Fra questi, la caratterizzazione degli habitat riproduttivi della salamandra nera (Salamandra atra), con un focus particolare circa la valutazione delle possibili azioni di tutela della specie. Altra attività condotta riguarda la caratterizzazione degli habitat prativi attraverso lo studio degli effetti della gestione di questi ambienti sulla biodiversità mediante indagini mirate su alcune specie indicatrici di qualità ambientale, come l’averla piccola (Lanius collurio) e il re di quaglie (Crex crex).
Lo studio ha preso anche in esame gli habitat forestali e quelli rupicoli. Nel primo ambito è stata condotta una indagine sullo stato di conservazione degli ecosistemi forestali, attraverso lo studio di alcuni tetraonidi, con particolare riferimento al francolino di monte (Bonasa bonasia) quali specie indicatrici, mentre per gli ambienti rupicoli sono state approfondite le conoscenze su alcune specie di rapaci che nidificano in tali contesti.
Queste attività, hanno lo scopo di implementare lo stato delle conoscenze di alcune specie e habitat Natura 2000 che caratterizzano il territorio, al fine di verificare l’efficacia delle misure di conservazione adottate e di concorrere all’aggiornamento o alla implementazione delle strategie di conservazione.
Restituire una fotografia oggettiva della presenza di orsi problematici in provincia di Trento e nelle Alpi centro orientali; fornire una stima del numero di individui problematici che potrebbero comparire nei prossimi anni; valutare l’efficacia delle modalità di intervento indicate dal Piano d’Azione interregionale per la Conservazione dell’Orso Bruno sulle Alpi Centro-Orientali (PACOBACE). Sono queste le tre direttrici attorno a cui si è sviluppato il lavoro dei ricercatori ISPRA e MUSE per la stesura del rapporto tecnico recentemente diramato dalla Provincia Autonoma di Trento.
Nell’inquadrare la situazione attuale, il rapporto analizza nel dettaglio la casistica delle situazioni critiche registrate tra il 2009 e il 2019. La presenza di orsi problematici è un tratto comune a tutte le popolazioni di orso. La proporzione di individui che si rendono responsabili di conflitti con l’uomo rappresenta però una minima parte rispetto al totale. In Trentino, gli orsi particolarmente problematici sono stati in tutto 19, suddivisibili in differenti categorie: 6orsi dannosi e 15 orsi pericolosi, a loro volta suddivisi in orsi confidenti (11) e orsi che hanno attaccatopersone (4).
All’origine di questi comportamenti troviamo una molteplicità di fattori: le caratteristiche dell’ambiente, la compresenza di attività antropiche, le specificità della popolazione e dei singoli individui e, non ultimo, i comportamenti umani inadeguati. In questa complessità, l’importanza delle azioni di prevenzione appare evidente. Tra queste rientrano l’installazione di cassonetti dei rifiuti “anti-orso” e di recinzioni a difesa delle attività apistiche, agricole e zootecniche, l’informazione diffusa sui comportamenti più corretti da tenere.
Grado di problematicità dei possibili comportamenti di un orso e relative azioni previste dal PACOBACE. Le lettere i-j-k stanno rispettivamente per: cattura con rilascio allo scopo di spostamento e/o radiomarcaggio; cattura per captivazione permanente; abbattimento.
Nel sondare lo sforzo proattivo svolto fino ad oggi dal Servizio competente della Provincia, il rapporto getta uno sguardo anche al futuro, provando ad inquadrare l’insorgenza di nuove situazioni conflittuali alla luce dell’evoluzione demografica della popolazione trentina di orso tracciata dai modelli. Ad oggi, appare chiaro che gli interventi di gestione messi in atto e altre cause antropiche di mortalità hanno contribuito a mantenere il numero di animali problematici relativamente stabile. Con una stima di circa 130 animalinel 2025 (piccoli dell’anno esclusi), i risultati suggeriscono che nei prossimi 5 anni, il numero di orsi che potrebbe manifestare comportamenti problematici si aggiri intorno ai 5 individui (in media 1/anno), arrivando a 15, nello scenario più pessimista.
Le proiezioni riguardanti la demografia della popolazione e l’insorgenza di orsi problematici nei prossimi 5 anni.
Nel trattare queste previsioni (e i relativi limiti interpretativi), il rapporto dedica anche un’analisi approfondita alle criticità legate alla misura gestionale più energica indicata dal PACOBACE: larimozione. Tale azione, che fino ad oggi si è tradotta per lo più in una captivazione permanente, in un futuro prossimo e a lungo termine, è ritenuta insostenibile per diverse ragioni: i costi di mantenimento per orsi e strutture nel lungo periodo; le criticità in termini di benessere animale; l’impossibilità di rilasciare nuovamente in natura animali ormai abituati all’uomo. È chiaro, dunque, che in presenza di un orso per il quale ogni azione di prevenzione e dissuasione si sia dimostrata inefficace l’abbattimento potrebbe rendersi un’opzione necessaria e inevitabile. Si tratterà in ogni caso di una decisione fondata sulla ricostruzione oggettiva dei fatti e sulla storia individuale dell’orso problematico.
