Natura2000 e aree protette

PROFESSIONISTI DELLA COMUNICAZIONE PER LA FAUNA, L’AMBIENTE E IL PAESAGGIO. APERTE LE ISCRIZIONI PER IL CORSO 2022/2023

Dopo il successo della prima edizione, riparte il Master di I Livello “Fauna e Human Dimension” – Professionisti della Comunicazione per la Fauna, l’Ambiente e il Paesaggio. Un percorso didattico vocato alla formazione di figure professionali altamente qualificate, in grado di lavorare con competenza ed efficacia nella divulgazione in ambito naturalistico e ambientale.

Il Master si rivolge sia a chi fa comunicazione e intende sviluppare e approfondire conoscenze in ambito naturalistico, sia a chi già possiede questo background formativo ma vuole acquisire gli strumenti necessari per operare professionalmente nel campo della divulgazione. Il punto di forza del Master è nel connubio fra lezioni teoriche – che offrono un solido punto di partenza per la comprensione delle problematiche – e attività pratiche, attraverso le quali gli studenti sviluppano esperienze di immersione in contesti esemplari, valorizzati come esclusivi casi di studio.

Un percorso estremamente dinamico e coinvolgente, dove si apprende e si sperimenta col supporto di docenti e professionisti della comunicazione accuratamente selezionati dal Comitato Scientifico-Didattico del Master. Il Master è offerto dall’Università degli Studi dell’Insubria (Varese, Como), in collaborazione con la Fondazione Edmund Mach, il MUSE – Museo delle Scienze di Trento e l’Istituto Oikos (Milano): in questa seconda edizione si è aggiunto ai partner anche il quotidiano online VareseNews.

Il Master prenderà il via a fine marzo 2022, con i moduli di base erogati con lezioni online. Le attività pratiche si svolgeranno a partire da maggio 2022, con una settimana al mese di esercitazioni svolte con il coinvolgimento di professionisti della comunicazione della natura, dell’agricoltura e del paesaggio, in contesti di assoluta eccellenza, fra Trentino e Lombardia. Il percorso didattico è a numero chiuso (massimo 30 partecipanti), la quota di partecipazione è di 2.750 Euro. Le preiscrizioni sono aperte e chiuderanno il 28 febbraio prossimo.
Per Info e iscrizioni: http://uagra.uninsubria.it/master-faunahd

 

IL PROGRAMMA DEL MASTER «FAUNA HD» IN SINTESI

1500 ore complessive di attività pari a 60 CFU, distribuite su un anno: 152 ore di lezioni frontali; 320 ore di formazione con esercitazioni pratiche; 16 ore di formazione sulla sicurezza. Le restanti ore sono previste come impegno personale dello studente, tra studio individuale e stesura dell’elaborato finale.

Il percorso è strutturato su 2 Moduli Base e 4 Moduli di Attività Pratiche Caratterizzanti.
Moduli base – Sono dedicati rispettivamente agli aspetti di ecologia e biologia della conservazione (Modulo A) e alla teoria e alle tecniche di storytelling e comunicazione (Modulo B). Tutte le lezioni vengono messe a disposizione sulla piattaforma e-learning dell’Università degli Studi dell’Insubria e sono fruibili on demand.
È possibile fare richiesta di esonero da uno dei due moduli, in base al titolo di studio di cui si è in possesso.

Attività Pratiche Caratterizzanti – 4 moduli suddivisi a loro volta in 4 sottomoduli specifici, per un totale di 16 attività che hanno luogo con cadenza di una settimana al mese.
Modulo C. Comunicare la Biodiversità
Modulo D. I linguaggi e il racconto della Natura
Modulo E. Strumenti per la comunicazione e l’educazione ambientale
Modulo F. Strategie di comunicazione e processi partecipativi
Le attività pratiche si configurano come esercitazioni abbinate ad approfondimenti teorici, a diretto contatto con esperienze particolarmente significative. Gli studenti sono coinvolti nell’applicazione pratica di quanto trattato in ogni esercitazione, anche attraverso la produzione di un elaborato in vari supporti.
Il percorso per conseguire il Diploma del Master si completa con un tirocinio della durata di 180 ore e la presentazione di una tesi finale. Il tirocinio può essere svolto presso l’Università degli Studi dell’Insubria, presso gli Enti partner (FEM, MUSE, Istituto Oikos, VareseNews) o in collaborazione con altri soggetti individuati dal candidato, anche sulla base di specifiche opportunità professionali, e valutati idonei dal Comitato Scientifico-Didattico del Master.

 

Come più volte raccontato nel nostro blog, dal 2016 il MUSE si occupa, in collaborazione con diverse entità nazionali ed internazionali, dello studio dell’ecologia e demografia del fringuello alpino, un passeriforme strettamente legato all’alta quota e pertanto considerato un indicatore efficace degli effetti dei cambiamenti climatici su questi ambienti. Tra le diverse attività intraprese in questi anni vi è stata l’installazione di cassette nido presso il Parco Nazionale dello Stelvio ed il Parco Naturale Paneveggio-Pale di S. Martino.

