Parco Paneveggio

Finanziati attraverso l’Operazione 7.6.1. del Piano di Sviluppo Rurale della PAT, gli studi hanno riguardato habitat e specie Natura 2000 presenti nel territorio dell’area protetta.

Fra questi, la caratterizzazione degli habitat riproduttivi della salamandra nera (Salamandra atra), con un focus particolare circa la valutazione delle possibili azioni di tutela della specie. Altra attività condotta riguarda la caratterizzazione degli habitat prativi attraverso lo studio degli effetti della gestione di questi ambienti sulla biodiversità mediante indagini mirate su alcune specie indicatrici di qualità ambientale, come l’averla piccola (Lanius collurio) e il re di quaglie (Crex crex).

Lo studio ha preso anche in esame gli habitat forestali e quelli rupicoli. Nel primo ambito è stata condotta una indagine sullo stato di conservazione degli ecosistemi forestali, attraverso lo studio di alcuni tetraonidi, con particolare riferimento al francolino di monte (Bonasa bonasia) quali specie indicatrici, mentre per gli ambienti rupicoli sono state approfondite le conoscenze su alcune specie di rapaci che nidificano in tali contesti.

Queste attività, hanno lo scopo di implementare lo stato delle conoscenze di alcune specie e habitat Natura 2000 che caratterizzano il territorio, al fine di verificare l’efficacia delle misure di conservazione adottate e di concorrere all’aggiornamento o alla implementazione delle strategie di conservazione.

Fonte della notizia: https://www.parcopan.org/una-ricerca-del-parco-e-del-muse-su-habitat-e-specie-natura-2000/

Prosegue la raccolta dati riguardanti il francolino di monte nei territori del Parco Naturale Paneveggio – Pale di San Martino. Lo studio, cominciato nel 2015, vede la collaborazione tra Museo delle Scienze di Trento, Parco Naturale Paneveggio – Pale di San Martino e Fondazione Edmund Mach, con lo scopo di approfondire biologia, ecologia e uso dell’habitat nel periodo invernale della specie. Una ricerca con caratteri di innovatività, che ricorre a tecniche genetiche non invasive e a moderni metodi statistici.

Il francolino di monte, assieme a gallo cedrone (Tetrao urogallus), fagiano di monte (Lyrurus tetrix) e pernice bianca (Lagopus muta), è una delle quattro specie di tetraonidi che si possono incontrare sull’arco Alpino. Negli ultimi 30 anni, il loro areale di distribuzione ha registrato una forte contrazione con motivazioni di varia natura: le alterazioni ambientali (es. gestione delle foreste, prati, pascoli), il bracconaggio ed i cambiamenti climatici. Tra i quattro tetraonidi, il francolino di monte resta forse il meno conosciuto: la livrea estremamente mimetica, associata ad una spiccata elusività, rendono questa specie particolarmente difficile da studiare.

Ph. Wikimedia Commons


Le ricerche, si sono concentrate in un’area di circa 700 ettari ai piedi del Monte Cimerlo, in Val Canali, a quote comprese tra i 1000 ed i 1700 m. La vegetazione del luogo appare molto diversificata: associazioni di faggio, abete rosso, abete bianco, peccete, laricete, abetine secondarie in fase matura ed ex zone prative a larice. Nelle zone ecotonali fa la sua comparsa il nocciolo, naturalmente presente insieme al sorbo degli uccellatori, al biancospino ed al sorbo montano.
Il materiale biologico destinato all’analisi genetica, consiste in campioni fecali rinvenuti nel periodo invernale lungo transetti lineari. I transetti, distanziati regolarmente l’uno dall’altro sono stati percorsi per 5 volte nel periodo tra dicembre ed aprile, raccogliendo quanti più possibili campioni appartenenti alla specie-target. Altro aspetto importante riguarda lo stoccaggio del materiale biologico campionato, con i pellet (campioni fecali) conservati in apposite provette corredate dai dati riguardanti le coordinate geografiche di ritrovamento, il transetto e la zona di rinvenimento, il numero della visita e l’id. del campione. In aggiunta a questi, al ritrovamento dei pellet si accompagnava la raccolta dei dati topografici e ambientali del sito.

 

A sinistra pista su neve di Francolino di monte (Foto M. Anderle); a destra gruppo di fatte prima di essere raccolte (Foto A. Forti).

 

Molteplici le informazioni che il DNA estratto dai campioni potrebbe fornire, tra queste: identità, sesso e dieta invernale degli individui presenti nell’area studio. Queste stessi dati aprirebbero poi la strada a stime riguardanti la densità della popolazione, home range e uso dello spazio in relazione ai vari habitat presenti tramite metodi di cattura-ricattura spaziale non-invasiva (campioni fecali).

Ringraziamenti: Alessandro Forti e Matteo Anderle che hanno contribuito equamente alla stesura del testo.

Ringraziamo inoltre: Piergiovanni Partel, Enrico Dorigatti, Gilberto Volcan, Roberto Celva, Maurizio Salvadori, Cristiano Vernesi, Barbara Crestanello, Ilaria Fracasso, Paolo Pedrini, Simone Tenan e Chiara Fedrigotti.