alcuni studi eseguiti a scale spaziali differenti (paesaggio, territorio e microhabitat di foraggiamento), mettendo in evidenza come l’impatto atteso dai cambiamenti climatici sia potenzialmente diverso per le stesse specie e nelle stesse aree, a seconda della scala spaziale a cui essi vengono considerati. A conclusione dell’intervento ha quindi tracciato un “bilancio” dei vantaggi e svantaggi offerti da ciascuna scala spaziale.

Averla piccola (Lanius collurio) e fringuello alpino (Montifringilla nivalis).

Il workshop ha rappresentato un’ottima occasione di confronto e aggiornamento su tematiche di assoluto rilievo e attualità: i cambiamenti climatici hanno già avuto forti impatti sugli ecosistemi degli ambienti alpini (e non solo) e continueranno a esercitare un’influenza determinante per lungo tempo ancora. Le ricerche che la Sezione sta conducendo su questo tema hanno consentito di individuare alcuni importanti elementi per la conservazione della biodiversità in questo momento di forti cambiamenti e nuovi importanti elementi si stanno progressivamente aggiungendo.

Le indicazioni per la conservazione delle specie alpine spaziano dalla necessità di ridurre i conflitti con le attività antropiche, che saranno incrementati dal cambiamento climatico (v. http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/jbi.12796/full), all’importanza di preservare i siti più importanti e le principali connessioni tra popolazioni (http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/ddi.12572/full). Studi condotti con un elevato dettaglio spaziale (https://link.springer.com/article/10.1007/s10336-016-1392-9) sono invece importanti per definire raccomandazioni gestionali a scala locale per le specie più sensibili alle alterazioni dovute al cambiamento climatico.

I tre giorni trascorsi a Berna hanno portate all’elaborazione di nuove idee e strategie per approfondire la comprensione dei meccanismi influenzanti la risposta delle specie ornitiche (e degli ecosistemi più in generale) ai cambiamenti climatici. Ai partecipanti del workshop spetta ora il compito di cercare gli strumenti finanziari per tradurre in pratica gli ottimi spunti scaturiti in questi tre giorni.

Foto: Mattia Brambilla