Le evidenze dirette ed estratte dalla bibliografia internazionale dimostrano che una gestione proattiva che miri a prevenire l’insorgere di comportamenti problematici, in particolare confidenti verso l’uomo, rappresenta una strategia molto più efficace rispetto alla gestione reattiva (e.g. dissuasione o rimozione degli individui) e può evitare il manifestarsi di criticità di gestione limitando i conflitti sociali.
Il Rapporto sottolinea quindi la priorità di rafforzare gli sforzi tesi a prevenire l’insorgenza di comportamenti potenzialmente pericolosi ed il verificarsi di condizioni di rischio, in particolare riducendo le probabilità di condizionamento alimentare e di avvicinamento a centri abitati e altre strutture umane tramite l’implementazione di azioni specifiche. Viene ribadita inoltre l’importanza delle azioni di comunicazione e di un monitoraggio attento della popolazione e delle situazioni di rischio al fine di garantire interventi efficaci nelle situazioni critiche ed una corretta informazione della popolazione.
Viene inoltre segnalata la necessità di una migliore e più trasparente rendicontazione da parte della Provincia Autonoma di Trento di tutti gli episodi potenzialmente critici, al fine non solo di garantire valutazioni tecniche accurate da parte di enti esterni, ma anche di evitare la circolazione di notizie false o inaccurate riguardo tali episodi, che contribuirebbero all’esacerbarsi di conflitti sociali.
Il raro chirottero è stato rinvenuto martedì 26 gennaio 2021 nella piazza di Piedicastello a Trento. Si tratta di una delle poche osservazioni trentine: in provincia non si conoscono infatti dormitori o colonie di questo particolare mammifero.
Irzio Maiolini, 7 anni, non credeva ai suoi occhi quando, la mattina di martedì 26 gennaio 2021, sulla neve del centro di Piedicastello, ha rinvenuto morto, presumibilmente assiderato in conseguenza delle temperature notturne molto basse, un grosso pipistrello dall’aspetto inconsueto: grigio scuro, con grandi orecchie tondeggianti rivolte in avanti, muso con labbra superiori mollemente ricadenti in pliche su quelle inferiori come in un improbabile bull-dog francese, e lunga coda libera e sporgente all’indietro. È bastata una rapida consultazione con la Sezione Zoologia dei Vertebrati del Museo delle Scienze (il papà di Irzio, Carlo, lavora al MUSE dove fa parte del gruppo di Citizen Science) per capire che si trattava di un ritrovamento singolare: un esemplare adulto del molosso di Cestoni, Tadarida teniotis, una delle specie di Chirotteri meno note del Trentino, probabilmente deceduto a causa del freddo pungente dopo aver abbandonato una soffitta o un qualche anfratto in un edificio storico dove stava ibernando.
L’esemplare rinvenuto a Piedicastello
Il “molosso” (descritto come specie all’inizio dell’Ottocento da un biologo statunitense che lo dedicò alla memoria del naturalista marchigiano del Seicento Diacinto Cestoni) è un pipistrello presente nell’Europa mediterranea, in Africa settentrionale e in vaste zone dell’Asia centrale, abitualmente legato ad ambienti rupestri, come falesie affacciate sul mare o pareti rocciose in vallate montane; in tempi recenti si sono intensificate anche le segnalazioni in ambiente urbano, soprattutto ai piani alti delle vecchie case dei centri storici. La specie ha preferenze rupicole sia in periodo riproduttivo (quando viene dato alla luce un solo piccolo all’anno, tra giugno e luglio), sia nella scelta dei siti di svernamento, dove passa i mesi freddi in una condizione che, più che una vera letargia, è un profondo torpore, da cui è indotto al risveglio dal miglioramento anche temporaneo delle condizioni meteoclimatiche.
In Trentino, però, spiegano gli esperti del MUSE, il molosso di Cestoni è poco più di un fantasma. Le informazioni su distribuzione e abbondanza sono ancora lacunose.
Il Molosso di Cestoni nell’Atlante dei Mammiferi della provincia di Trento.
