A cura di Valentina Oberosler e Marco Salvatori

Con i primi giorni di settembre si è conclusa la stagione di monitoraggio della fauna selvatica con foto-trappole nell’area del Brenta meridionale e del massiccio Paganella-Gazza, attività che la sezione di Zoologia dei Vertebrati, in convenzione con il Settore Grandi Carnivori PAT, porta avanti dal 2015. Come ogni estate, 60 siti distribuiti in un’area di studio di circa 220 km2 sono stati monitorati con foto-trappole, al fine di registrare passaggi di varie specie di mammiferi di medio-grandi dimensioni, dalla faina all’orso bruno, e quantificare parallelamente i tassi di disturbo antropico. Per rinfrescarvi la memoria sul progetto, aspetti tecnici e obiettivi, trovate qui l’ultima edizione del Rapporto Grandi Carnivori PAT, con un capitolo dedicato, e a una pubblicazione scientifica basata sui dati del primo anno di monitoraggio.

Personale MUSE al lavoro durante l’attivazione di una foto-trappola.

Tra le novità di quest’anno, un grande ritorno: dopo un singolo passaggio registrato nel 2015, nelle nostre foto-trappole è riapparso il lupo, il cui ritorno naturale sta interessando, in tempi diversi, varie zone del territorio provinciale. L’estate 2020 si conquista un altro piccolo primato: per la prima volta dall’inizio del progetto, orso e lupo sono stati fotografati negli stessi siti, nel corso della stessa stagione. Anche in questa stagione di campionamento, comunque, si conferma la predominanza di foto di esseri umani riscontrata negli anni scorsi: mediamente le ‘catture’ di persone sono oltre tre volte più numerose rispetto a quelle di fauna selvatica. Il quadro che ne risulta è quindi quello di un ambiente fortemente utilizzato dall’uomo, principalmente per ragioni turistiche. A questo proposito, è in fase di ultimazione un’analisi specifica che affronta il tema dell’effetto del disturbo antropico sui pattern spaziali e temporali di attività dell’orso bruno. A breve, nuovi aggiornamenti!

Orso e lupo “catturati” nello stesso sito da una foto-trappola nell’area di studio in Trentino Occidentale durante l’estate 2020.

Ma l’attività di foto-trappolaggio di Sezione quest’anno ha avuto la possibilità di ampliare i suoi orizzonti: dai boschi del Brenta ci siamo spostati ad oriente, verso la foresta dei violini, nel Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino. Grazie al supporto del Parco, formalizzato tramite una convenzione con il MUSE, è infatti iniziato da pochi giorni, con protocollo analogo a quello del Trentino occidentale, un programma di monitoraggio all’interno dei suoi territori e nelle zone limitrofe che proseguirà fino alla fine di novembre. Gli obiettivi ancora una volta sono vari: dal monitoraggio della presenza e arrivo di specie sul territorio alla derivazione di indici di abbondanza, da analisi specie-specifiche di distribuzione all’indagine degli effetti del disturbo antropico sulla fauna. Ci auguriamo che la stagione si svolga senza troppi intoppi e con un bilancio positivo, nell’ottica di avviare anche in Trentino orientale un programma di monitoraggio pluriennale come quello del Brenta, consentendoci di aggiungere un nuovo tassello alla conoscenza dei mammiferi che abitano le Alpi e di capire meglio come questi rispondono alle attività umane.

 

Il fringuello alpino (Montifringilla nivalis), specie target della ricerca. Ph. Studio Pteryx

A cura di Mattia Brambilla e Severino Vitulano

Con l’arrivo dell’estate, riprendono anche le indagini in alta quota. I ricercatori del MUSE, in collaborazione con il Parco Nazionale dello Stelvio – settore lombardo e gli inanellatori di Studio Pteryx (S. Vitulano) hanno infatti ripreso le attività del progetto dedicato ai cambiamenti climatici e alla biologia ed ecologia del fringuello alpino.

Scopo della ricerca, supportata anche dal Comitato Scientifico del CAI, è quello di indagare l’ecologia e la demografia del fringuello alpino al fine di comprendere gli impatti dei cambiamenti climatici su questa specie (considerata un’affidabile indicatrice dei loro effetti) e sugli altri organismi con cui condivide gli ambienti d’alta quota.
Le conoscenze acquisite consentiranno di sviluppare azioni di conservazione orientate a compensare o mitigare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sul fringuello alpino e, idealmente, sulla biodiversità alpina più in generale.

 

Lo scorso 17 giugno è stato effettuato il primo controllo delle cassette nido localizzate presso i Passi Gavia (tra le province di Sondrio e Brescia), Umbrail (a confine con la Svizzera) e Stelvio (tra Valtellina e Val Venosta). Le occupazioni certe da parte dei fringuelli alpini sono state tre: una al Gavia (nido con 5 uova) e due a Passo Umbrail (due nidiate da 5 pulli ciascuna). I 10 pulli presenti in totale sono stati quindi inanellati. Secondo i protocolli autorizzati e nel massimo rispetto degli animali sono stati inoltre prelevati da due individui per ciascuna nidiata dei campioni di sangue, nell’ambito di uno studio genetico delle popolazioni europee di fringuello alpino a cura dell’Università di Oviedo.

