Cambiamento climatico

Dal 26 al 30 agosto, si terrà a Cluj-Napoca (Romania) il 12° Congresso dell’European Ornithologists’ Union, l’appuntamento a cadenza biennale che raduna gran parte degli ornitologi europei (e non solo), per un reciproco aggiornamento sui principali avanzamenti nell’ambito della ricerca ornitologica.  Il congresso rappresenta un’occasione di confronto e di arricchimento per centinaia di ornitologi che, in diversi ambiti, si occupano di ricerca in campo avifaunistico. Gli argomenti trattati sono molto vari: dalla fisiologia all’ecologia, dal comportamento alla conservazione, dalla migrazione all’evoluzione.

Anche i ricercatori della sezione parteciperanno attivamente a questo importante appuntamento. Mattia Brambilla, Davide Scridel e Paolo Pedrini sono infatti tra gli autori di due contributi accettati come comunicazioni orali al convegno.

Davide Scridel illustrerà un lavoro sugli adattamenti delle specie alla vita in alta quota all’interno del simposio “Living at high elevations – adaptations and current challenges“. La sua presentazione (dal titolo Climatic and environmental limits for the ecology of mountain birds) riguarderà principalmente il fringuello alpino: questa specie, particolarmente adattata al clima freddo delle alte montagne, e per questo fortemente minacciata dai cambiamenti climatici in atto e dalle loro conseguenze sull’ambiente alpino (es. riduzione della copertura nevosa, fattore chiave per questa specie), da diversi anni è oggetto di numerosi approfondimenti da parte della nostra Sezione.

Mattia Brambilla sarà invece chairman della sessione “Bird communities“, all’interno della quale presenterà anche un contributo sulle relazioni tra distribuzione delle specie ornitiche e fattori climatici e sull’importanza di sviluppare approcci di indagine a diverse scale spaziali (Multi-scale approaches are needed to infer true species-climate relationships: implications for research and conservation). Il lavoro, svolto in collaborazione con Lipu/BirdLife Italia, integra studi condotti nel corso di diversi anni su Alpi e Appennini, con importanti conseguenze per la previsione degli impatti dei cambiamenti climatici sulla distribuzione delle specie ornitiche.

 

LA “QUIETE” DOPO LA TEMPESTA

by Antonio Romano on

Il 29 ottobre scorso, la Tempesta “Vaia” – un vento caldo di scirocco con punte fino a 230 km/h – colpiva con violenza le Alpi Orientali, distruggendo migliaia di ettari di foreste alpine. La reazione delle regioni colpite è stata praticamente immediata, con l’attivazione delle procedure per la gestione dell’emergenza e l’urgenza di liberare il terreno dal legname abbattuto, al fine di scongiurare la proliferazione del bostrico (piccolo coleottero con larve xilofaghe, potenzialmente in grado di portare alla distruzione interi boschi). Sull’Altopiano di Asiago (Veneto) e su quello di Vezzena (Trentino), entrambi pesantemente danneggiati dall’evento, le azioni di esbosco, trasporto e stoccaggio del legname si presentavano però doppiamente difficoltose, perché all’esigenza di rimuovere con rapidità gli alberi abbattuti si aggiungeva quella di tutelare un raro endemismo, unicamente di questi luoghi: la Salamandra di Aurora (Salamandra atra aurorae).

 

Il valore conservazionistico di questo anfibio, caratterizzato da uno degli areali più ristretti tra i vertebrati europei, è elevatissimo ed è per questo strettamente tutelato dalle leggi della comunità europea. Gli stessi caratteri, hanno valso alla specie la massima priorità di conservazione, secondo quando stabilito dal Progetto Life+ TEN.

 

Il passaggio di mezzi pesanti, come quelli impiegati nelle operazioni di esbosco, rappresenta una concreta minaccia per questa salamandra che nei giorni piovosi di primavera inoltrata ed estate fuoriesce dai suoi rifugi sotterranei, correndo il rischio di restare schiacciata dai macchinari in azione. Si è pertanto reso necessario, al fine di elaborare una strategia ottimale in grado di rispondere contemporaneamente alle necessità di conservazione e alla gestione dell’emergenza, uno stretto confronto tra ricercatori e pianificatori ed operatori della silvicoltura del territorio. Un obbiettivo questo che è stato raggiunto grazie ad un’attenta pianificazione delle operazioni in bosco, raggiunta grazie al confronto tra esperti del MUSE e del CNR, Servizi Aree Protette e Foreste e fauna della PAT, gli uffici distrettuali forestali e i custodi forestali del Comune di Levico Terme.

 

Nell’area di studio il 40% circa degli alberi è stato abbattuto da Vaia: un territorio devastato.

