Natura2000 e aree protette

È ancora estate, ma dopo essersi riprodotte nel continente europeo, per molte specie di uccelli è già tempo di migrare verso le regioni di svernamento a sud. E come ogni anno a partire dal 1997, la rete di stazioni di inanellamento, che dalla Liguria al Friuli Venezia Giulia costituiscono gli osservatori permanenti del Progetto ALPI, è pronta a monitorare la migrazione post-riproduttiva attraverso le Alpi. (ISPRA, MUSE).

 

Ph. Arch.MUSE

Anche la Stazione di Bocca Caset , nel cuore delle Alpi Ledrensi, sta per riprendere l’attività: gestita dai ricercatori della Sezione di Zoologia dei Vertebrati del MUSE, dai primi anni Novanta opera nel programma di monitoraggio del Centro Nazionale di Inanellamento (ISPRA).

Si tratta di un luogo privilegiato per lo studio della migrazione: dalla tarda estate all’autunno inoltrato, decine di migliaia di uccelli vi transitano, guidati dall’orografia delle montagne e dalla direzione dei venti oltre che dall’istinto innato di migrare verso il Mediterraneo e l’Africa. Una particolarità che ha permesso di riconoscere il valico come Zona di Protezione Speciale di Rete Natura 2000 e nodo portante della Rete di Riserve Alpi Ledrensi e, più recentemente, della Riserva di Biosfera UNESCO «Alpi Ledrensi e Judicaria». L’attività rientra nell’ambito dei monitoraggi previsti da Rete Natura 2000 in Trentino e si svolge in collaborazione con il Servizio Foreste e fauna e la locale stazione e distretto forestale e le sezioni cacciatori della valle.

Il gruppo di ricerca sarà presente dal 7 agosto fino al 26 ottobre con l’obiettivo di monitorare la migrazione degli uccelli, raccogliere preziose informazioni sulla loro ecologia e fisiologia e di fornire indicazioni sul loro stato di conservazione, confrontandone gli andamenti finora registrati nelle altre stazioni aderenti al Progetto ALPI. Quasi tre mesi di attività, durante i quali gli ornitologi del MUSE seguiranno la migrazione 24 ore su 24, controllando le reti almeno una volta ogni ora, senza sosta.
L’anno passato, caratterizzato da un passaggio abbondante e diversificato di specie (cincia mora, lucherino, fringuello, balia nera tra i più numerosi), si era concluso con il record di uccelli inanellati nella storia della stazione (12.017). Altra stazione del Progetto ALPI gestita dal Museo delle Scienze di Trento è quella del Passo del Brocon, nel Trentino Occidentale (aperta da fine settembre e per tutto ottobre).

 

Per chi desidera farci visita, dal 9 agosto al 25 ottobre, consigliamo:

  • Per tutti: le attività promosse dalla Rete di Riserve Alpi Ledrensi, come le visite guidate organizzate in collaborazione con il Consorzio Turistico Valle di Ledro (http://www.vallediledro.com/it/escursioni-natura-in-volo-sulle-alpi-8);
  • Per gruppi familiari: visita libera alla stazione dopo le 9,30; potrete dialogare con i ricercatori, assistere alle operazioni di inanellamento e osservare da vicino gli intrepidi viaggiatori dei cieli;
  • Per gruppi organizzati: prenotare la propria visita, scrivendo all’Ufficio prenotazioni del MUSE (prenotazioni@muse.it).

 

Con il mese di maggio, Alessandro Forti ha concluso i suoi 12 mesi di Servizio Civile presso la nostra Sezione. «Avifauna alpina e tutela ambientale» era il titolo del progetto che lo ha visto impegnato nel corso dell’ultimo anno e che gli ha permesso di acquisire competenze nel campo del monitoraggio faunistico e dell’archiviazione e gestione dei dati ambientali tramite sistemi informativi geografici e statistici.

Significativa è stata la collaborazione con il Parco Naturale di Paneveggio – Pale di San Martino, dove Alessandro ha seguito il monitoraggio di alcune specie alpine (francolino di monte, pernice bianca, gallo cedrone e fringuello alpino) e si è occupato dell’informatizzazione di dati storici e recenti del Parco. Durante il Servizio ha inoltre affiancato i ricercatori della Sezione nei loro studi riguardanti la pernice bianca in ambiente alpino e ha partecipato ai censimenti della fauna vertebrata (in particolare la Salamandra nera – Salamandra atra atra), nei siti della Rete Natura 2000.