E mentre il monitoraggio delle cassette presenti si ripete ormai ogni estate, il MUSE, con il supporto del Comitato Scientifico del CAI, ha ora intenzione di estendere l’attività ad altri massicci dell’area dolomitica e prealpina orientale, con il duplice obiettivo di aumentare la disponibilità di dati sulla specie e, nel prossimo futuro, di sensibilizzare il pubblico frequentatore della montagna sull’impatto dei cambiamenti climatici, che proprio in alta quota mostrano il loro lato più manifesto.

Nei giorni scorsi la prima cassetta nido di questa nuova fase della ricerca sul fringuello alpino ha raggiunto il massiccio del Carega nelle Piccole Dolomiti, gruppo montuoso a cavallo tra le province di Trento, Vicenza e Verona (Fig. 1). Collocata presso le installazioni del Rifugio Mario Fraccaroli (Sezione CAI Cesare Battisti di Verona) a quota 2.238 metri (Fig. 2 e 3), la cassetta nido è un primo passo verso il monitoraggio del fringuello alpino in questo massiccio che rappresenta la propaggine più meridionale del settore alpino – e prealpino – centro-orientale in cui la specie risulta nidificare (Fig. 4).

Altri due aspetti contribuiscono a rendere interessanti le Piccole Dolomiti dal punto di vista dello studio degli effetti dei cambiamenti climatici sulla specie e sull’ambiente di montagna in generale: l’altitudine massima di “soli” 2.259 metri e la posizione relativamente isolata rispetto ai gruppi montuosi circostanti e più settentrionali. Infatti, per le specie strettamente legate alle caratteristiche delle quote più elevate come il fringuello alpino, gli effetti del riscaldamento globale si fanno sentire in maniera più acuta proprio in gruppi montuosi meno elevati e più isolati geograficamente (Fig. 5).

Fig. 5. I gruppi montuosi delle Alpi e Prealpi centro-orientali interessati dalla presenza del fringuello alpino (Montifringilla nivalis).

a cura di Giovanni Zanfei, Antonio Romano e Karol Tabarelli de Fatis

I rettili, assieme agli anfibi, sono i vertebrati più minacciati a livello globale. Inoltre, data la loro marcata sensibilità alle alterazioni ambientali e l’elevata specializzazione ecologica, anche se poco studiati, questi animali possono fornire importanti dati ecologici come bioindicatori. Alla luce di questi motivi è facile intuire l’importanza dei monitoraggi erpetologici.

Dal 2018 il MUSE conduce un’attività di ricerca sull’erpetofauna tramite l’uso di rifugi artificiali, una metodologia che risulta essere decisamente vantaggiosa, in quanto permette di aumentare la contattabilità degli animali e di raccogliere informazioni standardizzate.

I rifugi artificiali (RA) consistono in oggetti disposti in un ambiente, al fine di campionare gli animali che potrebbero ripararvisi al di sotto, e possono essere costituiti di diversi materiali (legno, lamiera, cartone catramato o cemento). Nello specifico, in questa ricerca sono stati utilizzati come rifugi artificiali delle onduline (101×78 cm) in cartone catramato, un materiale impermeabile e adatto ad assorbire calore. Queste sono state posizionate in cinque siti: quattro Riserve Naturali Provinciali (Lavini di Marco, Marocche di Dro, Lago di Loppio, Monte Brione) e al Giardino Botanico Alpino delle Viote, per un totale di 100 rifugi artificiali (20 per ciascun sito).

L’attività di campo prevede il controllo periodico di ogni RA, tenendo conto di diversi parametri ambientali (come ora del giorno, temperatura ed irraggiamento solare), per verificare l’eventuale presenza di rettili che vi abbiano trovato riparo. Al termine dell’attività di monitoraggio i dati raccolti vengono divisi per specie e per sito, così da poter ricavare informazioni sulle specie presenti, su quali sfruttano maggiormente i rifugi artificiali e in quali ambienti questi siano più efficaci.

Le specie ritrovate con maggior frequenza sono state la lucertola muraiola (Podarcis muralis), la natrice dal collare elvetica (Natrix helvetica) e l’orbettino italiano (Anguis veronensis). Il sito dove sono state individuate più specie è il Giardino Botanico Alpino delle Viote, probabilmente perché in quota i rifugi artificiali vengono sfruttati non solo come ripari, ma anche come “rifugi termici”, dove i rettili possono assorbire calore più facilmente e velocemente, dal momento che la temperatura alle alte quote è spesso un fattore limitante per gli animali eterotermi.

Ma i rifugi artificiali vengono sfruttati anche da altri animali: numerosi taxa di artropodi (formiche e ortotteri, ma anche chilopodi, diplopodi e aracnidi), molluschi gasteropodi, anfibi (rospo comune) e piccoli mammiferi (come Apodemus sp., Microtus sp. e Rattus sp).