Biodiversità

Neve e gelo: tempo di svernare!

by Francesca Rossi on

Il censimento degli uccelli acquatici svernanti nell’ambito del programma IWC

Siamo nel pieno dell’inverno ed è giunto il momento dell’International Waterbird Census (meglio noto con l’acronimo IWC), il progetto di monitoraggio nato nel 1967 che prevede il censimento contemporaneo degli uccelli acquatici in tutte le principali aree umide europee. ISPRA coordina i censimenti per l’Italia e in Trentino il monitoraggio è svolto dal Servizio Foreste con il supporto del MUSE-Museo delle scienze di Trento.

Quest’anno i censimenti si svolgeranno secondo il seguente calendario:

  • Mercoledì 12 gennaio – Distretto forestale di Cavalese
  • Giovedì 13 gennaio – Distretto forestale di Cles
  • Venerdì 14 gennaio – Distretti forestali di Trento e Rovereto – Riva del Garda
  • Sabato 15 gennaio – Distretti forestali di Borgo Valsugana e Pergine Valsugana
  • Martedì 18 gennaio – Distretti forestali di Malé e Tione
  • Mercoledì 19 gennaio – Distretto forestale del Primiero

Durante ogni giornata di monitoraggio squadre di agenti, custodi forestali e collaboratori del MUSE, percorreranno tratti di fiumi e sponde lacustri con binocoli e cannocchiali, con l’obiettivo di contare tutti gli uccelli che svernano sul nostro territorio.
Il censimento coinvolge 68 siti, individuati in accordo con le indicazioni del Ramsar Convention Bureau (www.ramsar.org), che definiscono tutte quelle aree funzionali allo svernamento di popolazioni o gruppi di uccelli acquatici. Le specie maggiormente censite sono: germano reale, folaga, gabbiano comune, moretta, svasso maggiore, airone cenerino, cormorano, gabbiano reale e moriglione. Può capitare però di incappare anche in qualche specie più rara come: quattrocchi, orco marino, alzavola, tarabuso, airone bianco maggiore, svasso piccolo, porciglione e beccaccino.

Per ulteriori informazioni, vistate il sito: www.infs-acquatici.it

 

Alcuni dei protagonisti dell’IWC (da sinistra verso destra): germano reale, smergo maggiore e tuffetto – Ph. Osvaldo Negra.

 

a cura di Luca Roner e Antonio Romano

Quando in una giornata autunnale di pioggia vediamo una salamandra pezzata (Salamandra salamandra) muoversi sulle foglie del sottobosco, la nostra attenzione è attirata principalmente dai colori accesi della sua livrea. Quasi non facciamo caso alla coda che l’urodelo (così vengono classificati gli anfibi “portatori di coda”) si trascina stancamente dietro. Eppure, l’analisi approfondita di questa porzione del corpo può svelarci aspetti inediti della vita di queste creature.

Oltre a giocare un ruolo importante nella locomozione, la coda può infatti rivestire altre funzioni: nelle salamandre, ad esempio, l’accumulo del tessuto adiposo, importante fonte energetica, avviene principalmente in questa zona del corpo. Ma la quantità di tessuto adiposo della coda può rappresentare un buon indicatore della condizione corporea generale?

Per rispondere a questa domanda i ricercatori del MUSE, in collaborazione con il CNR, l’Università di Genova (DISTAV) e il Conservatoire D’espaces Naturels de Provence-Alpes-Côte d’Azur, hanno confrontato i dati di larghezza della coda (correlata al tessuto adiposo in essa contenuto) provenienti da sei diversi taxa di salamandre mediterranee, con l’Indice di Massa Scalare, una misura ottenuta da dati morfometrici e da tempo impiegata nella stima della condizione corporea degli anfibi.

I risultati ottenuti hanno dimostrato che la larghezza della coda è da considerarsi un buon indicatore della condizione corporea solo in casi ristretti: tale parametro è infatti pesantemente influenzato dalle caratteristiche ecologiche e riproduttive delle singole specie. Nel geotritone imperiale (Speleomantes imperialis), il tessuto adiposo accumulato nella coda delle femmine è risultato significativamente maggiore rispetto a quello dei maschi: in questa specie le cure parentali possono protrarsi fino a 52 giorni dopo la schiusa e le femmine necessitano quindi di accumulare una quantità di riserve energetiche maggiore. Il diverso accumulo di tessuto adiposo tra sessi è stato riscontrato anche nel tritone corso (Euproctus montanus), come probabile conseguenza del comportamento riproduttivo della specie, che affidando alla coda del maschio un ruolo attivo, necessita della presenza di una buona quantità di tessuto muscolare.