Ad Alessandro arrivino il ringraziamento per la preziosa collaborazione e i migliori auguri per un buon proseguimento negli studi e nel mondo della conservazione da parte della Sezione e di tutto il MUSE.

E’ iniziato il monitoraggio dell’ululone dal ventre giallo (Bombina variegata) in Trentino. Si tratta di una specie di interesse conservazionistico, elencata nell’Allegato II della Convenzione di Berna e negli Allegati II e IV della Direttiva “Habitat”. L’attività, avviata nel 2017 nel Parco Locale del Monte Baldo e in Val di Cembra, quest’anno interesserà anche la Val di Non, la Valle del Sarca, l’area Bondone-Soprassasso e la Riserva Naturale della Scanuppia. 132 i siti d’indagine in tutto, distribuiti tra 100 e i 1700 metri di quota, principalmente rappresentati da vasche e raccolte d’acqua in ambiente agricolo e da pozze d’alpeggio.

 

Alcuni dei siti indagati nel corso del monitoraggio

 

3 i metodi di monitoraggio applicati (N.B. Tutte le attività di manipolazione vengono eseguite su specifica autorizzazione del Ministero dell’Ambiente):
1. Conteggi ripetuti;
2. Rimozione;
3. Cattura-marcatura-ricattura;

Nei conteggi ripetuti i ricercatori eseguono per 4 volte il conteggio degli individui avvistati. La ripetizione avviene sempre nello stesso sito, ma in 4 giornate diverse, tra loro ravvicinate. La rimozione comporta invece la cattura temporanea degli animali avvistati e il successivo rilascio nello stesso luogo del ritrovamento nel giro di 30-60 minuti. In questo caso, le sessioni di cattura ripetute sono 3 e vengono eseguite consecutivamente nel corso della stessa giornata, con un intervallo di circa 10 minuti tra una e l’altra. Il metodo della cattura-marcatura-ricattura è basato sul riconoscimento individuale degli animali catturati nel corso di 4 diversi campionamenti eseguite in giornate ravvicinate. Il riconoscimento è reso possibile grazie al rilievo fotografico del pattern ventrale degli ululoni, che rappresenta una sorta di impronta digitale dell’individuo.

 

Il pattern ventrale delle macchie, come un’impronta-digitale, permette il riconoscimento dei singoli animali.

 

Con ciascun animale catturato si procede quindi alla registrazione di una serie di dati: sesso, peso e lunghezza; vengono inoltre prelevati campioni biologici utili a identificare, mediante analisi del DNA, eventuali infestazioni da chitridiomicosi, una parassitosi fungina (Batrachochytryium dendrobatidis è il nome dell’organismo responsabile), che colpisce la “pelle” degli anfibi e che oggi è considerata tra la cause di declino degli anfibi. La conoscenza sulla presenza/assenza del parassita in Provincia e sull’entità di eventuali infestazioni è quindi un requisito fondamentale per la corretta gestione e conservazione della specie. Il prelievo è del tutto innocuo per l’animale ed è effettuato passando un tampone sulla cute.

Parallelamente al conteggio/cattura degli animali, vengono rilevate anche le caratteristiche ambientali dei siti indagati, allo scopo di individuare eventuali elementi in grado di influenzare la distribuzione e l’abbondanza delle popolazioni, evidenziando punti di forza e criticità. Il monitoraggio permetterà di aggiornare i dati sulla distribuzione della specie in Trentino, di effettuare stime del numero di animali presenti e di valutare, nel lungo periodo, trend demografici e fattori che ne regolano l’andamento. Il confronto tra diversi metodi di campionamento permetterà inoltre di sviluppare un protocollo per il monitoraggio della specie nel territorio provinciale al fine di una valutazione robusta sullo stato delle popolazioni, minimizzando gli sforzi di campionamento. Saranno inoltre messi in evidenzia gli elementi naturali e artificiali rilevati sul territorio che permetterebbero, attraverso piccoli interventi di ripristino e/o una corretta gestione, di aumentare la disponibilità di habitat riproduttivi presenti, favorendo la diffusione e la conservazione dell’ululone in Provincia di Trento.