Fasi dell’attività di campo: il controllo delle cassette nido (sx) e l’inanellamento dei pulli (dx). Ph. Studio Pteryx

 

a cura di Margherita Cragnolini e Bart Kempenaers

Dopo l’attività di campo svolta nella tarda estate del 2019, è stato recentemente consegnato il report delle ricerche condotte sul piviere tortolino (Charadrius morellinus) nei territori del Parco Naturale di Paneveggio-Pale di S. Martino. Lo studio, coordinato dal Max-Planck Institut per l’Ornitologia, si inserisce in un più ampio progetto di ricerca dedicato alle possibili relazioni tra strategie di spostamento e sistema riproduttivo in diverse specie di limicoli (di cui il piviere tortolino fa parte) e che in questa sua prima fase ha visto il coinvolgimento del personale del parco e degli ornitologi della Sezione di Zoologia dei Vertebrati del MUSE.

Un piviere tortolino viene equipaggiato con il trasmettitore satellitare. Ph. Luke Eberhart-Phillips

Sebbene i siti riproduttivi e di svernamento di questi uccelli siano noti, ancora poco si conosce del comportamento migratorio e degli spostamenti che queste specie compiono durante la stagione riproduttiva. Negli ultimi anni tuttavia, la commercializzazione di dispositivi di tracciamento sempre più leggeri e durevoli ha aperto nuove prospettive di sviluppo per questo campo della biologia animale. Recenti scoperte riguardanti il piovanello pettorale (Calidris melanotos), ad esempio, hanno rivelato come durante la stagione riproduttiva i maschi di questa specie poliginica (in cui cioè, un maschio si accoppia con più femmine) possano viaggiare per migliaia di chilometri al fine di garantirsi maggiori opportunità di accoppiamento. Un’osservazione che ha indotto i ricercatori a verificare una simile ipotesi anche nel piviere tortolino, dove però i ruoli riproduttivi risulterebbero invertiti, con femmine eventualmente impegnate in lunghi spostamenti alla ricerca di nuovi partner.
Uccello tipico delle tundre nordeuropee, il piviere tortolino, durante il suo viaggio migratorio verso le coste del Nord Africa, è solito utilizzare le vette alpine come luogo di sosta e riposo. Rientrano tra queste aree le zone della Pala di Santa e del Col Margherita, dove i ricercatori hanno concentrato il loro sforzo di campionamento. Con l’occasione sono state testate diverse tecniche di cattura: mist-net fisse, trappole con esca, visori notturni e guadino da pesca. Anche il ricorso a richiami artificiali si è rivelato utile, facilitando l’avvistamento e il raggruppamento degli individui.

Pesati e misurati secondo le procedure standard, gli esemplari catturati sono stati quindi dotati di un leggerissimo trasmettitore satellitare (2 gr di peso) e subito rilasciati. L’osservazione prolungata degli individui liberati ha permesso di constatare la generale facilità di adattamento degli animali al nuovo equipaggiamento, che ha consentito loro di involarsi senza difficoltà. Dopo 3-5 giorni le trasmittenti hanno inviato i primi dati e, nelle settimane successive, hanno rivelato gli spostamenti dei pivieri verso i siti di svernamento, distanti oltre 100 km dai luoghi di cattura.

Alcune delle tecniche adottate per la cattura dei pivieri: mist-net fisse (sx) e le trappole con esca (dx). Ph. Luke Eberhart-Phillips

Per gli esemplari che hanno inviato più a lungo dati è stato possibile verificare come questi abbiano trascorso l’inverno in Nord Africa, in particolare in Algeria e Marocco, con solo qualche sporadico movimento. La sera del 12 aprile 2020, un nuovo segnale ha annunciato la partenza del primo piviere tortolino diretto nel sud della Romania, seguito qualche giorno dopo da un secondo uccello. Ai primi di maggio 2020, gli stessi due pivieri si trattenevano ancora in Europa Orientale, compiendo piccoli spostamenti nel sud dell’Ucraina.
La tecnologia sembra funzionare e, incoraggiati dai primi dati raccolti, i ricercatori hanno deciso di proseguire con le catture per ampliare il loro campione. L’acquisizione di ulteriori conoscenze sulla scala degli spostamenti nella stagione riproduttiva, sull’utilizzo dei siti di “stop-over” durante la migrazione e, più in generale, sulla biologia della specie saranno essenziali per garantire una conservazione efficacie e duratura.

Ringraziamenti
Le attività sul campo si sono svolte grazie alla collaborazione con MUSE – Museo delle Scienze di Trento, Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino, ISPRA, Provincia di Trento e Regione Veneto. Alle attività sul campo hanno partecipato Bart Kempenaers, Johannes Krietsch, Margherita Cragnolini, Alice Pintaric, Agnes Türk, Luke Eberhart-Phillips, Ruben Evens, Paolo Pedrini, Gilberto Volcan, Marco Basso, Alessandro Franzoi e Francesco Basso. Un grazie particolare al Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino per l’ospitalità e per averci offerto l’opportunità di alloggiare alla foresteria del parco. Si ringraziano tutti coloro che hanno lavorato alla realizzazione dei permessi, in particolare ISPRA, il Servizio Foreste e Fauna della Provincia di Trento e la Direzione Agroambiente, Programmazione e Gestione ittica e faunistico-venatoria della Regione Veneto. Infine, un ringraziamento particolare a Luke per le spettacolari fotografie delle attività sul campo, tra le quali sono state selezionate le foto per questo documento.

 

Ph. Luke Eberhart-Phillips