Progetto ALPI 2019: cominciano i preparativi

by Francesca Rossi on

Si è tenuto il 7 giugno scorso il consueto incontro annuale del Progetto ALPI, il programma pluriennale di ricerca che dal 1997 studia la migrazione post-riproduttiva degli uccelli attraverso le Alpi. Referenti e collaboratori delle stazioni di inanellamento aderenti si sono dati appuntamento presso “La Passata” (BG), una delle stazioni storiche, fondatrici del Progetto.

15 le realtà presenti e attive nell’anno 2018: Passo della Berga (BS), Bocca di Caset e Passo del Brocon (le due stazioni trentine gestite dal MUSE), Passo del Turchino (GE), Colle Vaccera (TO), Poncetta (SO), Isolino (VB), Malga Confin (UD), Lambrone (CO), Capannelle (BG), Monte Pizzoc (TV), Passo Gardena (BZ), Passo di Spino (BS), Costa Perla (LC) e, naturalmente, La Passata (BG). Hanno partecipato all’incontro anche i referenti ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e le Ricerca Ambientale) per l’attività di inanellamento.

La giornata è stata l’occasione per confrontarsi sull’andamento della stagione trascorsa e sulle prospettive future del progetto. Dopo una panoramica dell’attività svolta da ciascuna stazione nell’anno 2018, è stato illustrato il nuovo sito web del Progetto, che, oltre ad esibire una ricca galleria fotografica, si propone come utile strumento per la consultazione dei dati aggregati degli inanellamenti dal 1997 al 2018, delle pubblicazioni realizzate nell’ambito del Progetto e per la valutazione del lavoro delle stazioni negli anni.

A conferma del valore della corposa banca dati fino ad oggi costruita, sono state quindi presentate alcune analisi condotte sul dataset, riguardanti andamenti e fenologia delle specie migratorie. Proficuo è stato anche il successivo momento di confronto, durante il quale i partecipanti hanno condiviso le proprie esperienze e problematiche concernenti l’attività di inanellamento e prospettato nuovi futuri sviluppi del Progetto ALPI. A conclusione del dibattito, ciascuna stazione ha espresso la volontà di proseguire il monitoraggio anche per la stagione 2019, che prenderà il via con il mese di agosto.

Insieme a tutti i partecipanti ci uniamo nel ringraziare la generosa ospitalità offerta dai responsabili de “La Passata” che ci ha permesso di svolgere i lavori in un’atmosfera di piacevole cordialità e in una stazione di inanellamento organizzata in maniera esemplare.

I referenti delle stazioni di inanellamento aderenti al Progetto ALPI

Gli incontri negativi con gli orsi sono eventi estremamente rari e, la maggior parte delle volte, non sono fatali per l’uomo. La situazione più comune in cui si verificano reazioni aggressive verso le persone è data dall’incontro di femmine con i piccoli, seguita da scenari determinati da comportamenti inappropriati da parte dell’uomo (Figura 1).

Figura 1. a. Principali attività in cui le persone erano coinvolte al momento dell’incontro con l’orso; b. Principali scenari degli attacchi documentati (Figura presa dall’articolo originale).

 

Questi sono alcuni dei risultati di uno studio appena pubblicato sulla rivista Scientific Reports, dove abbiamo raccolto ed analizzato i dettagli di più di 600 casi di attacchi di orso bruno a persone documentati tra il 2000 e il 2015 nella gran parte del suo areale di distribuzione in tutto il mondo. La metà delle persone coinvolte in questo tipo di incontri si trovava in aree frequentate da orsi a scopo ricreativo, per esempio facendo passeggiate o raccogliendo prodotti del bosco (Figura 1).

Questi risultati a scala globale mostrano che, attraverso un’informazione corretta, molti incontri di questo tipo potrebbero essere evitati. Ad esempio, muoversi in gruppo e fare rumore quando si cammina nel bosco può aiutare ad avvertire l’orso della nostra presenza e, di conseguenza, evitare di sorprenderlo a distanze ravvicinate, innescando reazioni di difesa. Inoltre, in aree con presenza di orsi, i cani dovrebbero essere sempre tenuti al guinzaglio, per evitare che si allontanino e possano disturbare gli orsi potenzialmente presenti nelle vicinanze, nonché altri animali selvatici. Concludendo, per garantire una pacifica convivenza e il benessere sia delle persone che di questi animali, è importante studiare a fondo le dinamiche di questi incontri e promuovere campagne educative dirette ad informare correttamente il pubblico su quali siano i comportamenti da adottare e quelli da evitare quando si entra in aree dove l’orso è presente. Tali campagne devono basarsi su informazioni fondate su dati scientifici e necessitano di una comunicazione trasparente, nonché una constante collaborazione tra ricercatori, gestori, divulgatori ed educatori in tutti gli ambiti.

Articolo originale: “Brown bear attacks on humans: a worldwide perspective” https://www.nature.com/articles/s41598-019-44341-w

Per maggiori informazioni su come comportarsi in aree di orsi, si consiglia questo utile video informativo prodotto dalla Provincia di Bolzano e Provincia di Trento.