Nelle salamandre terrestri prese in esame (salamandrina dagli occhiali, Salamandrina perspicillata; salamandra alpina, Salamandra atra atra; e salamandra di Aurora; Salamandra atra aurorae)l’accumulo di tessuto adiposo nella coda è risultato positivamente correlato con l’Indice di Massa Corporea: in queste specie, infatti, la coda non possiede una specializzazione particolare, non sono presenti cure parentali e l’accoppiamento non necessita dell’utilizzo della stessa.

Di particolare interesse per il territorio trentino sono i dati riguardanti le due sottospecie di salamandra alpina, le quali evidenziano il maggior accumulo di tessuto adiposo tra tutte le salamandre prese in esame. Tale caratteristica è strettamente correlata all’ecologia di questi urodeli: la forte stagionalità che contraddistingue gli ambienti in cui questi animali vivono limita la loro attività a pochissimi mesi l’anno, con un accesso alle risorse trofiche molto ridotto.

Ulteriori approfondimenti riguardo questo studio sono disponibili sulla piattaforma ResearchGate al seguente link:
https://www.researchgate.net/publication/352491953_Energy_storage_in_salamanders’_tails_the_role_of_sex_and_ecology

a cura di Giovanni Zanfei, Antonio Romano e Karol Tabarelli de Fatis

I rettili, assieme agli anfibi, sono i vertebrati più minacciati a livello globale. Inoltre, data la loro marcata sensibilità alle alterazioni ambientali e l’elevata specializzazione ecologica, anche se poco studiati, questi animali possono fornire importanti dati ecologici come bioindicatori. Alla luce di questi motivi è facile intuire l’importanza dei monitoraggi erpetologici.

Dal 2018 il MUSE conduce un’attività di ricerca sull’erpetofauna tramite l’uso di rifugi artificiali, una metodologia che risulta essere decisamente vantaggiosa, in quanto permette di aumentare la contattabilità degli animali e di raccogliere informazioni standardizzate.

I rifugi artificiali (RA) consistono in oggetti disposti in un ambiente, al fine di campionare gli animali che potrebbero ripararvisi al di sotto, e possono essere costituiti di diversi materiali (legno, lamiera, cartone catramato o cemento). Nello specifico, in questa ricerca sono stati utilizzati come rifugi artificiali delle onduline (101×78 cm) in cartone catramato, un materiale impermeabile e adatto ad assorbire calore. Queste sono state posizionate in cinque siti: quattro Riserve Naturali Provinciali (Lavini di Marco, Marocche di Dro, Lago di Loppio, Monte Brione) e al Giardino Botanico Alpino delle Viote, per un totale di 100 rifugi artificiali (20 per ciascun sito).

L’attività di campo prevede il controllo periodico di ogni RA, tenendo conto di diversi parametri ambientali (come ora del giorno, temperatura ed irraggiamento solare), per verificare l’eventuale presenza di rettili che vi abbiano trovato riparo. Al termine dell’attività di monitoraggio i dati raccolti vengono divisi per specie e per sito, così da poter ricavare informazioni sulle specie presenti, su quali sfruttano maggiormente i rifugi artificiali e in quali ambienti questi siano più efficaci.

Le specie ritrovate con maggior frequenza sono state la lucertola muraiola (Podarcis muralis), la natrice dal collare elvetica (Natrix helvetica) e l’orbettino italiano (Anguis veronensis). Il sito dove sono state individuate più specie è il Giardino Botanico Alpino delle Viote, probabilmente perché in quota i rifugi artificiali vengono sfruttati non solo come ripari, ma anche come “rifugi termici”, dove i rettili possono assorbire calore più facilmente e velocemente, dal momento che la temperatura alle alte quote è spesso un fattore limitante per gli animali eterotermi.

Ma i rifugi artificiali vengono sfruttati anche da altri animali: numerosi taxa di artropodi (formiche e ortotteri, ma anche chilopodi, diplopodi e aracnidi), molluschi gasteropodi, anfibi (rospo comune) e piccoli mammiferi (come Apodemus sp., Microtus sp. e Rattus sp).