Lupus in stabula

by Giulia Bombieri on

Al via il nuovo studio sulle dinamiche di predazione da lupo sul bestiame domestico in Trentino.

Qual è l’impatto del lupo sulle attività zootecniche in Trentino? Quali sono le categorie di bestiame maggiormente colpite? Quali i fattori che influenzano il verificarsi delle predazioni? Esistono delle strategie di prevenzione efficaci?

Sono queste alcune delle domande a cui cercherà di rispondere il nuovo progetto di ricerca coordinato dal MUSE “Lupus in stabula: analisi delle dinamiche di predazione da lupo sul bestiame domestico in Trentino” e finanziato dalla Fondazione Cassa Rurale di Trento. Indagando con approccio scientifico le situazioni e i contesti in cui si verificano predazioni sul bestiame da parte del lupo nel territorio provinciale trentino, la ricerca approfondirà i diversi aspetti che caratterizzano il fenomeno: l’andamento negli anni, il rapporto con le misure di prevenzione, i fattori ambientali e gestionali che possono aumentare il rischio di predazione.

Grazie al supporto della Fondazione, il MUSE, in accordo con il Settore Grandi Carnivori del Servizio Faunistico della PAT, è ancora una volta impegnato nel dare il proprio contributo scientifico alla gestione del lupo in Trentino, per una più agevole convivenza che sia d’aiuto soprattutto a quelle attività umane rurali funzionali alla conservazione della biodiversità e dei paesaggi nelle nostre montagne.

Gregge di pecore sorvegliato da un cane da guardiania. Trentino, luglio 2022.

La calda estate dell’ululone

by Sonia Endrizzi on

a cura di Sonia endrizzi e matteo trenti

La stagione particolarmente calda e secca ha messo a dura prova gli ululoni. Molti habitat utilizzati abitualmente dalla specie per la riproduzione sono andati in secca già a tarda primavera, così come i numerosi fossi agricoli minori della Piana Rotaliana e l’estesa area umida di Prada (nella Rete di Riserve Bondone). In queste circostanze, ambienti artificiali come le vasche per la raccolta d’acqua, tipiche del paesaggio agricolo della Val di Cembra (dove la locale Rete di Riserve supporta da anni le attività di ricerca) e habitat semi-naturali come le pozze d’alpeggio d’alta quota hanno svolto un ruolo importante, garantendo agli anfibi la presenza sul territorio di raccolte d’acqua per la riproduzione e lo sviluppo di uova e girini. Questi ambienti sono infatti in parte gestiti da contadini e pastori che favoriscono l’apporto idrico attraverso strutture utili a convogliare al loro interno l’acqua piovana, sorgentizia o da acquedotto.

 

Pozze d’alpeggio e vecchie raccolte d’acqua rappresentano habitat strategici per la conservazione dell’ululone dal ventre giallo.

 

Il monitoraggio annuale dedicato alla specie ed ai suoi habitat ha evidenziato la riduzione della disponibilità idrica anche in questi siti: le pozze d’alpeggio (indagate soprattutto nell’area del Parco Naturale Locale Monte Baldo) hanno mostrato un’estensione inferiore rispetto agli anni precedenti, con un perimetro ridotto anche della metà, così come il livello dell’acqua in molte vasche. Inoltre, il numero di ululoni adulti rilevato nei siti riproduttivi è risultato inferiore rispetto agli anni precedenti probabilmente a causa delle difficoltà incontrate dagli anfibi nel compiere la migrazione dai siti di svernamento in condizioni siccitose. Nonostante tutto, la presenza di uova, girini e giovani neo metamorfosati osservati nel corso del monitoraggio testimonia l’avvenuta riproduzione della specie anche in questa stagione particolarmente difficile. In uno scenario di profonde modificazioni ambientali legate ai cambiamenti climatici, i dati mostrano come la conservazione e la corretta gestione degli ambienti umidi artificiali e seminaturali legati alle attività agropastorali giochino una rilevanza sempre maggiore per la conservazione dell’ululone dal ventre giallo, ma anche di altre specie di anfibi e di invertebrati acquatici.

