Prosegue la raccolta dati riguardanti il francolino di monte nei territori del Parco Naturale Paneveggio – Pale di San Martino. Lo studio, cominciato nel 2015, vede la collaborazione tra Museo delle Scienze di Trento, Parco Naturale Paneveggio – Pale di San Martino e Fondazione Edmund Mach, con lo scopo di approfondire biologia, ecologia e uso dell’habitat nel periodo invernale della specie. Una ricerca con caratteri di innovatività, che ricorre a tecniche genetiche non invasive e a moderni metodi statistici.

Il francolino di monte, assieme a gallo cedrone (Tetrao urogallus), fagiano di monte (Lyrurus tetrix) e pernice bianca (Lagopus muta), è una delle quattro specie di tetraonidi che si possono incontrare sull’arco Alpino. Negli ultimi 30 anni, il loro areale di distribuzione ha registrato una forte contrazione con motivazioni di varia natura: le alterazioni ambientali (es. gestione delle foreste, prati, pascoli), il bracconaggio ed i cambiamenti climatici. Tra i quattro tetraonidi, il francolino di monte resta forse il meno conosciuto: la livrea estremamente mimetica, associata ad una spiccata elusività, rendono questa specie particolarmente difficile da studiare.

Ph. Wikimedia Commons


Le ricerche, si sono concentrate in un’area di circa 700 ettari ai piedi del Monte Cimerlo, in Val Canali, a quote comprese tra i 1000 ed i 1700 m. La vegetazione del luogo appare molto diversificata: associazioni di faggio, abete rosso, abete bianco, peccete, laricete, abetine secondarie in fase matura ed ex zone prative a larice. Nelle zone ecotonali fa la sua comparsa il nocciolo, naturalmente presente insieme al sorbo degli uccellatori, al biancospino ed al sorbo montano.
Il materiale biologico destinato all’analisi genetica, consiste in campioni fecali rinvenuti nel periodo invernale lungo transetti lineari. I transetti, distanziati regolarmente l’uno dall’altro sono stati percorsi per 5 volte nel periodo tra dicembre ed aprile, raccogliendo quanti più possibili campioni appartenenti alla specie-target. Altro aspetto importante riguarda lo stoccaggio del materiale biologico campionato, con i pellet (campioni fecali) conservati in apposite provette corredate dai dati riguardanti le coordinate geografiche di ritrovamento, il transetto e la zona di rinvenimento, il numero della visita e l’id. del campione. In aggiunta a questi, al ritrovamento dei pellet si accompagnava la raccolta dei dati topografici e ambientali del sito.

 

A sinistra pista su neve di Francolino di monte (Foto M. Anderle); a destra gruppo di fatte prima di essere raccolte (Foto A. Forti).

 

Molteplici le informazioni che il DNA estratto dai campioni potrebbe fornire, tra queste: identità, sesso e dieta invernale degli individui presenti nell’area studio. Queste stessi dati aprirebbero poi la strada a stime riguardanti la densità della popolazione, home range e uso dello spazio in relazione ai vari habitat presenti tramite metodi di cattura-ricattura spaziale non-invasiva (campioni fecali).

Ringraziamenti: Alessandro Forti e Matteo Anderle che hanno contribuito equamente alla stesura del testo.

Ringraziamo inoltre: Piergiovanni Partel, Enrico Dorigatti, Gilberto Volcan, Roberto Celva, Maurizio Salvadori, Cristiano Vernesi, Barbara Crestanello, Ilaria Fracasso, Paolo Pedrini, Simone Tenan e Chiara Fedrigotti.

«L’incredibile mondo dei gechi» è il titolo della mostra che dal 17 aprile al 1 maggio ha arricchito l’esposizione al piano -1 del MUSE. Con la loro espressione enigmatica, le abitudini curiose e gli incredibili adattamenti, i gechi hanno saputo colonizzare ogni angolo del pianeta: dalle fredde foreste della Nuova Zelanda alle torride distese sabbiose del Sahara, dagli ultimi angoli di natura incontaminata ai muri delle nostre città. 14 esemplari provenienti da tutto il pianeta (Madagascar, Nuova Caledonia, Australia…), per offrire ai visitatori piccole “pillole” naturalistiche sulla vita dei gechi e sensibilizzare il pubblico nei confronti delle tante problematiche che affliggono questi animali: distruzione dell’habitat, urbanizzazione, commercio per la terrariofilia.

 

 

A curare la mostra, in collaborazione con il MUSE, l’Italian Gekko Association (IGA), realtà che raccoglie attorno a sé grandi appassionati di gechi, che operano in diversi settori: dai ricercatori universitari agli allevatori. Ad unirli è il comune obiettivo di informare e di diffondere tra le persone le conoscenze che abbiamo su questo gruppo di specie, contribuendo alla loro conservazione in natura e in cattività. La mostra temporanea ha offerto anche la perfetta cornice per l’Italian Gekko Meeting 2018 – il convegno annuale dell’IGA – di sabato 21 aprile. La giornata, animata da un costante confronto e dibattito, ha visto ricercatori ed esperti avvicendarsi al tavolo dei relatori, toccando diverse tematiche di interesse: tecniche di allevamento, report fotografici, problematiche di conservazione e dinamiche di espansione.

Più che positiva la reazione del pubblico, che con interesse e curiosità si aggirava tra i terrari nel tentativo di avvistare gli animali, nascosti nel loro ambiente. Una partecipazione che ha incoraggiato il museo a prolungare di qualche giorno la mostra, lieto di ospitare nelle sue sale un altro piccolo frammento di biodiversità.