In quest’ottica, le ricerche sulle zone di presenza della salamandra svolte dagli erpetologi della Sezione di Zoologia dei Vertebrati del MUSE e del CNR sull’Altopiano di Vezzena proprio nell’estate 2017 e nella primavera 2018 si sono rivelate fondamentali, garantendo una corretta impostazione dei lavori. Nelle aree dove la frequentazione dell’anfibio era stata precedentemente accertata, le indicazioni date hanno seguito due semplici criteri cautelativi: procedere all’esbosco in inverno e primavera, con terreno gelato, e sospendere invece i lavori in primavera inoltrata ed estate, durante il picco di attività dell’animale.
Nell’estate 2019 inoltre, il MUSE, in accordo con la Provincia di Trento, ha avviato un monitoraggio nelle stesse aree studiate nel 2017 per verificare presenza ed attività della specie e approfondire le conseguenze della Tempesta “Vaia” sulla specie, sulla base di un confronto con i dati antecedenti all’evento climatico (un argomento, questo che nei prossimi mesi sarà anche oggetto di una Tesi di Laurea dedicata). I rilievi di luglio 2019 (e che proseguiranno fino alla fine di settembre) fanno comunque ben sperare per la Salamandra di Aurora, evidenziando la presenza ed una buona attività degli animali durante le giornate meteorologicamente favorevoli (piovose).

Per approfondire:
Romano A., Costa A., Salvidio S., Menegon M., Garollo E., Tabarelli de Fatis K., Miserocchi D., Matteucci G., Pedrini P. (2018) Forest management and conservation of an elusive amphibian in the Alps: Habitat selection by the Golden Alpine Salamander reveals the importance of fine woody debris. Forest ecology and management, 424: 338-344.

Il 2019 regala le prime soddisfazioni per gli studenti e ricercatori ospitati dalla Sezione:

Luca Roner ha completato la Laurea Magistrale in Ecologia e Conservazione della Natura presso l’Università di Parma, discutendo la tesi dal titolo Ecologia trofica della salamandra alpina, Salamandra atra atra (Laurenti, 1768). La ricerca ha affrontato per la prima volta l’ecologia trofica della salamandra alpina, specie inserita nell’allegato IV della Direttiva Habitat.
La raccolta dati, avvenuta presso il Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino, è stata effettuata con la tecnica dello stomach flushing e con l’utilizzo di trappole a caduta (pitfalls), che hanno fornito dati sulla disponibilità trofica totale e notturna. I dati analizzati hanno permesso di ottenere informazioni sulla strategia trofica e la selettività delle prede nella salamandra alpina, evidenziando inoltre l’importanza della considerazione dell’etologia della specie nella pianificazione della raccolta dati.

 

Salamandra alpina (Salamandra atra atra). Ph. MIchele Chiacchio

 

Davide Scridel ha invece conseguito il Dottorato di Ricerca presso l’Università di Pavia, discutendo la tesi Alpine birds and climate change (Gli uccelli e il cambiamento climatico). La ricerca, quantomai attuale, ha esaminato le evidenze degli impatti dei cambiamenti climatici sulle popolazioni di avifauna di montagna su scala olartica, in termini di fisiologia, fenologia, interazioni trofiche, demografia e spostamenti di distribuzione osservati e previsti, considerando anche gli effetti di ulteriori fattori che interagiscono con i cambiamenti climatici, inasprendone o attenuandone gli effetti. Altro aspetto di indagine è quello che ha consentito una prima formulazione di una classificazione oggettiva dell’avifauna di montagna in “specialisti” e “generalisti”.
Significativo anche il focus sulla realtà italiana, utilizzata come caso-studio, e per la quale è stata dimostrata l’esistenza di una relazione tra il clima e i cambiamenti nella distribuzione degli uccelli negli ultimi 30 anni Tra le specie meglio approfondite, il fringuello alpino Montifringilla nivalis specie particolarmente sensibile ai cambiamenti climatici e utilizzata come modello al fine di migliorare le attuali conoscenze su biologia, ecologia e aspetti demografici delle specie d’alta quota e chiarire i meccanismi che determinano il declino dell’avifauna di montagna. I numerosi dati raccolti e le informazioni approfondite hanno infine permesso di sviluppare e proporre approcci conservazionistici innovativi per far fronte agli impatti del cambiamento climatico, su larga e piccola scala.

A entrambi vanno le nostre congratulazioni e i migliori auguri per una proficua continuazione delle loro attività.

Fringuello alpino (Montifringilla nivalis). Foto gentilmente concessa da Marco Melotti – Rifugio Bocca di Selva.