«Le notizie riguardanti la presenza della specie in Trentino – confermano dal Museo delle Scienze – sono molto scarse e frammentarie: finora non è stato scoperto alcun dormitorio o colonia riproduttiva di questi animali, né sono noti siti stabilmente utilizzati per svernare. Eccezione fatta per qualche esemplare catturato occasionalmente durante l’attività autunnale di monitoraggio della migrazione degli uccelli e inanellamento a scopo scientifico ai valichi del Caset e del Brocon (presumibilmente in migrazione post-riproduttiva “verticale” da territori montani verso aree invernali più a bassa quota), le segnalazioni nella nostra provincia superano a malapena la decina. Il nostro sfortunato “mastino con le ali”, perito in una notte di mezzo inverno, ci lascia dunque un prezioso dato di presenza svernante, per di più in contesto urbano, dove di questa specie si sa ancor meno».
Da qui si intuisce l’importanza della Citizen Science, l’insieme di pratiche che coinvolgono i cittadini nella costruzione del sapere scientifico. Un processo partecipativo che il MUSE, dal 2019 membro di ECSA (Associazione Europea di Citizen Science), sta sviluppando con un portfolio coordinato di attività dedicate, nell’ottica di costruire sia in campo educativo che sociale una scienza intesa come bene comune, democratica, aperta e accessibile a tutti.
Chi avesse segnalazioni legate ai pipistrelli o volesse semplicemente saperne di più su come comportarsi in caso di osservazioni o ritrovamenti, può rivolgersi agli esperti del MUSE attraverso il progetto di Citizen Science “S.O.S Pipistrelli”. A questo proposito si coglie l’occasione per specificare che le specie di chirotteri presenti in Italia non corrispondono alle stesse segnalate in Cina come potenziali responsabili della trasmissione del coronavirus. La loro presenza non deve quindi destare paure ingiustificate. Anzi, questi animali, preziosi bioindicatori, segnalano un buon livello di salute ambientale.
Prosegue, inoltre, l’attività del gruppo Facebook “Citizen Science MUSE”, che ha da pochi giorni superato i mille iscritti: un luogo virtuale dove poter richiedere l’aiuto degli esperti del MUSE per tutti i dubbi identificativi relativi a minerali, rocce, fossili, piante e animali.
Immagini: Osvaldo Negra, Carlo Maiolini, Paolo Paolucci
Tordo bottaccio - Ph. Arch. MUSE/PP Con l'arrivo della primavera riprendono le attività del progetto dedicato all'identificazione dei siti di svernamento e stop-over dei tordi bottacci, mediante l'utilizzo di ricetrasmittenti. Read More
Tordo bottaccio - Ph. Arch. MUSE/PP I primi maschi raggiungono i loro siti di nidificazione presso la Riserva Naturale Palù di Tuenno, anticipando di qualche giorno le femmine.
Migrazione Anfibi - Ph. Daniel Lebech Nässling Iversen Raganella italiana settentrionale incontrata durante il salvataggio Anfibi effettuato al Lago di Loppio. Le raganelle non sono anuri migratori per eccellenza. È comunque possibile incontrarle di notte nei siti dove ne è nota la presenza.
Migrazione Anfibi/ph. Daniel Lebech Nässling Iversen Tritone alpestre, maschio in fase terrestre incontrato presso il Lago di Loppio.
Migrazione anfibi - Ph. Daniel Lebech Nässling Iversen Individuo di Rana dalmatina in migrazione verso il sito di riproduzione, presso il Lago di Loppio, individuato durante un'attività di salvataggio Anfibi promossa da WWF/LAV.
Gufo reale - Ph. Ivan Callovi Monitoraggio delle coppie nidificanti di Gufo reale nelle aree della Rete Natura 2000.
Gufo reale - Ph. PP/Arch.MUSE Tra gli scopi dell'indagine, la valutazione delle azioni di conservazione intraprese a favore della specie (es. mitigazione degli impatti delle linee elettriche).
Fototrappole - Camoscio Ph. Arch.MUSE Monitoraggio sistematico con fototrappole nell'area del Parco Naturale Adamello Brenta.
Fototrappole - Orso brunoPh. Arch. MUSE Tanti gli animali avvistati, ma molte di più le persone "catturate" durante la loro frequentazione della montagna.
Fototrappole - Capriolo Ph. Arch.MUSE La presenza antropica lungo i sentieri è sempre più consistente, richiedendo la giusta riflessione per una sana convivenza con la fauna selvatica.
Piviere tortolino - Ph. Paolo Pedrini/Arch.MUSE I ricercatori del Max Plank Institute si sono recati sulle cime del Parco Naturale di Paneveggio - Pale di S. Martino per proseguire gli studi sul piviere tortolino.
Tortolini - Ph. Paolo Pedrini/Arch.MUSE A supporto dei ricercatori del Max Plank, anche personale di ISPRa (Istituto Superiore per la Ricerca e Protezione Ambientale), del MUSE e del Parco.