L’annata particolarmente siccitosa ha causato una forte contrazione, se non addirittura scomparsa, di molti habitat umidi essenziali per la sopravvivenza degli anfibi.

Al via il progetto di MUSE, LIPU e CONCAST per migliorare le conoscenze su questa specie in Trentino e promuovere buone pratiche per la sua conservazione.

Pochi uccelli catturano la nostra attenzione quanto la rondine. Il volo aggraziato ed elegante e i gridi acuti che riempiono il cielo ci annunciano puntualmente il ritorno della primavera. Quella che ci lega alla rondine è una connessione naturale e profonda, che nasce da una millenaria storia di convivenza: fin dall’antichità, infatti, questo uccello si è avvicinato a portici e fienili, dove ha imparato a costruire l’inconfondibile nido di fango e paglia. Dalla vicinanza con l’uomo ha ricevuto protezione dai predatori, offrendo in cambio la sua abilità di caccia a mosche e zanzare.

Da alcuni decenni, tuttavia, si osserva un marcato declino della loro presenza a scala continentale e nazionale. Per questo motivo LIPU, MUSE e CONCAST (il Consorzio dei Caseifici Sociali del Trentino, espressione di quasi 800 aziende) hanno scelto di unire le proprie forze nel progetto “Ecosistema rondine” finalizzato al miglioramento delle conoscenze su questa specie e alla promozione di buone pratiche per la sua conservazione. Alla raccolta dati possono contribuire anche tutti i cittadini, tramite l’App iNaturalist.

Secondo recenti stime, dai primi anni 2000, la popolazione di rondini del Nord Italia si è dimezzata. La perdita di habitat, il cambiamento climatico e l’intensificazione delle pratiche agricole sono tra le principali cause di questa diminuzione. Ancora oggi, stalle e allevamenti ospitano colonie più o meno grandi di questi uccelli. La loro presenza è benefica, basti pensare che ogni individuo è in grado di catturare, quotidianamente, più di 800 insetti, un numero da moltiplicare per la quantità di pulcini da allevare (generalmente da 3 a 7).
Per questo motivo, il progetto Ecosistema rondine dedica un’azione specifica alla valutazione dell’efficacia della rondine come mezzo per il controllo delle popolazioni di insetti volanti nelle aziende. L’area scelta per l’indagine è l’Alta Val di Non, dove 9 stalle (5 con rondini e 4 senza) ospiteranno i dispositivi con cui gli ornitologi di LIPU e MUSE potranno verificare eventuali relazioni tra la presenza di rondini e quantità di insetti.


Il contributo degli allevatori

L’iniziativa offre inoltre l’opportunità di riconoscere agli allevatori il loro impegno nel mantenimento degli elementi del paesaggio funzionali alla presenza della specie (siepi, piccole zone umide, prati, particolari strutture architettoniche) e per la tutela delle coppie riproduttive ospitate nelle aziende.
In tanti guardano a queste compagne alate con affetto e soddisfazione, consapevoli del suo valore come indicatore di qualità ambientale e, ogni anno, sono molti quelli che registrano la data di arrivo dei primi individui nei dintorni della loro azienda. È così, grazie al contributo dei tanti membri del canale Telegram di CONCAST, i ricercatori hanno già potuto ricostruire le dinamiche che caratterizzano il ritorno primaverile delle rondini nella nostra provincia.

Il contributo della comunità

Agricoltori e allevatori non sono gli unici protagonisti di questo progetto. Ognuno di noi può contribuire alla raccolta dati, condividendo le sue segnalazioni mediante l’applicazione gratuita iNaturalist (disponibile su Google Play e App Store). Le osservazioni arricchiranno la banca dati del progetto Rondini & Co. Che, al suo interno, ospita informazioni anche sulle altre specie simili che comunemente vengono associate alla rondine (balestrucci, rondine montana e rondoni).


VIDEO – Le date di arrivo nella nostra provincia

I cittadini più affezionati alla specie, questa primavera, ci hanno segnalato le date di arrivo delle rondini al nido. L’animazione, elaborata da Alberto Bertocchi, ci mostra l’andamento temporale dell’evento.