La stagione riproduttiva della nostra avifauna si avvicina ormai alla conclusione e gli uccelli d’alta quota non fanno eccezione. Un’annata decisamente inconsueta, non solo nei fondovalle ma anche sulle praterie alpine. Dopo le scarse precipitazioni invernali, neve e pioggia sono mancate anche in primavera e le temperature non sono state certo tipicamente alpine. In un contesto climatico-ambientale come questo, il monitoraggio del fringuello alpino diventa sempre più importante.

La stagione riproduttiva nelle cassette nido

Il monitoraggio delle cassette nido ha confermato ancora una volta la predilezione di queste strutture da parte del fringuello alpino ai passi dello Stelvio, Umbrail e Gavia, mentre nel massiccio delle Pale di San Martino la specie sceglie preferenzialmente le pareti rocciose. Questo non sorprende, dato che il contesto dolomitico offre abbondanza di siti naturali in tal senso; c’è anche da sottolineare come i siti idonei all’alimentazione e al foraggiamento dei pulli – prateria mista a rocce, nonché, quando possibile, nevai in scioglimento – siano qui molto più frammentati, incidendo probabilmente sulla quantità di coppie nidificanti, o quanto meno sulla loro distribuzione nel massiccio, molto più sparsa rispetto al contesto occidentale.

Alcune cassette nido nei rifugi delle Pale di San Martino sono state tuttavia occupate da altre specie: il codirosso spazzacamino ha nidificato con successo ai rifugi Mulaz, Rosetta, Velo e Pradidali, mentre una covata di ballerina bianca è stata rilevata al Mulaz (fig. 1); un dato questo interessante data l’altitudine insolitamente elevata (2571 m) per la nidificazione di questa specie.

Figura 1 – Sulla sinistra, il nido di codirosso spazzacamino, sulla destra quello di ballerina bianca.

I rifugi dolomitici (e pre-dolomitici come il Fraccaroli sul Carega) interessati dall’attività di monitoraggio estivo ed invernale sono stati anche forniti di un pannello illustrativo del progetto (fig. 2), collegato ad un sito web realizzato ad hoc, con informazioni sulla specie, sull’ambiente di montagna e su come trasmettere le proprie osservazioni: nivalisdolomites.wordpress.com.

Figura 2 – I pannelli informativi installati presso i rifugi coinvolti nel progetto.

Primi fringuelli alpini inanellati sul Carega

Il Carega, come già raccontato in un precedente articolo, è il massiccio più meridionale delle Alpi centro-orientali in cui la specie nidifica. L’installazione di una cassetta nido presso il Rifugio Fraccaroli nel 2021 aveva dato inizio al monitoraggio di questa popolazione. L’occupazione di cassette nido di recente installazione può non essere immediata o può portare all’occupazione da parte di altre specie. Considerata la presenza costante di almeno due coppie nei dintorni del rifugio, durante questa stagione riproduttiva si è deciso di iniziare un’attività di inanellamento con l’uso di reti di tipo mist-net. Grazie al prezioso aiuto dei nuovi, giovani gestori del Rifugio Miriam e Andrea, che hanno collaborato con entusiasmo al trasporto del materiale necessario e alla logistica (fig. 3a), è stato possibile effettuare una prima sessione, durante la quale sono stati catturati ed inanellati 6 individui, di cui 3 adulti e 3 giovani. Come per gli individui inanellati nelle altre aree (Stelvio, Umbrail e Gavia in estate, Passo Rolle in inverno), i fringuelli alpini del Carega sono stati dotati sia di anello metallico che di anello colorato (bianco con scritta rossa) per facilitarne la lettura, anche da parte dei non addetti ai lavori (fig. 3b).

Figura 3 – Sulla sinistra, il trasporto del materiale per le catture e l’inanellamento al Rifugio Fraccaroli, sul Carega; sulla destra, uno degli adulti di fringuello alpino inanellati sul massiccio del Carega.

Collaborazioni internazionali – Lo studio dell’ecologia del movimento

Il MUSE sta collaborando con il CSIC (Consejo Superior de Investigación Científica) spagnolo nello studio dell’ecologia del movimento del fringuello alpino. Nel 2021, alcuni individui adulti nidificanti presso i passi Stelvio e Gavia erano stati dotati di datalogger in grado di registrare la posizione dell’individuo ogni dieci giorni durante l’intero anno. Quest’anno sono stati ricatturati i primi due individui – un maschio e una femmina – e i datalogger rimossi per consentire di scaricare i dati, dai quali possiamo capire le caratteristiche e l’entità dei movimenti realizzati da ciascun individuo durante l’anno (fig. 4). Si tratta dei primi dati di questo tipo nelle Alpi, che si aggiungono ai dati che i ricercatori spagnoli stanno raccogliendo nella Cordigliera Cantabrica.

Figura 4 – Movimenti annuali di due individui inanellati presso i passi dello Stelvio e di Gavia (dati: M.Delgado).

Collaborazioni regionali – Connessi o isolati?

