Migrazioni

a cura di Margherita Cragnolini e Bart Kempenaers

Dopo l’attività di campo svolta nella tarda estate del 2019, è stato recentemente consegnato il report delle ricerche condotte sul piviere tortolino (Charadrius morellinus) nei territori del Parco Naturale di Paneveggio-Pale di S. Martino. Lo studio, coordinato dal Max-Planck Institut per l’Ornitologia, si inserisce in un più ampio progetto di ricerca dedicato alle possibili relazioni tra strategie di spostamento e sistema riproduttivo in diverse specie di limicoli (di cui il piviere tortolino fa parte) e che in questa sua prima fase ha visto il coinvolgimento del personale del parco e degli ornitologi della Sezione di Zoologia dei Vertebrati del MUSE.

Un piviere tortolino viene equipaggiato con il trasmettitore satellitare. Ph. Luke Eberhart-Phillips

Sebbene i siti riproduttivi e di svernamento di questi uccelli siano noti, ancora poco si conosce del comportamento migratorio e degli spostamenti che queste specie compiono durante la stagione riproduttiva. Negli ultimi anni tuttavia, la commercializzazione di dispositivi di tracciamento sempre più leggeri e durevoli ha aperto nuove prospettive di sviluppo per questo campo della biologia animale. Recenti scoperte riguardanti il piovanello pettorale (Calidris melanotos), ad esempio, hanno rivelato come durante la stagione riproduttiva i maschi di questa specie poliginica (in cui cioè, un maschio si accoppia con più femmine) possano viaggiare per migliaia di chilometri al fine di garantirsi maggiori opportunità di accoppiamento. Un’osservazione che ha indotto i ricercatori a verificare una simile ipotesi anche nel piviere tortolino, dove però i ruoli riproduttivi risulterebbero invertiti, con femmine eventualmente impegnate in lunghi spostamenti alla ricerca di nuovi partner.
Uccello tipico delle tundre nordeuropee, il piviere tortolino, durante il suo viaggio migratorio verso le coste del Nord Africa, è solito utilizzare le vette alpine come luogo di sosta e riposo. Rientrano tra queste aree le zone della Pala di Santa e del Col Margherita, dove i ricercatori hanno concentrato il loro sforzo di campionamento. Con l’occasione sono state testate diverse tecniche di cattura: mist-net fisse, trappole con esca, visori notturni e guadino da pesca. Anche il ricorso a richiami artificiali si è rivelato utile, facilitando l’avvistamento e il raggruppamento degli individui.

Pesati e misurati secondo le procedure standard, gli esemplari catturati sono stati quindi dotati di un leggerissimo trasmettitore satellitare (2 gr di peso) e subito rilasciati. L’osservazione prolungata degli individui liberati ha permesso di constatare la generale facilità di adattamento degli animali al nuovo equipaggiamento, che ha consentito loro di involarsi senza difficoltà. Dopo 3-5 giorni le trasmittenti hanno inviato i primi dati e, nelle settimane successive, hanno rivelato gli spostamenti dei pivieri verso i siti di svernamento, distanti oltre 100 km dai luoghi di cattura.

Alcune delle tecniche adottate per la cattura dei pivieri: mist-net fisse (sx) e le trappole con esca (dx). Ph. Luke Eberhart-Phillips

Per gli esemplari che hanno inviato più a lungo dati è stato possibile verificare come questi abbiano trascorso l’inverno in Nord Africa, in particolare in Algeria e Marocco, con solo qualche sporadico movimento. La sera del 12 aprile 2020, un nuovo segnale ha annunciato la partenza del primo piviere tortolino diretto nel sud della Romania, seguito qualche giorno dopo da un secondo uccello. Ai primi di maggio 2020, gli stessi due pivieri si trattenevano ancora in Europa Orientale, compiendo piccoli spostamenti nel sud dell’Ucraina.
La tecnologia sembra funzionare e, incoraggiati dai primi dati raccolti, i ricercatori hanno deciso di proseguire con le catture per ampliare il loro campione. L’acquisizione di ulteriori conoscenze sulla scala degli spostamenti nella stagione riproduttiva, sull’utilizzo dei siti di “stop-over” durante la migrazione e, più in generale, sulla biologia della specie saranno essenziali per garantire una conservazione efficacie e duratura.