 

18° Giornata delle Aree Protette del Trentino

by Chiara Fedrigotti on

Si è svolta lunedì 23 aprile, nella splendida cornice di Villa Welsperg, la 18° Giornata delle Aree Protette del Trentino. Autorità provinciali, amministratori, responsabili e operatori dei parchi e delle Reti di Riserve, si sono dati appuntamento alle porte del Parco Naturale Paneveggio – Pale di San Martino per momento di confronto tra realtà attive nella conservazione del patrimonio naturale trentino. Di particolare rilievo, sono stati gli interventi del mattino, tutti accomunati da un unico filo conduttore: “conoscere per conservare”. Temi centrali del dibattito sono stati quindi le attività di monitoraggio e l’indagine scientifica come strumenti per assicurare una conservazione robusta ed efficiente degli habitat e delle specie presenti in Trentino.
Altra parola emersa fin dalle battute iniziali, è stata quella di “equilibrio”: il dirigente provinciale Romano Masé ha ricordato l’impegno nel promuovere e nel ricercare la convivenza tra sviluppo e conservazione. Insieme a lui Giacobbe Zortea, assessore del Comune di Primiero, ha condiviso un apprezzamento per la nutrita partecipazione, testimonianza di un crescente interesse nei confronti della tutela ambientale; mentre Silvio Grisotto, Presidente del Parco ospitante, ha lanciato lo slogan “Conoscere per conservare e gestire”, spostando l’attenzione sulla tutela attiva, basata sulla partecipazione e l’inclusione delle attività tradizionali.

Al momento dei saluti è seguito l’intervento di Claudio Ferrari, dirigente del Servizio Sviluppo Sostenibile e Aree Protette, che ha offerto una panoramica delle tematiche successivamente approfondite: nonostante la crescente consapevolezza del valore della natura, si fatica ancora a comprendere l’importanza delle fasi di studio e di ricerca che sempre devono precedere le azioni e gli interventi di tutela. Ferrari ha quindi ricordato il ruolo dei musei (MUSE e Fondazione Museo Civico di Rovereto) nella pianificazione dei monitoraggi all’interno delle aree protette, le energie investite per la divulgazione delle conoscenze acquisite e l’importante processo di inventariazione delle azioni di tutela operata nel corso del Progetto Life + TEN. I successivi interventi, a cura di Paolo Pedrini (MUSE) e Alessio Bertolli (FMCR), hanno quindi illustrato con maggior dettaglio i monitoraggi condotti negli ultimi anni dalle rispettive realtà di appartenenza: l’attività ha coperto in maniera capillare l’intero territorio, coinvolgendo realtà pubbliche e private, permettendo di stilare liste di specie e relativa priorità di conservazione e di standardizzare le metodologie secondo cui i monitoraggi vengono condotti. Un lavoro testimone di una crescente competenza operativa.

 

Ad animare la seconda parte della mattinata sono stati gli interventi dei tecnici dei Parchi: Piergiovanni Partel, del Parco Paneveggio-Pale di San Martino ha presentato i dati raccolti in oltre dieci anni di ricerche sul gallo cedrone, cogliendo l’occasione per presentare la recente pubblicazione della collana «I Quaderni del Parco», dedicata proprio a questo argomento. Andrea Mustoni, del Parco Natuale Adamello-Brenta ha invece presentato “BIOMITI”, il nuovo progetto di ricerca finalizzato ad approfondire le conoscenze sulla biodiversità del parco e sugli effetti dei cambiamenti climatici ed ambientali in corso. Infine, Luca Pedrotti ha illustrato per il Parco dello Stelvio i numerosi interventi di conservazione condotti negli ultimi anni e strutturati proprio a partire da attività di ricerca. Altro spazio è stato riservato al lavoro di digitalizzazione operato sui dati riguardanti le azioni di tutela attiva, la cui localizzazione e stato di avanzamento sono oggi visibili sulla piattaforma http://pat.azionilifeten.com/. A presentare obiettivi del progetto e funzionamento dell’interfaccia sono stati Daniele Bassan, del Servizio Sviluppo sostenibile e aree protette, Aaron Iemma, collaboratore del Servizio per lo sviluppo dell’interfaccia medesima.

 

Il Laghetto Welsperg, poco lontano dalla Villa, è stato oggetto di interventi di riqualificazione a beneficio di anfibi, pesci autoctoni e del gambero di fiume. Ph. Archivio MUSE

 

In avvio di conclusione, i coordinatori di alcune Reti di Riserve hanno illustrato alcune delle azioni di conservazione attiviate in questi anni nei territori di loro competenza, mentre a Romano Masè è spettato il compito di sintetizzare e raccogliere i principali spunti emersi nel corso della mattinata. La conoscenza, il dato scientifico si confermano il requisito essenziale per la predisposizione di strategie di conservazione solide ed efficaci, così come per il raggiungimento degli obiettivi individuate dalle Direttive Habitat e Uccelli. Il monitoraggio costante e approfondito è lo strumento attraverso cui tale conoscenza viene acquisita e va pertanto supportato e valorizzato. Accanto al monitoraggio, anche il cambiamento culturale andrà sostenuto, potenziando la comunicazione e la divulgazione, per un approccio alla conservazione condiviso, diffuso e partecipato.