E’ proseguita la collaborazione con il Museo di Scienze di Bolzano nel progetto relativo allo studio della connettività tra popolazioni di uccelli alpini, in particolare lo spioncello e il fringuello alpino. Se l’estate del 2021 aveva visto lo staff dei due musei impegnato soprattutto nel prelievo di campioni da esemplari di spioncello, quest’anno il protagonista è stato il fringuello alpino. 83 individui sono stati campionati, in alcuni casi non senza difficoltà, in diverse popolazioni del Trentino-Alto Adige e i campioni saranno ora analizzati geneticamente per capire il grado di connettività o isolamento di queste popolazioni.

Ringraziamenti: Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino; Parco Nazionale dello Stelvio; Comitato Scientifico CAI; CSIC Spagna; Museo di Scienze Naturali dell’Alto-Adige.

Lupus in stabula

by Giulia Bombieri on

Al via il nuovo studio sulle dinamiche di predazione da lupo sul bestiame domestico in Trentino.

Qual è l’impatto del lupo sulle attività zootecniche in Trentino? Quali sono le categorie di bestiame maggiormente colpite? Quali i fattori che influenzano il verificarsi delle predazioni? Esistono delle strategie di prevenzione efficaci?

Sono queste alcune delle domande a cui cercherà di rispondere il nuovo progetto di ricerca coordinato dal MUSE “Lupus in stabula: analisi delle dinamiche di predazione da lupo sul bestiame domestico in Trentino” e finanziato dalla Fondazione Cassa Rurale di Trento. Indagando con approccio scientifico le situazioni e i contesti in cui si verificano predazioni sul bestiame da parte del lupo nel territorio provinciale trentino, la ricerca approfondirà i diversi aspetti che caratterizzano il fenomeno: l’andamento negli anni, il rapporto con le misure di prevenzione, i fattori ambientali e gestionali che possono aumentare il rischio di predazione.

Grazie al supporto della Fondazione, il MUSE, in accordo con il Settore Grandi Carnivori del Servizio Faunistico della PAT, è ancora una volta impegnato nel dare il proprio contributo scientifico alla gestione del lupo in Trentino, per una più agevole convivenza che sia d’aiuto soprattutto a quelle attività umane rurali funzionali alla conservazione della biodiversità e dei paesaggi nelle nostre montagne.

Gregge di pecore sorvegliato da un cane da guardiania. Trentino, luglio 2022.

La calda estate dell’ululone

by Sonia Endrizzi on

a cura di Sonia endrizzi e matteo trenti

La stagione particolarmente calda e secca ha messo a dura prova gli ululoni. Molti habitat utilizzati abitualmente dalla specie per la riproduzione sono andati in secca già a tarda primavera, così come i numerosi fossi agricoli minori della Piana Rotaliana e l’estesa area umida di Prada (nella Rete di Riserve Bondone). In queste circostanze, ambienti artificiali come le vasche per la raccolta d’acqua, tipiche del paesaggio agricolo della Val di Cembra (dove la locale Rete di Riserve supporta da anni le attività di ricerca) e habitat semi-naturali come le pozze d’alpeggio d’alta quota hanno svolto un ruolo importante, garantendo agli anfibi la presenza sul territorio di raccolte d’acqua per la riproduzione e lo sviluppo di uova e girini. Questi ambienti sono infatti in parte gestiti da contadini e pastori che favoriscono l’apporto idrico attraverso strutture utili a convogliare al loro interno l’acqua piovana, sorgentizia o da acquedotto.

 

Pozze d’alpeggio e vecchie raccolte d’acqua rappresentano habitat strategici per la conservazione dell’ululone dal ventre giallo.

 

Il monitoraggio annuale dedicato alla specie ed ai suoi habitat ha evidenziato la riduzione della disponibilità idrica anche in questi siti: le pozze d’alpeggio (indagate soprattutto nell’area del Parco Naturale Locale Monte Baldo) hanno mostrato un’estensione inferiore rispetto agli anni precedenti, con un perimetro ridotto anche della metà, così come il livello dell’acqua in molte vasche. Inoltre, il numero di ululoni adulti rilevato nei siti riproduttivi è risultato inferiore rispetto agli anni precedenti probabilmente a causa delle difficoltà incontrate dagli anfibi nel compiere la migrazione dai siti di svernamento in condizioni siccitose. Nonostante tutto, la presenza di uova, girini e giovani neo metamorfosati osservati nel corso del monitoraggio testimonia l’avvenuta riproduzione della specie anche in questa stagione particolarmente difficile. In uno scenario di profonde modificazioni ambientali legate ai cambiamenti climatici, i dati mostrano come la conservazione e la corretta gestione degli ambienti umidi artificiali e seminaturali legati alle attività agropastorali giochino una rilevanza sempre maggiore per la conservazione dell’ululone dal ventre giallo, ma anche di altre specie di anfibi e di invertebrati acquatici.

L’annata particolarmente siccitosa ha causato una forte contrazione, se non addirittura scomparsa, di molti habitat umidi essenziali per la sopravvivenza degli anfibi.