Ringraziamenti
Le attività sul campo si sono svolte grazie alla collaborazione con MUSE – Museo delle Scienze di Trento, Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino, ISPRA, Provincia di Trento e Regione Veneto. Alle attività sul campo hanno partecipato Bart Kempenaers, Johannes Krietsch, Margherita Cragnolini, Alice Pintaric, Agnes Türk, Luke Eberhart-Phillips, Ruben Evens, Paolo Pedrini, Gilberto Volcan, Marco Basso, Alessandro Franzoi e Francesco Basso. Un grazie particolare al Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino per l’ospitalità e per averci offerto l’opportunità di alloggiare alla foresteria del parco. Si ringraziano tutti coloro che hanno lavorato alla realizzazione dei permessi, in particolare ISPRA, il Servizio Foreste e Fauna della Provincia di Trento e la Direzione Agroambiente, Programmazione e Gestione ittica e faunistico-venatoria della Regione Veneto. Infine, un ringraziamento particolare a Luke per le spettacolari fotografie delle attività sul campo, tra le quali sono state selezionate le foto per questo documento.

 

Ph. Luke Eberhart-Phillips

Sul tavolo di inanellamento la pila delle schede dati è sempre più spessa; il bosco attorno a noi comincia a cambiare colore e le prime foglie secche invadono le reti, trasportate dalla frizzante aria di settembre. Ci sembra ieri che, entusiasti e speranzosi, piantavamo sotto un sole cocente i pali per sorreggere le reti e che segnavamo i dati del primo uccello inanellato: una giovane cincia mora da poco involata.

Da quei primi, caldi giorni di agosto il tempo è letteralmente volato e sono quasi due mesi che la Stazione di Inanellamento di Bocca Caset è operativa. Due mesi intensi, ricchi di sorprese e soddisfazioni. Al 15 settembre, sono 2170 gli uccelli inanellati, 66 le specie monitorate. Due di queste sono assolutamente nuove per la nostra stazione: il rondone comune (16 agosto) e la quaglia (30 agosto).

Protagonisti di questa prima fase sono i migratori trans-sahariani, prevalentemente notturni. Tra questi la balia nera, che con più di 1000 esemplari è per il momento la specie più catturata. Rilevante anche il passaggio di luì grosso e balestrucci, anche loro diretti verso le terre oltre il Sahara. Tra le altre specie inanellate con maggior frequenza ricordiamo la cincia mora, il crociere e, negli ultimi giorni, il pettirosso.

Da sinistra verso destra: cincia mora (Periparus ater), crociere (Loxia curvirostra), pettirosso (Erithacus rubecula).

La tarda estate del 2017 ci ha poi regalato diverse catture di rapaci diurni: alcuni sparvieri, un gheppio e, in un torrido mezzogiorno di agosto, una bella poiana. Più in su, irraggiungibili e maestosi, abbiamo avvistato l’aquila reale, il biancone, il falco pecchiaiolo, il falco di palude e, pochi giorni fa, un grifone, uno tra i più grandi avvoltoi europei. Frequenti anche le catture di rapaci notturni: assiolo, gufo comune, civetta nana e persino un allocco. Per la civetta capogrosso poi, l’annata sembra essere stata particolarmente favorevole: la nutrita popolazione di roditori che quest’anno popola i prati e i boschi attorno al valico deve aver sicuramente giocato a suo favore.

Da sinistra verso destra: assiolo (Otus scops), sparviere (Accipiter nisus), gufo comune (Asio otus).

Ci sono poi specie che nei nostri registri compaiono poche volte e non tutti gli anni, testimoniando catture rare e occasionali: l’ortolano, il rigogolo, il pettazzurro e il cuculo. Diversamente dalle annate precedenti, registriamo invece un numero insolitamente alto di zigoli muciatti, uccelli amanti degli ambienti di quota assolati e semi aridi. Ancora nessuna “ricattura straniera”, ovvero la rilettura di anelli di uccelli inanellati in altre stazioni europee. Da segnalare però le ricatture di alcuni individui locali, tra cui ciuffolotti, cince, regoli e una cincia alpestre inanellata a Bocca di Caset nell’autunno del 2013.

