Con l’inizio di ottobre, la stazione di Bocca Caset raggiunge i due mesi di attività. Un lasso di tempo sufficiente per fare le prime considerazioni sull’andamento della migrazione…

La gran parte dei migratori a lungo raggio, quelli che svernano nell’Africa sub-sahariana, è ormai passata: balie nere, codirossi comuni, luì grossi, balestrucci e prispoloni inanellati nei giorni scorsi altro non sono che la “coda” della migrazione transalpina di questo gruppo di specie, altrimenti concentrata tra la fine di agosto e l’inizio di settembre.
Per quanto riguarda i numeri totali, rispetto allo stesso periodo del 2017, il 2018 è stato decisamente meno abbondante, con uno scarto di quasi 1000 uccelli (1700 contro più di 2600). A mancare sono state soprattutto le balie nere, con circa la metà degli individui inanellati (meno di 500 a dispetto delle oltre 1000 dell’anno scorso), mentre il passaggio di luì grosso e codirosso comune si è mantenuto simile (90 e 50 rispettivamente). All’appello mancano poi diverse cince more, crocieri e lucherini, i cui spostamenti invasivi avevano caratterizzato la stagione migratoria alpina 2017.

Anche la presenza degli uccelli locali è stata molto scarsa: cince alpestri e dal ciuffo, regoli, rampichini alpestri, passere scopaiole, tordi bottacci, ciuffolotti, pettirossi, picchi e civette sembrano aver risentito di una stagione riproduttiva difficile. I giovani nati nei dintorni della stazione da noi inanellati sono stati davvero pochi, suggerendo uno scarso successo riproduttivo nella primavera-estate 2018. Decisamente in contro tendenza è stato invece l’andamento della migrazione del pettirosso: nella sua prima fase, cominciata a inizio settembre, abbiamo catturato circa il doppio di uccelli rispetto allo stesso periodo del 2017 (circa 500 vs 250).

Oscillazioni così marcate tra un’annata e l’altra non devono sorprendere, poiché l’abbondanza delle diverse specie migratrici è il risultato dell’interazione di numerosi fattori: il successo riproduttivo nelle aree geografiche di origine, le condizioni meteorologiche e climatiche nella regione alpina durante l’attraversamento e quelle locali, nel luogo di inanellamento. Con l’inizio di ottobre aspettiamo il picco dei migratori a corto raggio: fringuelli, lucherini, tordi bottacci e pettirossi, attraverseranno il valico di Bocca Caset per dirigersi nell’Europa meridionale e nel Nord-Africa, dove trascorreranno l’inverno.

Ricordiamo infine che dal 21 settembre il monitoraggio della migrazione sui valichi trentini si è ulteriormente intensificato, con l’apertura della seconda stazione di inanellamento gestita dal MUSE – Museo delle Scienze, presso il Passo Brocon nel Tesino (Trentino Orientale). A entrambe le stazioni resta poco meno di un mese di attività: Bocca di Casét proseguirà fino al 26 ottobre, il Passo del Brocon fino al 21 ottobre.
Entrambe le stazioni sono liberamente visitabili, con l’opportunità di osservare da vicino le operazioni di inanellamento e di interagire con i ricercatori. Per rimanere sempre aggiornati sulle ultime novità dalle Stazioni, vi invitiamo a seguire le pagine Facebook dedicate:

Stazione di inanellamento e monitoraggio Caset
Passo del Brocon – Stazione di inanellamento a scopo Scientifico (Pagina FB) e Amici del Brocon (Sito web)

«LIFE WITH BEARS» è il titolo della XXVI Conferenza dell’International Bear Association, tenutasi dal 16 al 21 settembre a Lubiana e che ha visto riunirsi nella città slovena i più grandi esperti internazionali di orso che, a vario titolo (ricercatori, conservatori, tecnici, manager e divulgatori), lavorano per la conservazione dell’orso nel mondo.