 

Figura 2. Quasi la metà degli attacchi registrati (47%) è il risultato di un incontro con una femmina accompagnata dai piccoli. Foto di Ivan Seryodkin. (Figura presa dall’articolo originale).

Per il progetto Atlante Anfibi e Rettili della provincia di Trento è di nuovo tempo di radunare le forze e dare inizio al terzo anno di raccolta dati! Fino ad oggi, la collaborazione tra studiosi, appassionati o semplici cittadini (citizen science), accomunati dalla voglia di contribuire con le proprie osservazioni all’ampliamento qualitativo e quantitativo delle conoscenze sull’erpetofauna trentina si è rivelata vincente ed è con grande piacere che la Sezione di Zoologia dei Vertebrati desidera rinnovare anche per questo 2019 l’invito a partecipare.

Per scoprire come inviare la tua segnalazione segui le istruzioni qui descritte. Ai dati del nuovo Atlante è dedicato uno specifico progetto sulla piattaforma iNaturalist (Atlante Anfibi e Rettili del Trentino), che attualmente conta 2.114 osservazioni in costante incremento.
Per qualsiasi domanda, non esitate a contattarci, scrivendo una mail a: anfibi.rettili@muse.it


Le potenzialità della “scienza partecipata”: il caso del Colubro del Riccioli (Coronella girondica)

L’esemplare di Coronella girondica, rinvenuto da Umberto Cristofori.

La stagione 2019 si è aperta con un’osservazione assai preziosa: martedì 16 aprile, il Sig. Umberto Cristofori, ha inoltrato, tramite la pagina Facebook Anfibi e Rettili del Trentino – Alto Adige/Südtirol, la foto di un serpente rinvenuto in un giardino privato confinante con un uliveto, ad Arco (Valle del Sarca, TN), chiedendo informazioni sulla specie. Grande l’emozione degli esperti al momento dell’identificazione: si trattava infatti di un Colubro del Riccioli Coronella girondica (Daudin, 1803), specie per la quale le segnalazioni disponibili erano minime e che è stata subito rilasciata nel sito di rinvenimento.

Questo quanto si scriveva a riguardo della specie nell’Atlante degli Anfibi e dei Rettili della provincia di Trento (Amphibia, Reptilia) 1987-1996 con aggiornamenti al 2001:

Questo Serpente è distribuito in tutta la Penisola balcanica, nella Francia sud occidentale e in parte dell’Italia (Gruber, 1989). Nel nostro Paese l’areale sembra piuttosto frammentato; al nord, l’Atlante provvisorio degli Anfibi e dei Rettili italiani (S.H.J., 1996) cartografa questa specie nella Lombardia meridionale, in Val d’Aosta e anche in Friuli, non lontano dal confine austriaco.

In bibliografia il colubro di Ricciòli è segnalato per diverse località del Trentino meridionale (Bruno, 1966; Bruno & Maugeri, 1977; Dusej, 1989; Gredler, 1882 in Razzetti et alii, 2001); la sua distribuzione trentina è stata definita fin dall’inizio del secolo da Dalla Torre (1912) che la indicava per tutto il territorio posto a meridione dell’allineamento Tione- Trento – Valsugana (cfr. anche BRUNO, 1992). È probabile che gli Autori successivi si siano rifatti a tale fonte per indicane la presenza in Trentino. I dati invece di Dusej si riferiscono alla collezione erpetologica del Museo di Storia Naturale di Vienna la quale conterrebbe esemplari catturati a Torbole, nei dintorni di Riva del Garda, a Santa Maria Maddalena – Riva, a Nogaredo presso Rovereto e a Isera presso Rovereto.

Nella collezione erpetologica del Museo Civico di Rovereto sono conservati alcuni reperti che testimoniano la presenza di questa specie nel Trentino meridionale anche nel periodo 1930-1950: Madonna del Monte presso Rovereto, 1934; Albaredo in Vallarsa 1958; Pozze di Mori, tra Mori e Loppio, Vallagarina, ottobre 1951. Questi dati testimoniano che il colubro di Ricciòli era presente nel Trentina meridionale fino a non molti decenni orsono; l’assenza di segnalazioni recenti ne proverebbe una drastica rarefazione o persino la scomparsa locale. Attualmente la specie va quindi considerata come dubitativamente presente in Trentino e comunque necessitante di conferma.

La documentazione successiva al 2001 consisteva fino ad pochi giorni fa di un unico rinvenimento (esemplare trovato l’01.05.2006, presso gli Uffici Comunali, confinanti con un orto privato,  in Via della Terra a  Rovereto).

“La partecipazione di non scienziati nel processo di raccolta ed analisi di dati secondo specifici protocolli” (come Bruce Lewenstein, professore della Cornell University, definisce la citizen science) si è rilevata quindi vincente, permettendoci di riconfermare questa specie particolarmente elusiva, dalle abitudini criptico/notturne e incoraggiandoci a proseguire sulla strada del coinvolgimento e della condivisione di conoscenze.

Al prossimo aggiornamento!