Da sinistra verso destra: ortolano (Emberiza hortulana), rigogolo (Oriolus oriolus) e zigolo muciatto (Emberiza cia).

Ora, con ottobre ormai alle porte, aspettiamo i migratori a corto raggio, quegli uccelli che svernano all’interno del Bacino del Mediterraneo: lucherini, fringuelli, frosoni…le prime avvisaglie stanno arrivando proprio in questi giorni. Restano poco più di 30 giorni di attività, ma quando tra un mese, smontate le reti, lasceremo Caset, avremo sicuramente tante nuove storie da raccontarvi.

Trento, secondo piano del Museo delle Scienze: nella Sezione di Zoologia dei Vertebrati fervono i preparativi per una nuova stagione di monitoraggio della migrazione degli uccelli! Dal 1° agosto fino al 27 di ottobre, le nostre reti torneranno a gonfiarsi sopra il valico di Bocca Caset, sul Monte Tremalzo in Val di Ledro.

 

La Stazione di Inanellamento del MUSE presso il valico di Bocca Caset.

 

La squadra di ricercatori e collaboratori è pronta per trasferirsi a 1600 m di quota per studiare uno dei più straordinari fenomeni del mondo naturale: la migrazione degli uccelli. Dopo 25 anni, l’entusiasmo è quello della prima volta…sarà abbondante il passo? Quale sarà la specie più numerosa? Riusciremo a inanellare qualche specie rara? E il meteo…. ci assisterà?

Fiore all’occhiello della Rete di Riserve Alpi Ledrensi, l’area che circonda Bocca Caset (Zona di Protezione Speciale della Rete Natura 2000 del Trentino) è un luogo privilegiato per osservare soprattutto nelle mattinate tardo estive e autunnali le molte specie che sorvolano in stormi numerosi questo luogo, spinti fin qui dall’orografia delle montagne e dalla direzione dei venti.

 

Un esemplare di Assiolo (Otus scops) appena inanellato

Gli uccelli catturati vengono “marcati” mediante l’apposizione di un leggerissimo anello di metallo riportante un codice alfanumerico: chiunque lo ritrovi saprà che quell’uccello è passato per questo valico prealpino. Vengono poi registrati i valori di alcune biometrie e l’animale viene infine rilasciato. Di stazioni come quella di Bocca Caset ne esistono altre 10 dislocate lungo l’arco alpino italiano: operano in simultanea, secondo tecniche standardizzate, coordinate dal Progetto ALPI. Una seconda in Trentino, sempre del MUSE, verrà aperta al Passo del Broccon, in Trentino orientale, da fine settembre per tutto ottobre.

Il Progetto ALPI è coordinato dal Centro di Inanellamento ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e dal MUSE – Museo delle Scienze di Trento: un monitoraggio a lungo termine avviato nel 1997 e finalizzato alla comprensione delle modalità e periodi di attraversamento delle Alpi delle oltre cento specie che vi transitano e dell’ecologia della migrazione.

 

Per chi desidera farci visita, a partire dal 5 agosto, sarà possibile partecipare alle attività promosse dalla Rete di Riserve Alpi Ledrensi, in particolare:

Visite guidate per gruppo alla Stazione sono organizzate dal Consorzio Turistico Valle di Ledro (http://www.vallediledro.com/it/escursioni-natura-in-volo-sulle-alpi-8), in collaborazione con la Rete di Riserve.

Per gruppi familiari: è possibile visitare la stazione dopo le 10,00; potrete dialogare con i ricercatori, assistere alle operazioni di inanellamento e osservare da vicino gli intrepidi viaggiatori dei cieli.

 

Regolo (Regulus regulus) in sosta. Sulla zampa sinistra si nota il piccolo anello di metallo.