 

26° Conferenza Internazionale dell’IBA “Life with Bears”, Lubiana (Slovenia). Ph. Marta Gandolfi / Arch. MUSE

 

La conferenza, organizzata nell’ambito del Progetto europeo Life Dinalp Bear  ha visto la partecipazione della nostra sezione con 2 poster e una presentazione orale. Oggetto di presentazione dei poster sono stati il monitoraggio dell’orso tramite la tecnica del fototrappolaggio, realizzato nell’ambito di un progetto di dottorato, in collaborazione con la Sezione di Biodiversità Tropicale del MUSE e con il Servizio Foreste e fauna della Provincia Autonoma di Trento (dottoranda: Valentina Oberosler), e l’esperienza ormai quasi ventennale nella comunicazione sull’orso bruno in Trentino, dalla reintroduzione fino ai giorni nostri, con una panoramica di tutte le realtà che, come il MUSE, collaborano con il Servizio Foreste e fauna della PAT per una diffusione capillare delle informazioni scientifiche sulla specie (presentato da: Marta Gandolfi).

La presentazione orale ha invece affrontato il tema degli attacchi di orso bruno all’uomo su scala globale, offrendone una panoramica generale. Anche in questo caso l’analisi è frutto delle ricerche condotte in un secondo progetto di dottorato, in collaborazione con l’Università di Oviedo (Spagna), (dottoranda: Giulia Bombieri).

 

Presentazione del lavoro “Brown bear attacks on humans: a worldwide overview”, da parte di Giulia Bombieri. Ph. Marta Gandolfi – Arch. MUSE.

 

Anche in questa occasione, la Conferenza Internazionale dell’IBA si è rivelata un’esperienza positiva di aggiornamento sulla conservazione dell’orso a livello mondiale ed un’opportunità di incontro con colleghi, ricercatori ed esperti di fama mondiale, per acquisire nuove conoscenze, condividere esperienze e ottenere input positivi per nuovi progetti futuri.

Qui potete scaricare i PDF dei due poster presentati alla conferenza:

 

Gli attacchi dei grandi carnivori raccontati dai giornali

by Giulia Bombieri on

Perché abbiamo paura dei grandi carnivori? Sarà per le ancestrali rivalità, per esperienza diretta, o perché ce lo dicono i giornali?

In uno studio recentemente pubblicato nella rivista BioScience, ci siamo chiesti in che modo le notizie pubblicate dai mass media internazionali presentino gli attacchi all’uomo da parte di grandi carnivori. È risaputo, infatti, che l’utilizzo di un linguaggio e di immagini violenti e crudi (i cosiddetti graphic contents) aumenta la probabilità che un evento resti impresso nella nostra mente e condizioni negativamente la nostra percezione dell’evento stesso. Nonostante gli attacchi all’uomo siano eventi rari, quando accadono, attirano una sproporzionata attenzione da parte dei media locali e internazionali, i quali, spesso e volentieri, per accaparrarsi qualche lettore in più, non esitano ad ingigantire e drammatizzare i fatti facendo leva sulle nostre paure.

Eccetto attirare facili lettori e creare inutile allarmismi, però, questa ‘tecnica’ non solo non dà nessuna informazione utile al pubblico sul potenziale rischio di essere attaccati e su cosa fare in caso di un incontro ravvicinato con un grande carnivoro, ma neutralizza anche il duro lavoro che le istituzioni portano avanti per promuovere una corretta informazione sui grandi carnivori.

Quello che è emerso dall’analisi del contenuto di più di 1500 articoli di testate internazionali pubblicati tra il 2005 e il 2016, è che circa la metà degli articoli contengono elementi (linguaggio o immagini) violente. Un risultato allarmante, se pensiamo a quante persone, al giorno d’oggi, hanno accesso a questi articoli grazie a internet e, soprattutto, a quante persone credono ciecamente a tutto ciò che leggono sui giornali o, in generale, sul web.

Questo è ciò che è emerso solamente considerando gli articoli riguardanti gli attacchi all’uomo; cosa ne uscirebbe se analizzassimo tutti gli articoli pubblicati dai giornali sui grandi carnivori? In Italia, probabilmente, i risultati sarebbero preoccupanti, vista l’evidente disinformazione che circola soprattutto nei periodici locali. Ma è davvero così difficile, per un giornalista, informarsi adeguatamente prima di scrivere un articolo che verrà letto da centinaia di persone? Di esperti in materia di grandi carnivori, per fortuna, ce ne sono abbastanza e non sarebbe male lasciare che siano loro a fare informazione sul tema.

Ad ogni modo, se le notizie pubblicate dai mass media siano la causa o la conseguenza delle nostre paure rimane una questione aperta…

 

Foto: Vincenzo Penteriani