Ululone dal ventre giallo Monitoraggio dell’ululone dal ventre giallo in Trentino. Gli ambienti indagati sono rappresentati da vasche agricole e pozze d’alpeggio.
Gambero di fiume 2020 Monitoraggio del gambero di fiume (Austropotamobius pallipes) nelle Reti di Riserve Val di Cembra, Alpi Ledrensi e Valle del Chiese .
Rare Wildlife Alert
Voltapietre/ph. Karol Tabarelli de Fatis Uccello limicolo che nidifica nei territori più nordici dell'emisfero boreale. La migrazione post-riproduttiva verso i quartieri di svernamento interessa le zone litorali, più raramente le aree interne come le Foci della Sarca, dove è stato fotografato. L'osservazione in questione rappresenta una delle pochissime a livello regionale, costituite principalmente da dati storici.
Piovanello pancianera/ph. Karol Tabarelli de Fatis Nidificante nella tundra artica lo si può osservare con una certa regolarità in regione, seppur con numeri limitati. La sua presenza è subordinata al reperimento di aree naturali idonee per la sosta, dove con la giusta tranquillità, possa procacciarsi il cibo, costituito principalmente da Anellidi che scova sondando, minuziosamente, il fango con il lungo becco.
Pavoncelle/ph. Karol Tabarelli de Fatis Esemplari avvistati in sosta migratoria nei campi davanti alla Riserva Naturale Provinciale di Inghiaie (Levico Terme), nella Rete di Riserve del Fiume Brenta.
Nibbio reale/ph. Karol Tabarelli de Fatis Esemplare avvistato presso la Riserva Naturale Provinciale di Inghiaie, nella Rete di Riserve del Fiume Brenta.
Gipeto/ph. Karol Tabarelli de Fatis Pierro, individuo dotato di trasmittente satellitare, in volo sull'Altopiano della Vigolana.
Zigolo minore/ph. Paolo Refolo L'ultimo avvistamento di questo migratore (in inverno considerato accidentale) risaliva al 31 dicembre 2019 presso la ZSC Foci dell'Avisio. Nel 2021 è riapparso nei pressi di Terlago.
Verdone / ph Daniele Collosei N. MUSEUM PRAHA: questa la scritta letta sull'anellino metallico che l'esemplare immortalato a Sanzeno in Val di Non (TN) portava al tarso.
Come da prassi la rilettura è stata comunicata al Centro Nazionale di Inanellamento (CNI) italiano.
Se capitasse anche a voi di riuscire a leggere una marcatura su di un volatile, questo è l’indirizzo di posta elettronica al quale comunicarla:
recoveries@infs-epe.it
Gipeto/ ph Albino Dellaiotti Giovane gipeto avvistato in Brenta Meridionale. Le prime segnalazioni in Trentino risalgono al 1989, a seguito delle reintroduzioni condotte nel Parco Nazionale Svizzero dell'Engadina
Luì verde / Ph. Gilberto Volcan Primi avvisaglie di migrazione in quel di Moena! Questo luì verde ha già intrapreso il suo viaggio nell'Africa subsahariana,
Sterpazzolina comune - ph Giuseppe Speranza Le osservazioni estive confermano la nidificazione di almeno una coppia di Sterpazzolina comune (Sylvia cantillans cantillans). Si tratta di una new entry nella check-list delle specie nidificanti in Trentino, anche se indizi di presenza in periodo riproduttivo erano noti già nei primi anni ’90.
Monachella orientale - ph Giuseppe Speranza Dopo quasi trenta anni di apparente assenza, nella primavera di quest’anno in Trentino si è finalmente avuta la possibilità di riascoltare il canto, ricco di note strozzate, fischi e imitazioni, di una Monachella orientale (Oenanthe hispanica melanoleuca).
Monachella orientale - ph Giuseppe Speranza Il maschio di Monachella orientale, della variante a gola nera, sostava in canto spontaneo sulla cima di un Pino nero, in uno dei siti storici della specie, nel Trentino meridionale.
Zigolo capinero / ph Lucio Uber Le Foci dell'Avisio, riserva naturale PAT e ultimo residuo di un antico paesaggio vallivo, serba sempre sorprese ai birdwatcher che lo vistano. Per saperne di più
Zigolo capinero / ph Lucio Uber Dopo lo zigolo minore dell'ultimo inverno, ecco in sosta migratoria uno Zigolo capinero osservato da Lucio Uber nostro collaboratore.
Mestolone / ph Alessandro Micheli L’effetto del maltempo, costringe alla sosta i migratori che risalgono le Alpi. Il lago di'Idro, con le sue sponde vegetate offrono rifugio. Questi tre mestoloni sono stati avvistati per la prima volta da A. Micheli.